...verso il

Partito Popolare Europeo

MAURIZIO EUFEMI

eletto al Senato della Repubblica per la Regione Piemonte

Segretario della Presidenza del Senato

L'ASSOCIAZIONE NAZIONALE FRA LE BANCHE POPOLARI organizza il convegno:

 

LE RADICI DELL’ECONOMIA REALE

 

Banche Locali, Famiglie e PMI: Valori del Territorio

 

ne discutono:

Giancarlo Giorgetti (Lega Nord),

Maurizio Eufemi (Commissione Finanze Senato)

Giovanni Ferri (Università di Bari),

Matteo Morandi (Confartigianato)

Andrea Presbitero (Università Politecnica delle Marche)

 

modera:

Nino Sunseri del quotidiano Libero

 

Roma , lunedì 31 marzo

Intervento del sen. Maurizio Eufemi

 

1. Le Banche Popolari e l'accesso al credito per le piccole e medie imprese

2. Generalità – il rapporto tra PMI e Banche Popolari

3. Nascita e sviluppo del rapporto tra PMI e Banche Popolari

4. I vincoli per le PMI e le opportunità offerte dalle Banche Popolari

5. I vantaggi della forma societaria delle Banche Popolari

6. La struttura dimensionale delle imprese in Italia (1993-2006)

7. Rapporto tra banche e Pmi

8. Accesso ai finanziamenti

9. La vitalità del modello delle Banche Popolari: alcuni dati

10. Considerazioni conclusive

 

1. Le Banche Popolari e l'accesso al credito per le piccole e medie imprese

È noto che, storicamente, le Banche Popolari nascono con lo stato unitario proprio per soddisfare il bisogno di finanziamento delle piccole imprese, un’esigenza che le banche allora esistenti riuscivano a comprendere solo in minima parte.

Allora come oggi il binomio Banche Popolari – PMI resta imprescindibile; il fenomeno, peraltro, acquista importanza fondamentale in un paese come il nostro, caratterizzato da una tradizionale, foltissima presenza di piccole imprese. Questa realtà ha costituito l’”habitat” nel quale le Popolari hanno edificato le proprie posizioni di mercato.

L’intreccio tra piccole imprese, comunità locale e istituzioni pubbliche ha dato luogo ad un sistema socio-economico del quale la Banca Popolare è stato e continua ad essere naturale protagonista.

È in questa prospettiva che va inquadrato il fenomeno delle Banche Popolari, una realtà che, a dispetto delle profonde trasformazioni che hanno attraversato il sistema del credito, ha purtuttavia saputo nel complesso esprimere vitalità e competitività senza subire radicali trasformazioni, soprattutto per quanto concerne il suo carattere “localistico”.

 

2. Generalità – il rapporto tra PMI e Banche Popolari

Dove nascono le specificità delle banche locali e, in particolare, delle Banche Popolari nel sostegno alle PMI? Occorre tenere conto delle peculiarità del sistema economico italiano. Anzitutto va considerata la struttura del sistema bancario italiano, in quanto è evidente che non tutte le conformazioni della struttura finanziaria e, nella specie, bancaria, sono attrezzate allo stesso modo per assistere efficacemente le PMI.

Pensiamo soltanto, a titolo di esempio, alle conseguenze delle concentrazioni bancarie, che – come abbiamo visto - hanno subito una intensa accelerazione negli ultimi anni, ed alle profonde ripercussioni che queste hanno generato, con il rischio di impoverimento dell’intero tessuto delle banche locali. E con il rischio, altrettanto forte, che le conseguenze del consolidamento del sistema bancario vadano, direttamente o indirettamente, a detrimento dei prestiti alle PMI.

Questo punto è assolutamente nodale nel nostro Paese. È evidente infatti che, alla luce della centralità che le PMI rivestono per l’economia nazionale, anche la sola ipotesi che fenomeni di concentrazione bancaria (o anche mutazioni nella forma societaria delle banche) possano indebolire il finanziamento delle PMI appare più rischiosa per l’Italia che non per altre economie meno dipendenti dalle PMI.

