...verso il Partito Popolare Europeo |
MAURIZIO EUFEMI è stato eletto al Senato nella XIV^ e XV^ legislatura già Segretario della Presidenza del Senato nella XVa Legislatura |
comunicatI 2013 |
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La
cortina fumogena della riforma del procedimento legislativo. Il governo ha commesso
l'errore strategico di porre la questione di fiducia dovendo soffocare
le tensioni interne alla maggioranza piuttosto che vincere una battaglia
parlamentare, che si ė tramutata in una pesante sconfitta. Pendeva
ancora la fase degli ordìni del giorno che rappresentava uno scoglio
mediatico non sottovalutabile. | ||||||||||||||
La svolta generazionale
Sorprende che la questione generazionale sia posta dal capo del governo nato sulle larghe intese e incoraggiate dal Capo dello Stato per un coinvolgimento ampio delle forze politiche parlamentari. Il Presidente del Consiglio finisce per rincorrere il neosegretario del PD su un terreno scivoloso che alimenta nuove contrapposizioni e pericolosi conflitti. Giá sul job act si sono riscontrate due linee alternative tra Pd e il Ministro del Lavoro. Il Presidente del Consiglio ha la responsabilitá del governo del Paese e deve guardare innanzitutto alla azione di governo. Il Presidente del Consiglio ha deviato l'attenzione dalle contraddizioni della legge di stabilitá firmata dal settantunenne, Ministro della Economia Fabrizio Saccomanni e dall'ingorgo parlamentare che porterá alla riconvocazione, non certo usuale, delle Camere tra Natale e Capodanno. Porre la questione generazionale è fuorviante perchè si può essere giovani incapaci e anziani saggi e lungimiranti. Così come il contrario. Alcide De Gasperi guiderá il suo primo governo a 65 anni. Sará il presidente del Consiglio della ricostruzione del Paese fino all'etá di 72 anni e chiamerá Giuseppe Pella, a soli 46 anni, artefice del miracolo economico italiano alla guida del Ministero del Tesoro nei governi centristi dal 1948 al 1953. Antonio Segni aveva sessanta anni quando fece la grande riforma agraria, una autentica rivoluzione per gli anni cinquanta. Così come invece Amintore Fanfani aveva solo 41 anni quando elaborò il piano casa da 300.000 abitazioni. Si illude chi pensa che i complessi problemi del paese possano essere superati dalla semplice presa del potere di un gruppo dirigente su un altro. Richiedono invece la partecipazione di tutti verso impegno condiviso. Oggi più che mai c'è bisogno non di rotture, ma di costruire un ponte intergenerazionale per uscire insieme dalla crisi. Forse qualche volta conviene guardare all'estremo oriente come Giappone e Cina dove in quelle societá per gli anziani vi è rispetto e considerazione. Non basta essere giovani per risolvere i problemi by magic. Sarebbe troppo semplice e facile. Ci sarebbe stato bisogno di ardore giovanile e di determinazione nelle scelte di politica economica che non abbiamo ritrovato in questa legge di stabilitá. Ed era lì che avremmo voluto vedere coniugati coraggio e saggezza. !!!
Roma, 24 dicembre 2013 | ||||||||||||||
Associazione ex parlamentari della Repubblica 4 dicembre 2013 Premiazione parlamentari novantenni Vedi l'intervento di Maurizio Eufemi su YouTube | ||||||||||||||
Noi non siamo del Partito Democratico La slavina di Renzi si abbatterá sul Partito Democratico. Vengono enfatizzate elezioni primarie che sono affidate alla autodisciplina dei partiti, perchè non vi sono controlli certificati. Emerge la diversitá del risultato tra voto degli iscritti e quello "aperto" di ieri. Quasi a significare che gli iscritti sono marginali rispetto al risultato determinato sulla spinta dei media grandi sostenitori del cambiamento. I gruppi di potere vogliono la semplificazione del sistema e hanno agito per raggiungere l'obiettivo. Basti guardare al ruolo decisivo giocato dai grandi giornali e dai network. Il neo segretario del PD è salito sulla tolda del comando della nave con scelte simboliche come una squadra che compone la segreteria under 35, quindi improntata al giovanilismo e 7 donne su 12 per sottolineare la questione di genere. Il PD è nato dalla fusione di due esperienze quella postcomunista e quella post democristiana. Probabilmente dopo le primarie di ieri non resterá nulla di tutto ciò. Il PD conteneva nella sua essenza due parole, " partito", inteso come luogo di incontro e di aggregazione e " democratico", inteso come metodo di elaborazione della linea politica. Non sappiamo se Renzi saprá rispondere alle attese del PD come lo abbiamo conosciuto in questi anni. Interpreta con forza il leaderismo, la personalizzazione della politica, il decisionismo che possono confliggere con l'articolazione interna del Pd. Il modello del sindaco di Italia somiglia più a quello del Podestá, intesa come suprema autoritá di governo, del Paese che con a quello di un Presidente espressione di una Repubblica parlamentare. Sono tutte cose che abbiamo rifiutato e che rifiutiamo, così come abbiamo fatto con il berlusconismo. Non siamo sostenitori del renzismo post berlusconiano. Il carro è giá sufficientemente carico. Piuttosto ci sembra di rivedere l'immagine del carro demitiano su cui salì nei primi anni ottanta gran parte della DC. Non ci piace la disattenzione su certi temi di ordine etico e antropologico. Non ci convincono le idee economiche e le proposte di riforma istituzionale. Ė più alla ricerca del facile consenso attraverso formule spot che non alla elaborazione e soluzione di problemi complessi. È un grave errore considerare Renzi un ex democristiano. Non lo è mai stato. Nè vuole esserlo. Crediamo che il Paese non sia alla ricerca di suggestioni, ma di progetti politici seri. Crediamo che per risolvere i problemi del Paese non ci sia bisogno di scorciatoie che sono sempre periolose, perchè vulnerano la vita democratica del Paese. Noi siamo ancorati ai valori della dottrina sociale della chiesa, della democrazia quotidianamente partecipata, della democrazia parlamentare. Veniamo da un'altra storia, che vogliamo ancora percorrere. Roma, 9 dicembre 2013 | ||||||||||||||
Sandro Fontana: storico, politico, uomo di cultura. Sandro Fontana non è stato solo un politico che per il partito della Democrazia Cristiana ho ricoperto importanti compiti nelle Istituzioni, come assessore alla cultura e capogruppo in Regione Lombardia, senatore della Repubblica, Ministro dell'universitá nel Governo Amato, Parlamentare europeo e vicepresidente di quel Consesso. È stato anche uno storico, un uomo di cultura e un fine analista politico. Si è occupato diffusamente della cultura cattolica dell'800 e del '900. Ha scritto saggi importanti su personaggi di grande rilievo come Cattaneo, Murri, Sturzo, Grandi, Moro. È stato autore di importanti libri sul riformismo, sui cattolici e l'unitá sindacale. Proprio per la sua formazione storica aveva la capacitá di inquadrare e interpretare i problemi del momento con i movimenti generali della societá individuando le possibili linee politiche. Era espressione del movimento politico più sensibile alle forze sociali che nella sua Brescia spingevano per coniugare con efficacia sviluppo e solidarietá. Aveva un rapporto forte con Carlo Donat Cattin che trovava poi espressione concreta nella realizzazione della rivista di cultura politica Terza Fase. Per un triennio ha diretto il quotidiano "il Popolo". A metá degli anni ottanta scrisse il volume "l'identitá minacciata". Rileggerlo oggi aiuta a prendere atto quanto fossero giuste le sue indicazioni. Polemizzò aspramente con Pietro Scoppola ritenendo che con la messa in discussione del rapporto organico e strutturale tra dimensione religiosa e dimensione popolare rappresentato storicamente dalla azione del movimento politico e sociale dei cattolici italiani, si colpiva al cuore l'identitá della DC nel suo punto più delicato e originale. Percepiva con nettezza che una volta operata la scissione tra dimensione religiosa e quella sociale veniva meno la presenza in Italia di un grande partito popolare, si agevolava la nascita di due poli democratici alternativi e si sarebbe limitata la presenza politica e culturale dei cattolici alla iniziativa di minoranza profetiche e battagliere. Individuava i pericoli di teorie bipolari e alternative con la DC vittima sacrificale nell'avvento del gioco della alternanza per la democrazia compiuta. La critica al permissivismo e all' edonismo non era fine a se stessa, ma inquadrata nel pericolo di scelte edonistiche barattate per progressiste e corrosive dei valori dell'umanesimo cristiano popolare rispetto all'avvento della industria culturale e dei nuovi mezzi di comunicazione di massa. Ricorda come il popolarismo abbia rappresentato una felice intuizione politica e culturale e la risposta vincente alla doppia sfida proveniente dalle élites borghesi dominanti e dalle forze della sinistra marxista. Per Sandro Fontana la teoria bipolare ricavata da una presunta frattura tra valori religiosi e realtá popolare avrebbe finito per intaccare l'identitá della DC collocandola in un ruolo innaturale rendendola impacciata e irriconoscibile ai suoi elettori. Sulla crisi dello Stato Sociale non restava passivo, ma indicava una strada quella della sua socializzazione riportando i servizi sociali sotto il controllo della societá, secondo l''insegnamento della tradizione sociale cattolica, della "societá delle autonomie, nelle sue articolazioni naturali, come la famiglia, la organizzazione professionale, la comunitá locale. Insomma quello che solo di recente è stato riscoperto come Welfare di comunitá e Welfare familiare. Sollecitava di eliminare le distorsioni statali compreso lo spezzato rapporto di controllo democratico tra amministratori locali e amministrati per restituire la responsabilitá agli amministratori e ripristinare il primato delle societá naturali. Il suo sguardo non era rivolto al passato, agli innegabili grandi meriti storici della DC che aveva saputo amalgamare l'ispirazione cristiana, la dimensione popolare e la fedeltá ai valori democratici. Sandro Fontana guardava anche ad un futuro che richiedeva coraggio e innovazione, riducendo il peso dei partiti nello Stato e una più forte apertura nella società. Aveva una preoccupazione, quella di mantere un carattere democratico e popolare per non diventare un piccolo partito d'azione. La sua lettura della crisi della societá anticipava di un decennio la crisi politica che sarebbe esplosa nei primi anni novanta. Roma, 7 dicembre 2013 | ||||||||||||||