Da qui, ancora una volta, il risalto da attribuire alle peculiarità delle banche locali e, in particolare, delle Banche Popolari nel sostegno alle PMI in Italia.

 

3. Nascita e sviluppo del rapporto tra PMI e Banche Popolari

Il fenomeno, tipicamente italiano, che vede l’affermazione del modello delle PMI si realizza soprattutto a partire dagli anni Settanta, sotto forma di uno sviluppo ampiamente basato su un fitto tessuto di piccole iniziative imprenditoriali, in più casi aventi origine nell’ambito dell’artigianato e spesso organizzate in distretti industriali, prevalentemente specializzate nelle produzioni dell’industria leggera e a basso contenuto di capitale e di tecnologia. Le ragioni del successo economico di tale modello, che ha assunto la sua massima intensità nel Nord-Est e Centro del Paese, sono molteplici.

Non va tralasciato il contributo offerto dalla legislazione di settore. In particolare il fondo di garanzia Artigiancassa, con la legge di Garanzia 1968, la 1329 - Legge Sabatini, che per la sua chiarezza e la semplicità delle procedure e la responsabilizzazione delle banche, proporzionate alla sua vitalità e longevità, si è dimostrata strumento efficace per il rinnovamento delle strutture produttive e di sviluppo, la 317, che ha favorito il sistema dei distretti, la 1329, da quando è stata delegata alle regioni ha fatto registrare una caduta sia delle operazioni ammesse, da 11.000 a 3.000 sia delle agevolazioni da 121 milioni a meno di 30, con una tendenza a decrescere.

Approcciando con una visione di tipo “distrettualistica” si può anzitutto sottolineare l’importanza dell’esperienza organizzativa dei sistemi delle PMI che, agglomerate in distretti industriali, hanno potuto giovarsi di tutta una serie di esternalità positive.

Un altro elemento all’origine del successo delle PMI (e più interessante in questa sede) ha a che vedere con il versante finanziario. È un aspetto importante per le PMI proprio in virtù della loro peculiarità, ossia quella di essere soggetti specializzati nelle produzioni dell’industria leggera, tipicamente a basso contenuto tecnologico e ad alta intensità di lavoro.

La teoria della finanza d’impresa (ma anche l’esperienza concretamente realizzatasi in Italia in questi anni) ha evidenziato come le PMI abbiano esigenze finanziarie di natura diversa rispetto a quelle grandi.

Queste ultime, talora quotate nella borsa valori, hanno generalmente accesso a tutti gli strumenti di raccolta di capitale sui mercati finanziari; tale accesso non vale invece per le PMI che, pertanto, per la raccolta di fondi in eccesso a quelli generati all’interno dell’impresa fanno affidamento esclusivo ai finanziamenti bancari.

La questione è pertanto cruciale.

In parallelo occorre poi considerare che sussistono significative differenze anche tra le banche relativamente alla loro capacità di sostenere lo sviluppo economico delle PMI.

In particolare, sussistono almeno due motivi per cui è legittimo ipotizzare un ruolo speciale per le banche locali, e per le Banche Popolari. In primo luogo, queste banche sono da tempo maggiormente presenti proprio in quelle aree del Paese dove le PMI sono più diffuse e sviluppate.

Inoltre, a parità di altre condizioni, sono probabilmente le banche radicate sul territorio piuttosto che le banche non locali a dare maggior fiducia e sostegno all’imprenditoria nascente, in virtù degli stabili legami con la propria comunità che caratterizzano le banche locali.

Da qui una posizione che giustifica un rapporto privilegiato tra Banche Popolari e PMI, con tutte le sue varie sfaccettature.

Sono molteplici i profili di intermediazione a sostegno delle PMI vantati dalle Banche Popolari che, con il loro operato, hanno così contribuito all’intenso sviluppo italiano incentrato sulle PMI degli ultimi decenni.

Come detto, la prossimità in senso ampio ha giocato un ruolo di rilievo nell’avvantaggiare le banche locali nel finanziamento delle attività di piccola dimensione nella comunità di appartenenza, vantaggio particolarmente spiccato anche per le Banche Popolari.

Si tratta di un vantaggio, infatti, che discende da migliori informazioni sulla qualità degli imprenditori richiedenti il fido, da una posizione di privilegio nel controllarne il buon utilizzo dei fondi ed, eventualmente, nell’efficacia del recupero dei crediti (si tratta di meccanismi, peraltro, che risultano ancora più operanti quando la banca assume forma cooperativa, conducendo ad una maggiore disponibilità e/o a un minor costo del credito proprio per quella tipologia di imprese con maggiori problemi nell’accesso ai finanziamenti bancari).

In un certo senso è anzi possibile vedere il fenomeno delle Banche Popolari come il tentativo dell’imprenditoria locale di creare in loco una funzione d’intermediazione per mobilitare i risparmi della comunità al servizio delle attività locali (Ciò è particolarmente interessante in Italia, dal momento che gli eventuali vantaggi delle banche cooperative si materializzano attraverso strette relazioni banca-impresa e un’operatività che si accosta al cd. relationship banking.).

Esiste in definitiva un nesso strettissimo tra banche locali e locale imprenditoria piccola e minore che, come detto, rappresenterebbe, a un tempo, una manifestazione e un presupposto per lo sviluppo diffuso, base del successo economico dei sistemi di PMI. Una realtà che invece le grandi banche sono in grado di cogliere con molta difficoltà.

 

4. I vincoli per le PMI e le opportunità offerte dalle Banche Popolari

La struttura finanziaria delle imprese è di grande importanza per tentare di spiegare le loro scelte produttive, tanto che diverse strutture finanziarie possono risultare preferibili a seconda dei problemi informativi e d’incentivo che le imprese pongono ai finanziatori esterni. Questo ce lo dice l’evidenza empirica come diversi studi condotti negli anni in questo campo, che hanno indicato come l’insorgere di vincoli finanziari può frenare l’attività produttiva e l’investimento.

In particolare, ciò che è emerso è che la desiderabilità del credito bancario come modalità di finanziamento esterno tenda a crescere all’aumentare dei problemi di asimmetria informativa che l’impresa finanziata presenta. Dato che l’asimmetria informativa è tipicamente massima per le imprese piccole (e giovani), ciò contribuisce a spiegare perché il credito bancario è relativamente più importante per le imprese piccole che per quelle di dimensione maggiore.

Quindi, è proprio sul credito che si deve concentrare l’attenzione se si vogliono studiare i nessi finanza-produzione per le PMI.

Si tratta ora di comprendere il ruolo delle Banche Cooperative e delle Banche Popolari. Apparentemente per la teoria economica è difficile spiegare come intermediari di dimensione estremamente limitata riescano ad operare a fianco delle grandi banche in un ambiente caratterizzato da economie di scala e dove, pertanto, la concentrazione bancaria risulta efficiente.

Se a dispetto della teoria nella realtà si osserva la coesistenza nella stessa economia di banche caratterizzate da dimensioni e ragioni sociali assai differenziate (e, di conseguenza, si osservano banche popolari in ottima salute) ciò è evidentemente dovuto all’esistenza di altri tipi di vantaggi in grado di controbilanciare lo svantaggio di scala.

Un primo elemento ha direttamente a che fare con le caratteristiche della forma societaria delle banche, da cui derivano conseguenze per la loro capacità di superare i problemi di finanziamento tipici delle PMI.

Specificamente, il radicamento nella comunità locale finisce per conferire alle Banche Popolari vantaggi nella funzione creditizia rispetto alle grandi banche nazionali sotto vari aspetti. sintetizzando:

- una migliore conoscenza della clientela affidata già prima di concederle il credito;

- migliori informazioni su questa clientela nel corso della relazione di credito, grazie al flusso continuo di contatti e di informazioni sul conto degli affidati;

- una maggiore capacità di tutelare le proprie ragioni di credito, specie in caso di difficoltà del debitore, grazie ai vari strumenti di pressione disponibili all’interno della comunità locale.