NOTA DI TASSONE SUL CONSIGLIO NAZIONALE CDU Molti hanno partecipato al
Consiglio Nazionale allargato del CDU, che si è svolto ieri, 22
novembre, presso l’Hotel Palatino di Roma. La riunione è stata aperta da
una relazione introduttiva (che pubblicheremo) del Sen. Ivo Tarolli e
che è stata la base del dibattito. Si è deciso di celebrare il Congresso
Nazionale dell’Associazione a metà gennaio e, per venire incontro ad una
serie di sollecitazioni, di prorogare il tesseramento al 15 dicembre
prossimo. Vi è stato un dibattito estremamente interessante al quale
hanno partecipato anche vari rappresentati di Associazioni e Formazioni
politiche che si richiamano alla tradizione ed alla storia dei
democratici cristiani e popolari. L’Assemblea si è trovata convergente
sull’azione che il CDU sta svolgendo volto ad aggregare, in un impegno
politico sempre più incisivo e marcato, quanti intendono affermare
un’identità che sembra sempre più sbiadirsi in un confronto politico
privo di momenti esaltanti e poco adeguati a quello che è il comune
sentire ed alle esigenze di una società su cui gravano sempre di più
grandi problemi. Il CDU porta avanti, quindi, un’azione per recuperare
il senso della politica, investendo sulle nuove generazioni che debbono
però trovare i giusti riferimenti, per acquisire spazi sostanziali e non
formali, per un reale cambiamento. Hanno partecipato all’incontro molti esponenti, tra gli altri gli On.li: Gargani, Rotondi, Galati, Barbieri, Forlani, Drago, Tanzilli, Gemelli, Ravaglioli, il dr.Formano. Sono intervenuti con un loro contributo gli On.li: Tabacci, Eufemi, Mastella, Fontana, Fiori, la dott.ssa Pesarin, il dr.Grassi, Ilaria Biagioni, in rappresentanza dell’Associazione Giovani, Attilio Lioi Presidente “Liberi e Forti” e don Stenico. 23 novembre 2013 | ||||||||||||||
Intervento Sen. Maurizio Eufemi - Consiglio Nazionale CDU Hotel Palatino - 22 novembre 2013
Care Amiche e Cari Amici, siamo qui, oggi, in questo luogo anche simbolo della storia del CDU perché non vogliamo ammainare le nostre bandiere, i vessilli della nostra storia di cui dobbiamo essere orgogliosi. Una storia che ha portato il Paese a grandi trasformazioni, elevati tassi di sviluppo, progressi civili e sociali, allargando soprattutto la partecipazione democratica alle scelte politiche del Paese. E allora noi abbiamo il dovere di crederci, di ricercare le condizioni per una riaggregazione, una rigenerazione ancorata ad una piattaforma valoriale. Eravamo pochi. Oggi siamo tanti su una idea condivisa.! Non è la sede questa per mettere sul banco degli imputati tanti presunti leader, certamente arrendevoli, che hanno posto le loro ambizioni personali prima di quelle del partito. I passaggi sono sotto i vostri occhi. Abbiamo visto le giravolte di Casini, con il nome sul simbolo, poi Partito della Nazione, poi l’Unione di Centro, fino a nascondere quelle parole “democristiani” come se fossero qualcosa di cui vergognarsi. Tutto questo è avvenuto in assenza di congressi e con palesi violazioni statutarie. E’ stato violato il patto del dicembre 2002. Noi invece di quel simbolo non ci vergogniamo perché lo abbiamo difeso con laceranti e sanguinose scissioni, quando altri si accasavano sotto altre bandiere. La storia saprà rivalutare quella esperienza politica. E’ stato dunque svuotato il fatto fondativo del 2002, da parte di chi ha preferito aggrapparsi ai poteri forti, sciogliendosi in Scelta Civica, proclamando slogan come “Monti dopo Monti” senza adeguate valutazioni delle contraddizioni delle politiche di austerity fini a se stesse che stanno progressivamente colpendo con un fisco oppressivo e vessatorio il tessuto produttivo delle PMI. Il prossimo passo sarà quello di mettere le mani sul sistema della Banche Popolari ultimo baluardo del credito di prossimità sui territori. Abbiamo l’ambizione di costruire un ponte intergenerazionale perché solo in una alleanza tra giovani e meno giovani potremo costruire e non solo demolire, come pensa di fare Renzi, colpendo i pensionati in una confusione tra i principi di assistenza e di previdenza. Abbiamo il dovere di crederci, nel rigenerare ruoli e funzioni, nel riorientare cultura economica nella economia sociale di mercato, nel reinterpretare il modello di Welfare, nel riproporre democrazia moderna e partecipata. Dobbiamo diffidare di questo Partito Popolare Europeo! Dobbiamo essere rivoluzionari sull’Europa partendo dal PPE, ritrovando l’identità del passato, superando burocrazie e tecnocrazie; non, dunque, il metodo intergovernativo, ma partito transnazionale per superare le barriere degli stati nazionali, attraverso scelte partecipate e condivise. Va abbattuto il muro della indifferenza. Nel 1989 è stato abbattuto il Muro di Berlino, ma la Germania ha alzato il muro degli egoismi fondato sui parametri, sui numeri, sul denaro e su quello dei potentati economici, dimenticando i valori della solidarietà e dello sviluppo armonico di tutti i paesi dell’Unione. Il nostro Progetto Paese guarda al lavoro come valore sociale irrinunciabile riscoprendo l’economia sociale di mercato come fattore di sviluppo, dopo l’ubriacatura della via dello sviluppo finanziario che ha portato ad abissali distanze tra ricchi e poveri e distruzione del ceto medio. Puntare quindi sui settori strategici capaci di creare occupazione. Si apre una nuova stagione se saremo capaci di fare gesti generosi e coraggiosi. Le elezioni europee offrono l’occasione di una ricomposizione se saremo in grado di sostenere una idea nuova di Europa. Non facciamo ingannare da Renzi che alla Leopolda nei cento tavoli, dove si è parlato di tutto, non ha messo nemmeno uno strapuntino per la questione antropologica e neppure per quei valori a noi cari come il volontariato. Dobbiamo creare lo strumento per stare insieme, un partito aperto ai cattolici. Il 18 aprile, nell’anniversario dell’appello ai Liberi e Forti, pronunciato da Sturzo, terremo un nuovo grande momento di incontro, lavorando per cerchi concentrici, operando convergenze, liberi ma non dispersi. Contarsi per contare. Andiamo avanti con chi ci sta.
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22 novembre 2013 - Consiglio Nazionale
CDU alcune foto dei partecipanti
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CONSIGLIO NAZIONALE CDU - DOCUMENTO TAROLLI APPELLO AI TANTI VOLENTEROSI: UN GRANDE SOGNO PER APRIRE UNA NUOVA STAGIONE Premessa Mai crisi economica è stata così pervasiva e tanto complicata! Per alcuni bisogna andare a ritroso nei secoli per trovare analogie. E probabilmente le cause sono molto più profonde di quanto fino ad ora scavato. Un dato su tutti: quasi sei milioni sono i giovani sotto i 26 anni che non hanno lavoro! Che salgono a poco meno di 10 milioni se si guarda a quelli sotto i 34 anni. L’equivalente di una Nazione di media grandezza del centro Europa! E i rimedi non stanno solo in intelligenti o sofisticate politiche del “fare”, quanto nel ri-generare ruoli e funzioni della politica; nel ri-orientare culture e politiche economiche e sociali! Nel re-interpretare le politiche di uno Stato Sociale che non siano solo protettive, ma anche virtuose; nel ri-proporre strumenti di democrazia aggiornati ai tempi e figli di un nuovo umanesimo che consenta ai singoli e ai territori di essere protagonisti nella partecipazione pubblica; nell’usare e difendere gli strumenti comunicativi e mediatici, non per ubriacare o imbonire, quanto per consentire ai cittadini della Polis di essere più consapevoli e più forti nella vita comunitaria di tutti i giorni. Il dovere di credere nell’Italia L’Italia può ancora aspirare ad un futuro migliore, dove sia possibile prosperità e lavoro per le persone singole e per le famiglie! È necessario crederci ed è un dovere provare a farlo! Per questo: vanno coinvolte e rimotivate 60 milioni di persone, abbattendo paure e ritrosie, riproponendo valori unificanti per consentire ai più di remare nella stessa direzione perseguendo: il Bene prima dei beni! L’Etica e il Bene comune prima degli interessi e degli egoismi! Le testimonianze di fede prima delle regole dello Stato! La responsabilità dei doveri prima delle rivendicazioni dei diritti! L’Europa dei popoli prima delle burocrazie e dei localismi. accanto al legittimo obiettivo del benessere e dell’interesse individuale va affiancata la cultura dell’impegno e del dovere, sia individuale che di gruppo sociale, che non rifuggono dall’opportunità del “sacrificio”, inteso nell’accezione latina del “sacrum facere”: fare una cosa sacra e virtuosa! Non quindi un obiettivo di autolimitazione o di sofferenza, ma di opportunità, di virtù e di armonia; nella palestra politica bisogna sottrarsi dalla dittatura dello scontro a tutti i costi! Da un bipolarismo che ha favorito l’affermazione di culture manichee e per ciò stesso metalliche e non vocate all’ascolto! Quando invece, primariamente, va dato fiato alla cultura della responsabilità, della condivisione e del rispetto reciproco, salvaguardando nel contempo i valori veri ed importanti dell’alternanza al potere, della governabilità e della partecipazione popolare. dentro questo contesto va declinato un articolato Progetto Paese che contenga le tante rivoluzioni in grado di trasformarlo, per farlo uscire dalle secche di culture superate, dalla recessione economica, dall’immobilismo politico e partitico e offrirgli una concreta prospettiva per il futuro. E che indichi con priorità: il lavoro, come indeclinabile valore sociale attraverso il quale si realizza la dignità della persona umana, la crescita e l’armonia di una comunità; l’abbattimento del debito pubblico, attraverso un piano straordinario pluriennale di dismissione del patrimonio pubblico sia di assetto immobiliare che di partecipazioni pubbliche così da ridurre l’ingente spesa per interessi e liberare risorse per lo sviluppo; la ristrutturazione della spesa pubblica ad iniziare dagli apparati e dalla sua riqualificazione; un fisco semplice ed amico, ripristinando un clima di fiducia tra lo stato e il contribuente favorendo l’emersione del sommerso, riducendo il cuneo fiscale e abbassando significativamente la curva delle aliquote; i settori strategici su cui il Paese deve puntare nei prossimi anni, capaci di creare più alto valore aggiunto, occupazione per evitare di disperdere risorse pubbliche in settori ormai superati. Una nuova stagione È necessaria! È imperativo aprire una nuova stagione dell’impegno politico! È doveroso ri-generare la politica italiana: nel senso di consentire lo svilupparsi di una nuova stagione e di rendere possibile una nuova esperienza di vita. Che archivi l’esperienza del partito del leader, del partito del capo carismatico, che decide tutto! Che espropria gli organi! Che desertifica i livelli intermedi! per esperienze che consentano leadership autentiche che rappresentino culture, territori e organismi rappresentativi. Che archivi l’esperienza del partito mediatico, virtuale, liquido che devitalizza le coscienze e lo spirito critico, per esperienze invece che reinterpretino il valore della partecipazione e dell’attivismo delle persone. Che archivi l’esperienza del partito burocratizzato, che vuole occupare tutti gli spazi sia nelle istituzione che nella società. Partiti quindi, autenticamente democratici e di servizio alle persone e alla comunità! Partiti capaci di progetti, di sogni e formatori di classi dirigenti preparate e generose, che sappiano usare con intelligenza gli spazi messi a disposizione dai nuovi strumenti della comunicazione e del web. Il nostro appello ai tanti volenterosi va in questa direzione! Condividere un impegno che si ponga come obiettivo e come progetto: fare emergere una nuova grande area politica e culturale, plurale nelle sue espressioni, aperta e in grado di valorizzare le specificità dei tanti territori, capace di elaborare un nuovo grande Progetto per il Paese, dentro le più vaste problematiche che la globalizzazione delle persone, dell’economia e dei mercati ci pone; riaggregare e rappresentare la diaspora e la frammentazione dei tanti milioni di italiani, cattolici e non cattolici, laici e riformatori, civici e giovani, che si riconoscono nei grandi valori della cultura dell’economia sociale di mercato che ha reso grande l’Europa e che ancora oggi guida il più grande paese industriale del vecchio continente. dentro l’UDC, superare la logica delle continuità e interpretare la logica della rifondazione e della ri-generazione, verso un’esperienza più rappresentativa, più forte e più europea. e solo a questo punto, prendere in considerazione l’ipotesi di un nuovo grande partito liberaldemocratico e popolare; moderno nella sua articolazione; democratico nella sua vita interna, che respiri a due polmoni: uno identitario ispirato al popolarismo europeo e un secondo aperto alle tante specificità e ricchezze territoriali; e impegnato ad immettere nell’agone politico dirigenti nuovi e capaci accanto ai tanti che con il loro attivismo hanno dato e continuano ad assicurare un contributo importante all’azione politica dei nostri tempi. Un partito che stia dentro la grande area europea, transnazionale perché capace di proporre ideali e obiettivi all’intera comunità europea sia sul terreno della democrazia sia su quello economico e sociale e quindi in grado di contenere il debordante ruolo della burocrazia. 22 novembre 2013 | ||||||||||||||
Centro: Tassone, Cdu rilancia con Cn del 22
AGI) - Roma, 19 nov. - "La parte dell'Udc che non si riconosce nella scelta verticistica di unificarsi ai Popolari ex-Scelta Civica ha ridato vita al Cdu (Cristiani democratici uniti) insieme ad altri soggetti cattolici e post-democristiani", spiega Mario Tassone, presidente Cdu, ricordando che "la convocazione del Consiglio Nazionale dell'Udc e quella di un'assemblea per dare vita ad un nuovo soggetto politico e' un fatto gravissimo. Si convoca un'Assemblea senza attendere lo svolgimento e le conclusioni del Consiglio Nazionale e si progettano scelte politiche, il cui organo competente, per tali decisioni, e' soltanto il Congresso Nazionale Udc che per quattro volte e' stato convocato dal Consiglio Nazionale UDC e puntualmente disatteso, in violazione di ogni regola statutaria e in dispregio del rispetto che si deve a dirigenti e militanti". "Il Cdu, che da tempo ha in programma il proprio Consiglio Nazionale per il 22 novembre alle ore 14.30 presso l'Hotel Palatino di Roma in Via Cavour 213, affrontera' anche questi temi, in un appuntamento - conclude - molto importante e significativo". (AGI) | ||||||||||||||
CENTRO: TASSONE
RILANCIA CDU
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L'EURO E LA SFIDA CULTURALE È bene che un personaggio cone il Prof. Bagnai trovi ampio spazio televisivo e arrivi al grande pubblico per divulgare un pensiero controcorrente rispetto alla assenza di posizioni critiche sulla grande stampa troppo schiacciata sulle posizioni europeiste fine a se stesse anche per i condizionamenti proprietari ed editoriali. Ed è un bene che arrivino al
grande pubblico non gli spot di Grillo, ma i ragionamenti di un docente
universitario che si confronta con analisi non superficiali, ma frutto
di metodo e di ricerca. E questo è maggiormente apprezzabile. Ma sulla
puntata di ieri di Servizio pubblico va fatta un'altra considerazione.
La televisione di nicchia come La7 vince con la qualitá
dell'approfondimento rispetto ai grandi network e la stessa Rai come
servizio pubblico, e vince soprattutto con un tema ardito sul piano
della scelta del tema televisivo e con personaggi non troppo
conosciuti. Roma, 15 novembre 2013 | ||||||||||||||
Una situazione in movimento | ||||||||||||||
RASSEGNA STAMPA
(da "La Nuova Periferia del
4 ottobre 2013)
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Il ritorno di “Lape”dal giornale "La Voce" (www.giornalelavoce.it - www.12alle12.it) del 2 ottobre 2013
Settimo Torinese - Pietro Lapertosa e
Maurizio Eufemi
Pietro Lapertosa, il ritorno. Sembra il titolo di un film dell’orrore di quelli non tanto belli, tipo “La Casa 2”, e invece è proprio vero. L’annuncio di una ridiscesa in campo dell’ex vicesindaco è arrivato da Lape in persona, che venerdì scorso a Castiglione ha sfilato in tutto il suo splendore alla conferenza dei Cristiani Democratici Uniti. L’incontro era promosso dall’onorevole Maurizio Eufemi e dall’ex onorevole Mario Tassone, pronti al rilancio del partito centrista. Ma la guest star era indiscutibilmente Lapertosa, che ha arringato le folle come solo lui sa fare: “Se nascerà il progetto di rilancio del CDU io aderirò, lavorando sui valori e partendo dal basso”. Ora, con questa notizia non vorremmo allarmare nessuno, ma sembra che Lape intenda presentarsi alle amministrative 2014 all’ombra della Torre. Almeno a giudicare dal suo discorso: “A Settimo fanno i grattacieli ma non gliene frega nulla se per strada ci sono le buche – ha detto – Io lo so che le buche sono quisquilie, ma io voglio parlare proprio di quisquilie, è questo che interessa alla gente”. Che uno si chiede: lo sa, Lapertosa, di essere stato vicesindaco per 3 anni e mezzo nella stessa città che alza i grattacieli ma non riesce a tappare un buco? E in giunta che faceva, le parole crociate? E ancora: “A Settimo non c’è più sicurezza”. Già, non c’è sicurezza. Mica come quando c’era lui, Lape, paladino di quelli che escono in viale Piave con la rivoltella a sparare alle nutrie. Bei tempi andati. Ma chissà che quei tempi non possano tornare, se l’indimenticabile vicesindaco decidesse di ricandidarsi. “A Settimo ci saranno le elezioni e sicuramente a qualche mese dal voto metteranno fiori nelle aiuole e ci racconteranno di quant’è brava questa amministrazione – ha proseguito Lape – Io a Settimo ho preso tanti voti, perchè alla gente parlavo di cose quotidiane e sapevo colpire al punto giusto. Parlavo col contadino facendomi raccontare del suo raccolto di pomodori, e dal canto mio gli spiegavo come si fanno le strade. E nonostante non abbia mai fatto promesse a nessuno, la gente mi votava lo stesso”. E qui non c’è nulla da dire: a Lapertosa bisogna dare atto che si è sempre dimostrato vicino alle esigenze dei cittadini. Del resto uno che a Natale ti regala la mazzetta di “gratta e vinci” non lo trovi dappertutto. | ||||||||||||||
I
giorni tristi della democrazia Roma, 1 ottobre 2013 | ||||||||||||||
Venerdì 27 settembre alle ore 18 presso il Castelletto, l'istituto Figlie della Sapienza in Viale Bollino 6 in Castiglione Torinese si è tenuto un incontro del sen. Maurizio Eufemi e dell'On. Mario Tassone con gli amministratori locali sul tema
" Riformare la politica attraverso la democrazia partecipata".
All'incontro hanno partecipato numerosi cittadini che condividono gli stessi ideali e valori nel quotidiano impegno politico. Articolo comparso sul giornale "La Nuova Periferia" del 25 settembre 2013
Alcune foto dell'evento
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Dichiarazione on. Mario
Tassone e sen. Ivo Tarolli sulla Festa UDC di
Chianciano Decimati nelle ultime elezioni politiche! Smarriti nell'indicare un percorso strategico di uscita! Inconsistente nella autunnale! Se la popolare di Chianciano doveva fornire una indicazione sulla rotta da seguire, e stata un'occasione sprecata. Se la doveva dare una risposta alle inquietudini degli italiani, e stata una ripetizione di cose stantie. Se la doveva essere una occasione di rilancio di nuovo grande progetto, il vuoto e stato fragoroso. Casini, Cesa e Buttiglione, non ancora dimissionari ( uno scandalo!!!), sono stati di nuovo delegittimati. Da co- fondatori del partito UDC, irriducibili e responsabili riconoscendoci nei valori del nostra cultura affermiamo:
Firmato
Senatore Ivo Tarolli
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Commemorazione della "Battaglia della Montagnola"
La mattina susseguente alla notizia dell’armistizio truppe tedesche attaccano proditoriamente il reparto dei Granatieri dislocato presso il Forte Ostiense. L’attacco prosegue per tutta la giornata ed i granatieri resistono “fino all’ultima cartuccia”. Nel percorso che abbiamo deciso di compiere insieme per rendere attuali i valori della Resistenza e della Costituzione abbiamo inserito per alcune ragioni particolari il ricordo di questo evento.