In questa ottica è evidente come la coincidenza territoriale di banca e cliente può servire a ridurre i costi per la prima nell’acquisire informazioni sul secondo e migliorare la qualità di tali informazioni; detti vantaggi possono poi essere ancora maggiori quando le banche locali sono strutturate in forma cooperativa, in quanto in tal caso esse erogano una parte dei loro crediti a soci, sui quali le informazioni disponibili per la banca dovrebbero essere maggiori e migliori di quanto non accada nei confronti di altri soggetti.

È possibile ascrivere altri vantaggi al fenomeno del cd localismo bancario. Basti pensare all’importanza del controllo reciproco tra i membri di una comunità locale, che tende ad attenuare i problemi informativi e d’incentivo tipici del finanziamento alle PMI.

Anche l’interazione di lungo periodo – dettata dal fatto che, rispetto alle altre banche, la Banca Cooperativa inquadra la sua attività locale in una prospettiva di più lungo periodo e si avvale maggiormente di relazioni di lungo periodo con la clientela – tende ad attenuare i problemi informativi e d’incentivo.

E questo rapporto privilegiato che si instaura in ambito locale è importante per le PMI perché, attenuando l’asimmetria informativa, da un lato può contribuire a ridurre il razionamento del credito, mentre dall’altro può produrre ulteriori effetti benefici:

- facilitare il ricorso a contratti a lungo termine;

- aiutare nel controllo dei potenziali conflitti di interesse;

- migliorare il monitoraggio delle garanzie;

- consentire alla banca di concedere prestiti che non sarebbero profittevoli in una prospettiva di breve termine ma che possono diventarlo in presenza di una relazione durevole tra la banca e il debitore.

Le Banche Popolari riescono, almeno potenzialmente, a soddisfare le esigenze finanziarie delle PMI meglio di grandi banche nazionali organizzate sotto forma di S.p.A. anche grazie alla loro stessa forma cooperativa che, tendendo a dare stabilità ai vertici aziendali, limita l’esposizione ai rischi di takeover.

In sé la stabilità dei vertici aziendali è neutrale: è un male quando consente la mancata sanzione di inefficienze gestionali. È un bene, invece, quando, senza pregiudizio per l’efficienza gestionale, permette di mantenere le strategie aziendali su obiettivi di lungo periodo.

Quando questo accade, è possibile accumulare informazioni sui clienti e, di conseguenza, perseguire strategie organizzative che avvantaggiano l’erogazione di prestiti alle PMI.

In definitiva, è possibile rilevare come - in presenza di asimmetrie informative - risultano più efficienti i soggetti in grado di instaurare relazioni di lungo periodo con i debitori, attenuando i problemi informativi e riducendo i vincoli finanziari.

E da qui, ancora una volta, emerge la centralità del credito concesso alle PMI dalle Banche Popolari, con la sua funzione di riduzione dei loro vincoli finanziari.

 

5. I vantaggi della forma societaria delle Banche Popolari

Il ruolo insostituibile svolto dalle Banche Popolari nel finanziamento delle PMI è uno dei motivi che spiegano la perdurante vitalità di tali soggetti. E ciò accade nonostante tendano ad affermarsi modelli d’impresa semplificati e standardizzati (quali quelli delle società di capitali), che sembrerebbero mettere in discussione tali forme di assetto bancario.

Sotto tale aspetto le Banche Popolari possono continuare a giocare un ruolo importante, soprattutto quando si consideri come in Italia, nelle società di capitali, è tipico che la protezione degli azionisti di minoranza si collochi su livelli insoddisfacenti. Per questo, in un tal contesto, realtà come quelle delle Banche Popolari riescono, anche attraverso la propria forma societaria, a surrogare la debolezza dell’ambiente istituzionale per introdurre valide salvaguardie a tutela degli azionisti di minoranza.

Il modello della Banca Popolare, mantenendo i vantaggi del localismo, ha dato ottima prova di sé.

In particolare, la Banca Popolare si è venuta configurando come forma societaria paladina del capitalismo diffuso e sostegno delle classi medie, che ha dimostrato di essere elemento di costante accrescimento della concorrenza nei mercati bancari, con beneficio per la clientela in senso lato.