Martedì 10 Settembre 2013 in Piazza Caduti della Montagnola
L’episodio della
battaglia della Montagnola è emblematico perché vi sono racchiusi
tutti i valori che troveranno il loro compimento nella Resistenza.
Relazione Ciccardini: “I valori della Resistenza civile da tramandare ai giovani
”Roma 10 Settembre – Parrocchia del Buon Pastore (in Piazza Caduti della Montagnola)
Bartolo Ciccardini | ||||||||||||||
Alla festa
popolare dell'UDC di Chianciano manca il dibattito sul partito.
È presente l'intero governo Letta con la sola assenza del ministro del'Economia e quella più comprensibile del ministro degli Esteri Emma Bonino. Eppure i temi europei non sono assenti.
È solo da partiti rinnovati e non
sclerotizzati che può venire la spinta adeguata al cambiamento. | ||||||||||||||
UDC - Congresso negato
Il partito di Casini, l'UDC si avvia alla festa termale settembrina. Guardando il sito ufficiale del partito colpiscono alcune cose.
La prima considerazione è che il Congresso Nazionale è solo una diapositiva che recita work in progress, ma solo virtuale perchè non vi sono indicazioni rispetto ad un percorso congressuale che richiede precisi adempimenti e fermo rispetto di regole statutarie. Dunque tutti gli impegni assunti all' indomani della sonora sconfitta elettorale di febbraio, dopo le coraggiose prese di posizione e sollecitazioni di Mario Tassone, sono stati puntualmente disattesi dalla dirigenza arroccata nella difesa di posizioni di comando e di potere. La seconda considerazione è che la festa di Chianciano di cui non v'è ad oggi alcuna indicazione del programma, viene plasticamente rappresentata come la chiusura del partito dell'UDC e questo fa intendere la dissolvenza progressiva del simbolo così come rappresentato nel progetto grafico e il conseguente approdo verso il PPE. Ma il PPE è di tutti e di nessuno. Non vi è chi in Italia possa dire di essere più popolare europeo di altri. Eppoi la prima riflessione da fare sarebbe quella sulla identitá presente e futura del PPE dopo la deriva germanocentrica, ritrovando i valori della coesione e della solidarietá europea.
La festa di Chanciano sará allora una inutile vetrina, certamente funzionale al leader dell'UDC per occupare per qualche giorno mediaticamente spazi radiotelevisivi, per far fare passerella al politico di turno ma sostanzialmente inutile rispetto ad un confronto interno che avrebbe richiesto la celebrazione di un Congresso piuttosto che la rappresentazione di una Convention. Abbiamo visto le Convention del passato. Sarebbe l'ennesimo tentativo dopo lista per l'Italia, terzo polo, partito nazionale. Nella edizione 2012 fu il turno di Marcegaglia, Passera etc. Fu la premessa per la confluenza in Scelta Civica. Poi abbiamo visto che alcuni si sono tirati indietro e Scelta Civica è finita come è finita. Sul simbolo si passa disinvoltamente con operazioni di marketing dal nome di Casini a quello di Italia.
Casini e più ancora Buttiglione in quanto segretario del CDU hanno un dovere civico ed etico. Se vogliono chiudere la ditta lo facciano seguendo regole e procedure. Non possono spegnere un partito senza che gli iscritti e i militanti non sappiano nulla o lo sappiano dopo avere letto il necrologium. Si tratterebbe in ogni caso di una decisione personale di cui si assumono la grave responsabilitá politica. Se vogliono chiudere la ditta restituiscano i beni ai conferenti e ai soci fondatori; restituiscano il simbolo dello scudo crociato ai soci che lo hanno conferito difendendolo con coraggio rispetto a chi se ne vergognava.
Abbiano il coraggio di fare un congresso, di rispettare le regole e lo Statuto.
Il tempo è scaduto. È tutto ormai fuori
dello Statuto. Non servono le Convention o le americanate. Servono i
congressi, quelli della politica alta, vera. Roma, 5 settembre 2013 | ||||||||||||||
Lettera
inviata a Rocco
Buttiglione da Mario Tassone a proposito della vicenda relativa al
quotidiano "La Discussione": Caro Rocco, ho notizia di un’iniziativa per il rilancio e la costituzione dei circoli della Discussione. Sono dolente, ma debbo esternarti le mie perplessità e le mie riserve, che del resto tu conosci bene e che ti ho manifestato sin dalla cessione, confusa e rocambolesca, della proprietà della Discussione; nella scissione del PPI, eravamo riusciti ad ottenerne l’attribuzione al CDU affinché diventasse il giornale ufficiale del nascente Partito. Oggi vedo che il processo di disancoraggio di questo giornale, che è stato fondato da Alcide De Gasperi, continua inesorabilmente, mortificandone la storia e dilapidando quei valori di cui era portatore fin dalla nascita. Non accetto in nessun modo che il nuovo impianto redazionale e direzionale sia il segno di un ulteriore colpo dato alla testata, che doveva essere tenuta nel suo alveo originale e nel segno di un orizzonte ideale che oggi, sostanzialmente, viene smentito. Mi appello a Te perché Tu possa assumere delle decisioni conseguenziali . Con i più cari saluti.
Mario Tassone | ||||||||||||||
Alcide De Gasperi e il Cdu, nel solco del ritorno al futuro. Commemorato, nella sede dell'Udc lo statista democristiano. Mario Tassone: salvaguarderemo i valori fondanti di un partito che altri vogliono sciogliere
Lunedì 19 Agosto 2013 - 19:30
Alcide De Gasperi e il ritorno del Cdu. Un accostamento ardito nel giorno della commemorazione della scomparsa del grande statista democristiano, primo presidente del Consiglio di un’Italia uscita a pezzi dalla guerra, segretario del Partito popolare e fondatore della Democrazia cristiana. Ma fino ad un certo punto. Ricordare De Gasperi ‘pater Patria’ – grazie al suo coraggio e alla sua integrità morale l’Italia ebbe qualche credito all’estero sin da quando si presentò alla conferenza di pace di Parigi nel 1946 – contestualizzandone la lezione è il modo migliore di rendergli omaggio. E nello stesso tempo si individua il percorso di valori, storia e cultura che conduce dritto alla realizzazione di un progetto chiamato Cdu. Facile parlare di corrente, quando in realtà si tratta del nobile tentativo di recuperare l’interpretazione autentica dei valori che hanno costruito l’Udc, e che oggi si perdono nell’ennesimo tentativo dei vertici di un partito, che non esiste più, di svuotarlo. C’è bisogno di un manifesto di valori da riscoprire e difendere per costruire una prospettiva da tradurre in un ventaglio di risposte concrete alla comunità che guarda con sfiducia alla politica. Ne sente la necessità il popolo dei cattolici impegnati in politica. Nel giorno del consueto appuntamento con la messa in ricordo di De Gasperi, nella chiesa di San Nicola a due passi dalla storica sede della Dc, oggi Udc ma forse ancora per poco, si sono ritrovati in tanti, anche qualcuno in più. Lo ammette Dionisio Gallo che nella sede dell’Udc non ci metteva piede da cinque anni, torna Giuliano Renda, dà il suo contributo Filippo Capellupo, non manca alla celebrazione eucaristica affidata a don Franco Lorenzo, l’ex sindaco Marcello Furriolo. Un nuovo inizio nel solco della lezione degasperiana e dei suoi elementi costitutivi, primo fra tutti i concetto di uomo come “persona umana” e della difesa dei suoi interessi come missione, anche cristiana. Don Franco Lorenzo, nella sua omelia parla di De Gasperi “uomo del futuro”. Insieme ad altri due cattolici, Adenauer e Schuman, oltre Altiero Spinelli, è considerato un padre dell’Europa. Ma non un’Europa neo-guelfa e controrivoluzionaria, , ma una scelta di apertura democratica sulla base di una identità comune. Uomo del futuro e tanto ricco di idee e valori cristiani, quanto povero nel suo aspetto materiale, ma “la sua azione fu l’espressione del buon governo con grande spirito di servizio alla cosa pubblica”. Quando aveva ancora senso parlare di politica e di partiti.
La politica deve mettere a disposizione degli altri “una visione” “La Prima Repubblica è stata spazzata via, siamo in una nuova fase verso un nuovo assetto istituzionale – ha affermato Mario Tassone, deputato democristiano, volto dell’Udc a livello nazionale, riferimento del progetto di ricostruzione del Cdu -. La cosiddetta Seconda Repubblica che doveva correggere e guarire i mali della Prima, li ha aggravati, mali come l’instabilità, la precarietà, la frammentazione ma soprattutto delle scelte e degli interessi che devono essere difesi dalla forze politiche in campo”. A proposito, si chiede Tassone: ma ci sono più forze politiche in campo? “Dal 1994 in poi c’è una vera e propria cesura, la politica non esiste più perché non esistono i partiti – afferma Tassone -. Abbiamo organizzazioni multiformi, una pluralità di movimenti che sono soprattutto sommatorie di sigle elettorali. Non abbiamo altro: il partito deve avere una missione, di parte, ma pur sempre un progetto”. La politica deve fare proprio quello che fece De Gasperi: mettere a disposizione degli altri “una visione”, attraverso un impegno condiviso. “Oggi invece – dice ancora Tassone – abbiamo movimenti grandi non supportati da un progetto, memorie condivise, storie”. Il leaderismo diventa un freno al rilancio della politica anche per questo, assieme alla connotazione negativa della scomparsa delle ideologie, nel senso di perdita di riferimenti storici, culturali e valoriali. Come si recupera tutto questo? “C’è l’esigenza di una organizzazione dei cattolici in politica – afferma ancora– che hanno una particolare sensibilità nell’individuarsi come comunità, emergono per il proprio senso comune e della creazione di un destino comune”. “Voi pensate che c’è una politica che conta, che questo Parlamento e questo Paese abbiano una vera sovranità? Ci sono delle corporazioni forti, forti burocrazie, in una parola ci sono i poteri forti che gestiscono le grandi concentrazioni economiche, che hanno il potere di condizionare la vita del nostro Paese. Questa – dice ancora Tassone – è la crisi della democrazia e delle istituzioni”. L’attenzione di Tassone si sosta, quindi, sulla situazione regionale. “La Calabria sopravvive a se stessa, ci sono situazioni drammatiche, sfilacciate, sempre più precarie – prosegue ancora – siamo di fronte ad una Calabria sempre più mortificata con un annichilimento da parte della maggior parte della popolazione. La Regione si trascina con molta tranquillità. Non c’è più reattività. Ma se mancano le passioni e la fiducia in se stessi, è come se la politica avesse tolto la coscienza e quando parliamo di difesa dell’uomo e dei suoi valori noi intendiamo anche questo: difendere la comunità di uomini liberi e non consegnarla al proprio destino ad altri apparati, i cui interessi non coincidono con il nostro destino”.
Perché si ricostruisce il Cdu Cambiare il destino della Calabria, cambiando il corso della politica, sembra inevitabile. “Stiamo ricostruendo il Cdu, come componente dell’Udc, perché io sono convinto che ormai l’Udc è stato svuotato, trascinato verso lo scioglimento – sostiene ancora Tassone. Tanto è vero che a settembre non si fa più la festa dell’Udc ma si fa la festa Popolare. E’ l’ennesimo tentativo dei vertici dell’Udc di superarlo, prima con il Partito della Nazione, poi con il Terzo Polo, poi la lista per l’Italia e quindi Scelta Civica. Non c’è l’Udc. E questo patrimonio che ci viene anche dall’impegno di De Gasperi, ma anche Moro e Fanfani che fine fa con la sua eredità? C’è chi pensa di sciogliere l’Udc e in questo modo eliminare una storia, il CdU si sta frapponendo a questo, perché una storia rimanga.
L’appello ai molti per ‘mantenere una storia e un’idea che possa guardare al futuro’ Da qui l’appello ‘ai molti’ all’impegno per “mantenere una storia e un’idea che possa guardare al futuro”. La reazione dell’Udc è kafkiana: c’è l’avvio della procedura di espulsione di quanti hanno deciso di ricostruire il Cdu con questo scopo. “Praticamente – dice ancora Tassone – siamo di fronte ad un partito che si auto espelle, un partito che non c’è più ed espelle coloro i quali lo vogliono mantenere in vita salvaguardando i principi su cui è stato costruito l’Udc, e con procedure illegittime, perché non esistono nemmeno più gli organi. Una nazione vince le grandi sfide - ha concluso Tassone - se sa essere se stessa e sa ritrovarsi e può farlo attraverso il recupero delle radici e del passato. La storia dell'uomo continua solo se si riesce a dare senso della politica e della giustizia civile''.
Gli interventi alla commemorazione In tanti hanno portato il proprio contributo alla commemorazione di De Gasperi nella sede dell’Udc. A partire dal segretario cittadino Gianluca Tassone che per primo ha evidenziato “ricordiamo la figura del grande statista ma non in maniera nostalgica. Lo facciamo per operare nel futuro nel solco tracciato da De Gasperi”. Un uomo ancorato “alla fede, alla cultura cattolica e all’umanità”, dice Nino Gemelli, già europarlamentare, “la sua grandezza la possiamo toccare con mano nel ruolo che ha avuto a livello internazionale. Una grandezza la sua che si misura davanti al nanismo politico imperante oggi. Nel solco della sua lezione restituiamo alla politica il significato della riaggregazione e della condivisione dell’umanità nelle sue differenze”. Chi si ispira a De Gasperi, ma senza proclami, come coloro i quali si sono ritrovati a celebrarlo stamattina, dice Franco Pilieci, sono “foglie ben radicate”, come ha affermato don Franco Lorenzo parlando di De Gasperi nella sua omelia. “Non serve ricordare De Gasperi se non partiamo dal suo progetto umano – afferma Filippo Capellupo – ripartiamo dai valori della comunità che per troppo tempo sono stati sacrificati al sistema del profitto”. Recuperare l’interesse superiore della difesa del “bene comune” suggerisceDionisio Gallo che ammette: “Ho fatto un percorso che mi ha portato a sperimentare anche altre realtà politiche ma in nessuna ho riscontrato l’obiettivo del perseguimento del bene comune, e solo in questo possiamo trovare le risposte che la gente comune si aspetta”. “Sarebbe bastato tenere conto del pensiero di questo grande statista per garantire al nostro Paese un destino diverso”, sostiene Vito Bordino. Perché “bisogna fare politica per servire il popolo non servirsi del popolo. E la politica – dice Maria Marino – deve rimettere al centro della sua azione l’uomo”. Ludovico Abenavoli ha parlato di De Gasperi come di una “figura libra, pure ma non adeguatamente citata a livello storiografico. Dobbiamo rivendicare i suoi valori con dignità”. Riscoprire i valori di De Gasperi, dall’europeismo al cattolicesimo, è “un modo per riscoprire il senso della giusta azione politica quella che serve per dare un futuro alle nostre comunità”, ha concluso il sindaco di Borgia, Francesco Fusco. | ||||||||||||||
70° Anniversario del Codice di Camaldoli
Il settantesimo anniversario del Codice di Camaldoli è stato commemorato nella sala del Cenacolo di Palazzo Valdina per iniziativa delle Acli, dell'Assocazione Nazionale partigiani cristiani, dell'Istituto Sturzo e della Associazione Italia Popolare. al termine del convegno è stato approvato un dcumento che è una proposta politica ai cattolici italiani in un percorso che va dall’incontro di Camaldoli, all’8 settembre; dal nascere della Resistenza al suo organizzarsi. Fino alla situazione di oggi. Sarà un itinerario per riscoprire il dovere politico dei cattolici. Viene proposto a tutte le associazioni cattoliche, ai Movimenti, agli Istituti
PROPOSTA DI UN MESSAGGIO RIVOLTO AI CATTOLICI ITALIANI RICORDANDO IL CODICE DI CAMALDOLI
1. Attualità di Camaldoli. Nel 1943, in un paese ormai travolto dalla sciagura, si riunisce un gruppo di intellettuali cattolici. Hanno vissuto con Mounier e Huizinga l’agonia dell’Europa sconvolta dal totalitarismo fascista e decidono che i cattolici sono importanti per salvare l’Italia e l’Europa. Senza lo spirito di Camaldoli non ci sarebbe stata la partecipazione dei cattolici alla Resistenza e la scrittura della nostra Costituzione. Senza i democratici-cristiani non sarebbe rinata l’Europa. (Scrive Christiane Liermann: “L’Europa è un’invenzione della Democrazia Cristiana”). 2. La coscienza della crisi oggi. Se paragoniamo la crisi di oggi alla crisi di allora ci accorgiamo che è passata un’epoca. La rivoluzione tecnologica ha cambiato tutti i dati del sistema globale e ci troviamo ad affrontare una nuova crisi, ma diversa ed irreversibile da interpretare. I dati di questa crisi sono sotto gli occhi di tutti: rapida globalizzazione, società liquida fondata su scelte individuali dilatate, crisi della famiglia tradizionale, abolizione dei valori relazionali. La finanza disconnessa dall’economia ha creato valori virtuali incontrollati: una sorta di moneta falsa rapina le economie reali, crea grandi ricchezze artificiali e nuove povertà. In questo quadro declinano le identità nazionali. Le immigrazioni assumono dimensioni bibliche, ed aprono panorami sconosciuti. La crisi delle ideologie impedisce di vedere i nessi storici di questi cambiamenti e mentre si amplia a dismisura la possibilità di comunicazione ricompare con nuova micidiale potenza lo spettro della schiavitù e della tratta umana. 3. Speranze. Non ci sfuggono alcuni aspetti positivi che alimentano le nostre speranze. L’aspirazione alla democrazia è molto più alta che non quella ai tempi della fine dei grandi conflitti mondiali. Le primavere dei paesi emergenti devono ancora trovare una strada, ma sono reali. La difesa dei diritti umani non è sempre equanime e logica, ma è determinata. La comunicazione sociale intercontinentale dà occasione a forme di solidarietà e di partecipazione. La costruzione non ancora finita dell’Europa apre una finestra per il nostro impegno globale. Un nuovo cattolicesimo mondiale, attento alla povertà ed all’ingiustizia, alimenta le nostre speranze. 4. Il ruolo dell’Italia. Mentre il Vescovo di Roma porta sulla scena della comunicazione globale i naufraghi di Lampedusa e le favelas di Rio, cosa fa Roma, cosa fa l’Italia? L’Italia è esistita sempre ed esiste per una vocazione connessa alla universalità cristiana. L’Italia è una missione speciale, è un “primato civile”. “Non si sta a Roma senza una missione universale”, diceva Silvio Spaventa a Theodor Mommsen. “L’Italia è un laboratorio per dare risposte alla crisi”, diceva Dossetti. Nel panorama dell’Italia di oggi c’è un grande vuoto: l’irrilevanza dei cattolici, la loro assenza ed il loro tradimento. • Non un programma, ma una “conversione”. In questi anni Movimenti, Istituti, Settimane Sociali e Convegni hanno prodotto una mole considerevole di proposte, di analisi e di programmi. Non siamo qui per redigere un nuovo programma o per fare un’antologia del meglio delle proposte elaborate. Il nostro compito è piuttosto quello di rinvenire le motivazioni che possano portare i cattolici a reimpegnarsi. Scrive Giuseppe De Rita (Il Corriere sabato 20 Luglio 2013): “C’è bisogno non di un lungo elenco di cose da fare, ma di un’interpretazione e orientamento dei fenomeni e dei processi che attraversano la società italiana”. Non abbiamo bisogno di un programma, ma di una “conversione”, che vuol dire un “cambiamento di direzione” nel nostro cammino. Si possono individuare alcuni doveri fondamentali capaci di dare fede e speranza alla nostra carità. • La scelta democratica come valore “non negoziabile”. Dobbiamo diventare intransigenti nella difesa della Costituzione e dobbiamo diventare irremovibili “ribelli per amore” nell’esigere una legge elettorale in cui il popolo scelga direttamente e realmente i suoi rappresentanti e con la quale una vittoria certa legittimi un governo stabile. • La partecipazione. Sostituire la declamazione dei diritti incommensurabili con una seria partecipazione ai doveri. Applicare il principio di sussidiarietà, previsto dalla Costituzione, in maniera orizzontale e verticale, facendo leva sulla solidarietà. Ribellarsi al linciaggio moralistico, al turpiloquio vaneggiante ed alla turpe antipolitica. Siamo cittadini con pieno diritto e piena responsabilità di una patria per cui molti sono morti. Fuori i barbari! • L’amministrazione gentile e servizievole. Il compito degli amministratori del bene pubblico è un sacerdozio. E quindi tutto il modo di gestire lo Stato, le amministrazioni locali, i servizi della comunità, deve essere: non tirannico, ma civile; non sibillino, ma trasparente; non ricattatorio, ma gentile; non difficoltoso, ma servizievole. Dossetti nel 1956 immaginò che si potesse costruire il Comune dei servizi, al posto del Comune esattore. Apriamo la strada alla civiltà del servizio per rivedere con questa luce il servizio della scuola, il servizio della giustizia, il servizio del lavoro. 