In questo senso è perciò fuorviante ipotizzare modelli di omologazione delle forme societarie che, di fatto, non servirebbero ad accrescere la concorrenza e il buon funzionamento dei mercati bancari (in altri termini, è molto probabile che, nell’ipotesi di una eventuale forzata trasformazione delle Banche Popolari in S.p.A. prive del voto capitario, si ridurrebbe la concorrenza anziché accrescerla).

Un ultimo aspetto va considerato, di grande rilievo in questi ultimi anni, che ha a che fare con la tematica della responsabilità sociale dell’impresa.

In questi anni l’emergere degli scandali connessi coi mega-fallimenti, sia negli Stati Uniti (es. Enron, Worldcom, ecc.) che nel nostro Paese (es. Parmalat), ha messo in luce come il problema dello sfruttamento degli azionisti di minoranza da parte di quelli di maggioranza (e, più in generale, di diffusione ai mercati di informazioni fraudolentemente gonfiate) stia assumendo tonalità sempre più preoccupanti. Ebbene, in questi foschi scenari la forma societaria della Banca Popolare può costituire un argine, in quanto capace di meglio salvaguardare interessi e obiettivi di lungo periodo tipici del comportamento che si ispira alla Corporate Social Responsibility. In questo senso, almeno a livello teorico, sono improbabili nel mondo delle Banche Popolari fenomeni di alterazione delle informazioni rilasciate al mercato, di falsificazioni su larga scala.

 

6. La struttura dimensionale delle imprese in Italia (1993-2006)

Le Pmi sono la struttura portante dell'economia italiana ed europea.

I due terzi dei lavoratori europei sono occupati nelle Pmi; solo un terzo di forza lavoro o nelle microimprese o nelle grandi industrie. La nostra situazione si discosta pochissimo dal dato europeo.

In Italia ben il 95,4 per cento delle aziende ha da 1 a 9 dipendenti, mentre solo lo 0,4 delle imprese è di medio-grandi dimensioni e occupa dai 50 ai 249 dipendenti. Prevale l'impresa di piccola o piccolissima dimensione. Nel periodo 1993-2006 tale caratteristica strutturale si è consolidata. Le microimprese sono passate dal 94,4 del '93 al 95 del '96, mentre il contributo di queste imprese all'occupazione è diminuito dal 48,1 al 47,8.

Le imprese di medie dimensioni (50-249 addetti) hanno registrato notevole sviluppo sia in termini di numerosità che in quelli occupazionali. Il peso relativo è passato da 0,2 a 0,5, quello degli occupati dal 6,5 al 12,5.

In diminuzione invece il peso delle imprese (oltre 250 addetti) passato dal 22,9 al 18,3.

In Italia la quota di fatturato delle Pmi è di gran lunga superiore a quella della Germania, Irlanda, Finlandia, Regno Unito e Francia, dove la quota maggioritaria dei ricavi è generata dalle grandi imprese. La dimensione media è sistematicamente inferiore alla media europea per l'Italia in tutti i settori produttivi, a conferma che esistono fattori istituzionali che ostacolano la crescita dimensionale e favoriscono la frammentazione del sistema produttivo.

 

Struttura dimensionale delle imprese in Italia (1993-2006)

 

  Valori assoluti Quote

dimensione

imprese

(n. addetti)

1993 2006 1993 2006
imprese addetti imprese addetti imprese addetti imprese addetti

1-9

3.106.677 6.621.694 3.991.336 7.626.547 94,4 48,1 94,9 47,8
10-19 121.737 1.617.089 136.443 1.801.300 3,7 11.8 3,2 11.3
20-49 51.159 1.481.764  53.924 1.600.478 1,6 10,8 1,3 10,0
50-249 7.238 832.395 20.960 2.002.145 0,2 6,5 0,5 12.5
250 e oltre 2.890 3.145.546 3.199   2.927,272  0,1 22,9   0,1 18,3
TOTALE 3.289.701 13.758.488 4.205.862 15.957.742 100,0 100,0 100,0 100,0

Fonte Eurispes

 

7. Rapporto tra banche e Pmi

A partire dal 2000 in sintonia con il processo di consolidamento del sistema bancario si è registrata una drastica riduzione dei finanziamenti alle Pmi. Nonostante opinioni contrarie, nei dieci anni (1995-2004) la quota di credito alle Pmi è scesa dal 33 al 28 per cento. Può dipendere da fattori come la diminuita autonomia operativa delle banche più piccole, il loro forte radicamento locale, nuove strategie, la complessità organizzativa derivante dal salto dimensionale per acquisire informazioni sui soggetti da finanziare. La grande banca sembra avere minore predisposizione ad occuparsi della piccola impresa. Resta un mistero tutto italiano.