5. L’etica economica. A chi, se non a noi, spetta il compito di mettere l’attività economica al servizio dei principi etici che sono il fondamento di una civiltà compassionevole e di uno stato provvidente. Tornano gli ideali di Camaldoli iscritti nella Costituzione: i limiti sociali alla proprietà, lo sviluppo dell’economia reale, fondata sul lavoro, la sottomissione della finanza all’economia e non viceversa. La necessità dell’intervento statale per sanare la giustizia ed assicurare la pienezza dei diritti, la cittadinanza garantita, la comunità dei beni sociali, il ritorno agli usi civici delle ricchezze inalienabili (l’aria, l’acqua, la terra, la natura, l’arte e la cultura). 6. L’Italia al centro del mondo. L’Europa è un obiettivo prioritario per esistere nel mondo globalizzato. Solo con l’Europa potremo costruire la pace, potremo diventare protagonisti di nuovo internazionalismo generoso e solidale. Potremo ricordarci che il Mediterraneo non ci separa, ma ci unisce all’Africa, il continente più sfortunato e sfruttato, e che l’Europa non è mai finita agli Urali. Quel che manca all’Europa di oggi è un’Italia in cui pesi la presenza del cattolicesimo politico e democratico. 7. Lo strumento politico. Qual è la causa dello smarrimento dei cattolici dopo tanti studi, tanti incontri, tanti seminari e tanti programmi? Nella nostra cultura è sparito l’organismo operativo attraverso il quale i cattolici possano esercitare, come dice Benedetto XVI, “il momento più alto della carità: la politica”. Nella nostra esperienza storica abbiamo usato strumenti diversi: l’Opera dei Congressi (1874), strumento confederativo delle associazioni e dei movimenti cattolici, quando eravamo extraparlamentari che si astenevano dal voto. Abbiamo avuto l’Unione Elettorale (1906) per contrattare i nostri voti con le maggioranze politiche. Abbiamo avuto il Partito Popolare (1919), creatura delle nostre Leghe Bianche, quando con il peso dei nostri caduti nella prima Guerra Mondiale, riconquistammo la cittadinanza politica. Abbiamo inventato i Comitati Civici (1948) quando bisognava lottare la sfiducia, l’astensionismo, la diserzione. Abbiamo riempito un’epoca storica facendo la Democrazia Cristiana (1943), prima come partito federativo di movimenti e di categorie, poi come partito che attraverso le correnti trasmetteva i segnali necessari per mediare i difficili equilibri italiani. Ma quale sarà lo strumento politico del futuro? Forse saranno i nostri giovani ad inventarlo (Eugenio Scalfari nel suo editoriale di domenica 21 luglio 2013: “Il Cambiamento spetterà farlo ai giovani. Tu ed io, caro amico mio, abbiamo vissuto il nostro tempo. Chi vuole il cambiamento e si rivolge a noi può solo essere aiutato a non dimenticare l’esperienza passata, ma non ad immaginare il futuro”). Ma è nostro compito conservare oggi e subito le cellule staminali che potrebbero trasformarsi in brevissimo periodo nell’organismo politico necessario per far pesare, non il numero, ma la speranza dei cattolici. 8. L’itinerario. Proposta politica ai cattolici italiani. Dobbiamo percorrere un cammino. Facciamolo insieme. Faremo, come nostro dovere l’itinerario che ricorderà le vicende che sono avvenute settanta anni fa. E’ un percorso che va dall’incontro di Camaldoli, all’8 settembre; dal nascere della Resistenza al suo organizzarsi. Cercheremo di rivivere i valori che ispirarono le decine di migliaia di Combattenti Cattolici, ma con essi anche la Resistenza nei campi di concentramento, il sacrificio delle persone inermi, che tanto pesarono sulla nostra formazione spirituale, ed anche il sacrificio straordinario, impagabile, di 440 sacerdoti, uccisi non come singoli, presenti per caso, ma come capi naturali della Resistenza civile cristianamente ispirata. Sarà un itinerario per ricoprire il dovere politico dei cattolici. Noi proponiamo a tutte le associazioni cattoliche, ai Movimenti, agli Istituti culturali, ai Sindacati, alle Parrocchie, di fare insieme, ciascuno a suo modo e nella sua libertà, ma insieme, questo itinerario dell’impegno civile dei cattolici per l’Italia. ti culturali, ai Sindacati, alle Parrocchie. | ||||||||||||||
70° Anniversario del Codice di Camaldoli
Cronache della giornata nelle parole di Bartolo Ciccardini PRIMA TAPPA DELL’ITINERARIO. Raggiunto felicemente il traguardo. All’incontro diretto da Gerardo Bianco, promosso da Acli, Istituto Sturzo e Partigiani Cristiani, con la partecipazione della Fuci, per ricordare il 24 Luglio 1943, quando si riunirono a Camaldoli gli intellettuali della FUCI, del Movimento Laureati e dell’Università Cattolica, gli invitati cominciano ad arrivare prima dell’orario previsto. È la giornata più calda dell’anno. Roma è un forno. Ma ancor prima delle 16:00 affluiscono gli invitati. I servizi di sicurezza del Parlamento non possono aprire la porta per riceverli finchè non arrivi la polizia. Per farli operare alacremente ci vorrebbe l’intervento dell’ambasciatore del Kazakistan! Al tavolo dell’ingresso sono predisposti: il numero speciale diwww.camaldoli.org
dedicato al Convegno; il documento finale da approvare; il volantino "Diventa Partigiano Cristiano" con scheda di adesione per i gruppi di Lavoro "Resistenza e Costituzione" (proposti da ANPC e ACLI) e la Preghiera del Ribelle.
Alle 16:30 puntualmente inizia la riunione. Ma ancor prima tutte le seggiole sono occupate ed ora molte persone stanno in piedi. Poi i commessi della Camera allestiranno la sala della Sacrestia, contigua alla Sala del Cenacolo, con l’audio del Convegno per permettere a tutti di seguire il dibattito. Sono presenti un Presidente emerito della Corte Costituzionale, il Rettore dell’Università LUMSA, molti deputati, molti ex parlamentari, delegazioni delle Acli, della Fuci dei Partigiani Cristiani e numerosi giornalisti. Gerardo Bianco assume la veste di moderatore con autorevolezza irpina e gentile diplomazia meridionale. Ricorda Andreotti e Colombo, rivendica il giudizio storiografico sulla DC. Ricorda che a Camaldoli inizia il lavoro che porterà alla Costituzione. Conclude: "Il ricordo è doveroso per spezzare un silenzio distruttivo . Siamo qui per iniziare un cammino doveroso che dobbiamo compiere tutti uniti, per combattere la crisi" Questo messaggio emoziona e fa salire l’attenzione: c’è qualcosa da fare che non è solo ricordare o lamentarsi, ma è mettersi umilmente insieme. Paolo Acanfora è un giovane ricercatore di storia. Ci racconta Camaldoli da un punto di vista interessante e nuovo. Si tratta di un gesto rivoluzionario volto a rifondare la cultura politica con una grande coscienza della crisi in corso ("Ansia di lettura della storia") ed infine una serie di proposte che stravolgono il vecchio pensiero politico e sono alla base di un ordine nuovo cristianamente ispirato e non una forma di utopia, ma un programma fattibile che significa l’ingresso italiano nella modernità. Gerardo dà la parola ad Elena Ovidi: è una giovane bionda, piccolina, vestita di bianco, timida e riservata, ma è la Vicepresidente della Fuci e rappresenta un titolo storico inoppugnabile e prezioso. I giovani della Fuci erano la maggioranza dei partecipanti a Camaldoli (compreso il Presidente di allora: un tal Aldo Moro!). Elena parla a voce bassa e Gerardo, da bravo nonno, le accosta più volte il microfono nella posizione giusta. Non si sente molto bene, ma fa niente. Tutti sono commossi ed emozionati. Ha 23 anni e studia a Trento. I due dirigenti che la accompagnano, Rita Pilotti (che è la Presidente della FUCI e segue con occhio protettivo la sua vice) ed Andrea Michieli, della classe 1990 (Direttore di "Ricerca", la storica rivista della Fuci di Claudio Leonardi e di Raniero La Valle,) sono più emozionati di lei. Il messaggio è accorato: "La riforma deve partire dai giovani". Roberto Mazzotta, il Presidente dell’Istituto Sturzo, è anche un’economista impegnato nei meccanismi della finanza. Oggi è particolarmente in forma e lo studio delle proposte di Camaldoli lo ispira. Ricorda come l’Italia avesse avuto soluzioni particolari nella crisi del ’29, che andrebbero rivisitate. Ricorda l’importanza keynesiana dei progetti dell’Iri e del riordinamento delle banche. Ricorda il tentativo di composizione sociale fatto dalle troppo denigrate Corporazioni. È in questo brodo di cultura che nasce la visione del trio di Manerbio, Paronetto, Vanoni Saraceno. Ricorda come seppero intuire la via necessaria per ricostruire l’Italia e conclude amaramente che l’abbandono di quella via fu l’inizio della crisi italiana. Non suggerisce che da lì bisogna ricominciare, ma dice qualcosa di ancora più decisivo: alla base del successo di queste idee non vi fu il concetto di unità dei cattolici, ma piuttosto la personalità unica di Giovanni Battista Montini che aveva creato quella classe dirigente e che nella "Populorum Progressio" portò all’estreme conseguenze i principi di Camaldoli indicando la soluzione della crisi incombente. Roberto Rossini parla a nome delle Acli e dovremmo studiare con attenzione il suo contributo perché esamina il problema non dal punto di vista di una cultura personale o di un giudizio storiografico particolare. Si pone il problema di un movimento diffuso nel territorio e quindi il problema dei principi formativi della cultura, della formazione della classe dirigente, della creazione degli strumenti politici per influire. Roberto dà un forte avvertimento: la scelta prioritaria è la scelta democratica e non si può fare nulla se non si risolve subito la crisi della democrazia rappresentativa. È l’ora di Giovanni Bianchi, Presidente dei Partigiani Cristiani. Come sempre egli compie un percorso culturale nutrito di citazioni e di esperienze. Ma deve giungere per dovere di ufficio alla conclusione necessaria: bisogna ritrovare i vincoli dello stare assieme, la capacità di progettare assieme il coraggio di combattere assieme. (Ci manca soltanto che dia l’ordine di entrare in clandestinità!). Ricorda Padre David Maria Turoldo quando dice: "Riprendiamoci amici i nomi di battaglia ed armiamoci di luce". Di solito in questi Convegni, dopo le relazioni preparate, si parla poco, oppure vi sono interventi non molto coordinati con il tema in discussione. Ma questa volta no. L’attenzione è lucida: gli interventi necessariamente brevi per questioni di tempo sono legati al tema e propongono considerazioni che approfondiscono e completano. Non solo, ma sembra che cominci a funzionare quell’atteggiamento, che prima di essere culturale è morale, di voler condividere, di voler partecipare, di voler stare assieme, di voler costruire qualcosa in comune. Così troverete molto interessanti nella cronaca gli interventi del Professor Balduzzi, del Presidente Mirabelli, del Rettore della LUMSA Della Torre, del Sen. Acquaviva, del Sen. Eufemi, dell’On. Flavia Nardelli, dell’On. Gianni Fontana e del Prof. Leonardo Bianchi. Si conclude con la lettura del documento finale che è stato frutto di una ampia consultazione precedente. La conclusione è che tutti si impegnino in un itinerario che incomincia dal ricordo di Camaldoli ma che, per necessità dovrà riesaminare i due anni della nostra passione, dal ’43 al ’45. È un percorso che servirà ad unire pensieri e personalità, ad allenare giovani e comandanti, a preparare un gruppo dirigente e a raggiungere insieme la meta del pellegrinaggio. La prossima tappa è già decisa: 10 Settembre, la straordinaria ribellione di Suor Teresina. ----------------------------------------------------------------------------------- Ecco il link a Youtube in cui vedere l'intervento di Maurizio Eufemi durante la commemorazione https://www.youtube.com/watch?v=GDwOXMisjDk
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Sergio Paronetto, una figura straordinaria
Per quanti tra di noi che hanno vissuto solo la storia del dopoguerra attraversata dai diversi momenti della ricostruzione, dello sviluppo impetuoso, della crisi degli anni settanta, della spinta sfrenata del liberismo reaganiano e thatheriano fino alla attuale fase di declino, rileggere la storia del Codice di Camaldoli significa immergersi nella grandezza di quegli uomini, protagonisti del futuro del Paese. Non si può non restare ammirati dalla forza di quelle idee e soprattutto verso colui che cresciuto alla scuola laica, ma così naturaliter christiana fu il motore della fatica. Colui che analizzava le scelte di quella tela insieme moderata e radicata nella migliore tradizione sociologica “nostra” come scrisse Giulio Andreotti. Quell’uomo era Sergio Paronetto, scomparso nel 1945. La sua è stata una storia breve ma intensa, piena di significato.
I partecipanti al piccolo cenacolo di via Reno erano affascinati dalla rivendicazione del primato della persona umana e del diritto di famiglia in antitesi con lo stato onnipresente e soffocante; protesi verso la ricerca di un equilibrio tra validità economica degli schemi e tutela della dimensione di una società a misura d’uomo.
Forse è il momento di riproporre ai giovani quel modello.
Ma non abbiamo ancora un Montini in grado di costringere i cattolici a tessere la tela di Camaldoli che orienterà i costituenti.
Sergio Paronetto non è stato un costituente, ma è come se lo fosse stato, tanta è stata la forza della sua ispirazione e l’influenza esercitata nei camaldolesi e nei costituenti.
Il codice è il momento alto di un progetto di società coerente e funzionante. Dà coerenza ai motivi tecnocratici, sociali e anticapitalistici.
Abbiamo un debito verso gli estensori del codice e verso Paronetto in particolare perché hanno saputo fare le scelte giuste idonee a unire i drivers dello sviluppo, facendo uscire il Paese dalla miseria.
Quella è una pagina di storia di cui i democristiani devono essere orgogliosi.
E fanno bene Gerardo Bianco e Bartolo Ciccardini a dare il significato storico che la commemorazione merita, legandola coerentemente a una prospettiva di riaggregazione culturale e politica.
"Paronetto trovò l’equilibrio tra informato realismo e ispirazioni fondamentali aggiornando e razionalizzando Malines" scrisse Andreotti in De Gasperi visto da vicino.
Paronetto è stato capace di coniugare il nittismo antiburocratico, la sensibilità ai valori della solidarietà, la democrazia economica, l’antimonopolismo radicale.
Per Paronetto il mercato andava aiutato con i controlli, con le indagini con le restrizioni. Per l’economia reale i mercati vanno corretti, sostenuti rilanciati mentre i mercati finanziari vanno governati con regolamenti e tetti. V’era nel suo pensiero modernità nella dimensione della gestione economica dei beni pubblici. Era un economista di impresa e il sistema Paronetto mette insieme politica economica e Welfare, economia delle imprese e investimenti sociali, processo di accumulazione e dignità umana.
Era competente e preparato. “Continua a consigliarmi con la tua illuminazioni dalla realtà" è l’esortazione di De Gasperi in una lettera.
Abbiamo un debito verso un personaggio che ha coniugato modernità e internazionalizzazione dell’approdo alla economia, alla industria, alla finanza.
Aveva una visione progettuale che puntava alla economia produttiva una figura riservata che aveva affinità con Guido Carli.
Vorrei concludere con il ricordo di una lettera che scrive Menichella allora direttore generale dell’Iri, poi straordinario governatore della Banca di Italia a Vittorino Veronese il 24 marzo 1955 per ricordarne la figura a dieci anni dalla scomparsa. Dopo avere sottolineato la sua "capacità di giudizio sereno ed equilibrato che in Paronetto era il frutto di una continua, assillante, tormentosa azione di appello alla sua coscienza, profondamente religiosa e vigile in ogni momento della sua vita" Menichella ricorda un episodio che då il segno della modestia di Paronetto e la Sua sinceritá.
Alla chiusura dell'anno 1939, provvedendo a migliorare gli stipendi dei funzionari, apportai un aumento anche al Suo. Mi trattenni dal fare di più come Egli meritava, solo per timore di turbare la sua modestia, sicchè grande fu la mia meraviglia allorquando mi si presentò per indurimi a limitare l'aumento che Gli avevo concesso, minimizzando il suo lavoro e citando esempi di funzionari, estranei al nostro ambiente che, a suo dire, valevano più di Lui è avevano stipendi minori.
Naturalmente non lo accontentai. Ne rimase male e me lo disse. Ne fu turbato. Lo scrisse nelle carte ritrovate dopo la morte".
Riteneva folle la cifra fissata. Questa decisione gli faceva paura. Fino al punto di dire "non c'è un profondo e perverso errore in tutto ciò? Una ingiustizia, una complicitá nostra?".
In questa lettera c’è una lezione di etica e di moralità, un insegnamento di modestia, rispetto alla deriva finanzaria stockoptionista e shortermista alla creazione di valore artificiale, alle fusioni e acquisizioni di breve periodo dei tempi nostri che hanno perdere di vista il ciclo lungo della economia sia rispetto agli investimenti che al lavoro.
Va anche ricordata l'intelligente mediazione di Paronetto che, attraverso opportune modifiche ai capitoli sulla educazione e sulla famiglia, permise di riguadagnare il consenso di Capograssi, che non si estese fino al punto di figurare tra i redattori dell'opera, ma solo come consulente e collaboratore, perchè non favorevole all'idea di un "distillato della sapienza cattoliitalianamente".
E sul tema del lavoro elaborato dalla triade di Morbegno, Saraceno, Vanoni e Paronetto, la sua criticitá e prudenza verso la participazione operaia alla gestione dell'azienda, definendola " illusoria meta la cui conquista lascerá insoddisfatti e delusi i lavoratori per la sua inconsistenza economica e morale" e nella peggiore "espediente accettato o propugnato da taluni datori di lavoro o da loro più o meno consapevoli interpreti per eludere altre più vere e sostanziali rivendicazioni dei lavoratori o per assicurarsi con mezzi politici la posizione di privilegio" .
Una posizione diversa da quella di Fanfani, più articolata rispetto a Gonella, Ferrari Aggradi e Taviani o di Malvestiti.
V'era in sostanza una distinzione tra partecipazione agli utili e il tema più complesso della partecipazione intesa cone democrazia partecipativa e del solidarismo partecipatativo nella economia, nell'artigianato, nella pmi, nella cooperazione.
Certo oggi sono diversi i tempi, la storia, gli uomini, le culture, di quando di affermava quel sogno utopico. C' era però in quella terza via la indicazione per garantire giustizia sociale per tutti attraverso il ruolo regolatore e perequativo dello Stato.