 

8. Accesso ai finanziamenti

Le Pmi incontrano specifici problemi nell'accesso ai finanziamenti. La struttura finanziaria dell'impresa sembra dipendere più dal sistema finanziario che dalla caratteristica delle imprese, come dimensione, settore, età o redditività.

Più piccola è l'azienda, più marcate sono le differenze internazionali nella sua struttura finanziaria. L'importanza assoluta del vincolo sembra essere negativamente correlata alla dimensione delle imprese. Le imprese con 1-9 dipendenti danno più importanza a questo vincolo di quanta ne diano le imprese con 10-49 dipendenti.

La sensazione di essere vincolate nell'accesso ai finanziamenti può derivare o dal volume insufficiente del credito o da insoddisfacenti condizioni bancarie ad esso correlate.

 

9. La vitalità del modello delle Banche Popolari: alcuni dati

Si è già ricordato come il radicamento locale è probabilmente la chiave del (perdurante) successo di queste banche anche nell’epoca della globalizzazione.

I recenti dati relativi al 2007 sembrano dimostrarlo (Fonte: Associazione Nazionale fra le Banche Popolari, comunicato del 25 febbraio 2008): la quota di mercato del comparto del Credito Popolare, con riferimento agli sportelli bancari, è cresciuta dal 24,1% al 26,6% negli ultimi dodici mesi, mentre l’incidenza sul totale degli impieghi e della provvista è aumentata, rispettivamente, al 22,6% e al 24,8% circa.

I crediti sono aumentati di quasi il 13,5%, con una crescita diffusa in tutte le aree territoriali. La dinamica delle sofferenze lorde ha visto un incremento medio non superiore al 2,8%, mentre l’espansione della provvista ha visto incrementi intorno al 14%.

Le Banche Popolari hanno evidenziato livelli dei tassi di interesse di norma più vantaggiosi per la clientela rispetto alla media del sistema bancario; anche le stime relative alla redditività delle Banche Popolari sembrano positive per il 2007: +10% il ritmo di espansione del margine di interesse; +7,7% la crescita del margine di intermediazione; +1,5 % la variazione attesa dei costi operativi e +16 % la crescita del risultato di gestione.

Dati che testimoniano di una realtà solida, che continua a crescere e innovarsi, pur mantenendo intatti i valori e i principi originari, primo fra tutti il forte radicamento al territorio di appartenenza.

 

10. Considerazioni conclusive

È dimostrato che la ricchezza di un Paese è determinata dal suo pluralismo, che non è solo culturale, ma anche industriale, economico e finanziario.

Non tutti i problemi si risolvono con la ricerca esasperata delle economie di scala perché vanno considerati i rischi della concentrazione del potere in poche mani. Le piccole banche hanno svolto un ruolo rilevante nelle economie locali.

Sul pluralismo finanziario mi piace ricordare il governatore Menichella, per il quale strategie di segmentazione di mercati evitavano troppi stretti legami tra grandi banche e grandi imprese ed era convinto di una superiorità delle piccole banche rispetto alle grandi, per una migliore conoscenza del territorio e dei clienti:

"La molteplicità delle istituzioni creditizie è garanzia di equa distribuzione del risparmio raccolto". E richiamava l'attenzione sui rischi prevalenti che non erano "dentro il sistema bancario" ma esterno ad esso, insieme al rischio della ricostituzione degli oligopoli industriali finanziari a danno dei consumatori e delle Pmi.

Vi ringrazio per l'attenzione.

 

Roma, 31 marzo 2008

Sen. Maurizio Eufemi

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