È stato detto che punto di forza fu quello della autonomia del gruppo di Camaldoli dalla politica partitica, ma essi stessi furono guida!
È forse il momento di riscoprire l'insegnamento sturziano, di riprendere coraggio, a partire "dal programma politico che non si inventa, ma si vive e per viverlo si deve seguire nelle sue fasi evolutive, precorrere le attuazioni, determinare e soluzioni, nel complesso ritmo delle affermazioni, nella fermezza delle negazioni".
Far rivivere il Codice di Camaldoli oggi è un sogno o piuttosto l'itinerario di un cammino da riprendere senza indugi?
Maurizio Eufemi
Bibliografia AA.VV., Cattolici al futuro, editoriale Rufus, 1984 Giulio Andreotti, De Gasperi visto da vicino, Rizzoli Giulio Andreotti, De Gasperi e il suo tempo, Arnoldo Mondadori editore, 1956 Donato Menichella, stabilitá e sviluppo dell'economia italiana, Editori Laterza, 1997 Sergio Paronetto e il formarsi della costituzione economica italiana a cura di Stefano Baietti e Giovanni Farese, Rubettino Editore, 2012 Sergio Paronetto, Prospettive sulla partecipazione operaia alla gestione dell'azienda, studium xl 1944 pagg 36, 37). C. Vasale, i cattolici e la laicitá. Un contributo alla storia del movimento cattolico italiano, ed. Dehoniane, Napoli 1980 pag. 131)
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Tra le misure contenute nel decreto del "fare" ce n'è una che potrebbe sembrare nuova ma non lo è: quella relativa alle macchine utensili. Del resto quel decreto è stato definito del cacciavite e il cacciavite ha la funzione di rimettere le cose a posto, a far ripartire ciò che non va. Eppure la legge Sabatini, dal nome del proponente definito il deputato dei poveri, la 1329 del 1965, ha confermato la regola che non vi è nulla di più duraturo di un provvedimento congiunturale. Promulgata in una fase congiunturale e per un triennio era diventata lo strumento più apprezzato dagli operatori per la sua funzionalitá e idoneitá a stimolare l'investimento in macchine utensili nelle piccole imprese. L'operazione si realizzava con uno strumento semplice, senza intermedazioni, con operazioni assistite da agevolazioni tributarie e da anmortamenti rapidi triennali. Uno strumento valido, chiaro, semplice nelle procedure efficace nel sostegno alla innovazione e alla crescita competitiva e con oneri ridotti per lo Stato. Arrivò al finanziamento di ben 30.000 operazioni nel 1984. Si ottenevano due risultati: la competitivitá delle imprese nella innovazione di processo e di prodotto e il sostegno alla domanda procurando lavoro negli stabilimenti produttori di macchine utensili. Il rifinanziamento dello strumento legislativo è importante ma non possiamo non domandarci perchè la legge Sabatini sia stata per tanto tempo accantonata e si sia dovuto riprendere il cacciavite per riattivarla. Maurizio Eufemi Roma 23 giugno 2013 | ||||||||||||||
Perché Camaldoli 2013 (nota di Bartolomeo Ciccardini) | ||||||||||||||
Lettera di Gerardo Bianco sul presidenzialismo Cari colleghi, è noto come Alcide De Gasperi non abbia mai interferito, in quanto Presidente del Consiglio, nei lavori dell’Assemblea Costituente, tanto da apparire, a torto, perfino disinteressato alla elaborazione del testo costituzionale. In occasione dei Patti Lateranensi volle parlare dal suo banco di deputato, per sottolineare appunto, come scrive Leopoldo Elia, la deliberata scelta “di non interferenza governativa nell’elaborazione della nuova Costituzione”. Da Presidente del Consiglio parlò solo sul tema dell’Alto Adige. All’epoca il Banco del Governo era riservato al Comitato direttivo della Commissione dei 75. Oggi assistiamo a un rovesciamento di impostazione. Il Governo si considera perfino come proponente di una riscrittura anche incisiva della Costituzione, con una iniziativa come quella della nomina dei 35 saggi che di per sé costituisce un’autentica anomalia in un processo di revisione costituzionale. Una maggiore prudenza nella decisione del Governo sarebbe stata auspicabile. Ma ciò che più desta preoccupazione è la disinvoltura con la quale si affrontano temi come quello del presidenzialismo che stravolgono alla radice l’impianto della Costituzione coerentemente fondata sulla preminenza del Parlamento. Trasformare la Repubblica parlamentare in una Repubblica presidenziale significa archiviare la Carta del 48 e passare a un diverso assetto costituzionale. Per un’operazione del genere, come osservava Dossetti, non può, se non con grave forzatura, essere utilizzato l’articolo 138 della Costituzione. Ciò che invece urge è la revisione della legge elettorale che inficia di legittimità ogni decisione, alterando la vita democratica dell’Italia. È su questo punto essenziale che dovrebbe concentrarsi l’impegno parlamentare con un Governo che ne agevoli il corso. Soluzioni decenti per una buona legge elettorale sono possibili, prendendo soprattutto in considerazione quelle dei più grandi paesi europei, ma anche originali proposte come quelle presenti nel sito della nostra Associazione. Sul tema del presidenzialismo, che ha sostenitori anche nella nostra Associazione, apriremo un vasto dibattito tra i soci, a partire da un convegno previsto nella prima decade di luglio. La nostra preminente preoccupazione è che tutto si svolga in modo pienamente legittimato e democratico, cominciando, in primo luogo, a correggere le storture attuali che hanno la loro fonte nella legge elettorale che rischia di inquinare per la sua dubbia costituzionalità di illegittimità ogni atto deliberativo degli organi dello Stato. Colgo l’occasione per inviare il più cordiale saluto. Gerardo Bianco - Presidente Associazione ex parlamentari 6 giugno 2013 | ||||||||||||||
UNA SITUAZIONE INTOLLERABILE!
Il CN dell'UDC
rappresenta l'ultimo atto del progetto politico avviato nel 2002
con la fusione del CDU, del CCD e di Democrazia
Europea. Il CDU portò in dote il simbolo della
Democrazia Cristiana insieme ad ideali e valori in cui si
riconosceva una classe dirigente motivata che aveva difeso
strenuamente quel vessillo anche attraverso dolorose scissioni,
quella con il PPI prima e con l' UDR dopo.
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Andare oltre l'imu e la cassa integrazione
Nelle riflessioni di domenica 12 maggio sul Sole 24 ore Giuliano Amato interviene sui contenuti dell’accordo politico di maggioranza indicando una via virtuosa della crescita per far uscire il Paese dalle secche dell’immobilismo. Si tratta di un sentiero stretto sia per i vincoli interni (alto debito pubblico) con conseguenti misure coperte da entrate o da compressione della spesa e vincoli esterni (fiscal compact) con i parametri imposti dal navigatore di marca teutonica. Il deficit spending come mezzo per la crescita è un lontano impraticabile ricordo. Si pone allora l’interrogativo sul che fare rispetto a scelte difficili come quelle di mantenere l’austerità come è stato fatto o privilegiare la crescita, come si dovrebbe fare. E’ vero che molti tra gli economisti, oggi, non sottoscriverebbero le scelte di austerità, ma va detto che pochi sono stati gli economisti i quali per tempo, hanno capito la gravità e le conseguenze delle scelte operate e che la via perseguita avrebbe portato ad una fase di così’ prolungata recessione senza che si possa ancora vedere la luce fuori dal tunnel. Oggi v’è maggiore consapevolezza che l’austerity ha stremato il Paese, prima con la caduta dei consumi che si è poi riverberata sulla produzione. L’austerity non rappresenta un fattore di crescita; può solo permettere di sistemare un po’ le cose nel breve termine. Di fronte ad una tale situazione assistiamo ad una strana maggioranza che finge di andare d’accordo a Palazzo Chigi per poi dividersi nelle sedi di partito. Le forze di maggioranza nel breve termine privilegiano la strada della divisione paritaria del lenzuolo per usare la metafora indicata da Giuliano Amato. Un pezzo di lenzuolo al PDL in questo caso l’Imu e un pezzo di lenzuolo al PD con le misure per la Cassa Integrazione speciale. Due concezioni destra-sinistra contrapposte; da una parte lo sguardo rivolto ai proprietari e dall’altro alle famiglie in difficoltà per il lavoro. La casa e l’occupazione finiscono per diventare due obiettivi divisivi perché privilegiano l’elettorato dei due schieramenti piuttosto che gli interessi del Paese che sono ben altri. Certo va detto che l’IMU in termini elettorali e politici vale di più che non gli interventi sulla CIG. Il mezzo lenzuolo farà pareggiare la partita politica ma non coprirà nessuno. Rimarremo tutti scoperti. Che fare allora? Il lavoro e l’occupazione si creano se si muove il mercato, ma il mercato è fermo perché le banche non lo aiutano. Gli interventi della BCE sono stati finalizzati più a metter a posto i bilanci delle banche piuttosto che ad indirizzare la liquidità al sostegno delle imprese. Occorre superare l’orizzonte del novantesimo minuto nel tentativo di pareggiare la partita. Lo zero a zero non farà muove la classifica dell’Italia in termini di crescita del PIL, di riassorbimento del debito e di occupazione. Proviamo a costruire un lenzuolo più lungo. L’Italia deve diventare un Paese appetibile per gli investimenti esteri per almeno 10 anni, senza alcun tipo di intervento politico. Di fronte alla crisi del settore industriale, i servizi possono essere sviluppati adeguatamente in particolare con l’espansione di Internet. Occorre allora introdurre meccanismi di detassazione del lavoro e delle aziende per 10 anni tali da creare un volano di Know how e di occupazione. Se Amazon, per fare un esempio, vuole aprire una filiale in Europa deve poterlo fare in Italia. Amazon porta Kow how, noi creiamo un framework imprenditoriale appetibile. L’altro segmento su cui operare nello stesso modo è il made in Italy. Qualsiasi azienda che vuole agire sulle esportazioni dei prodotti deve essere avvantaggiata con meccanismi che permettano la costituzione di aziende in breve tempo e con vantaggi fiscali certi per 10 anni. Un orizzonte decennale è quello necessario perché i mercati finanziari recepiscano le aspettative di lungo temine anche in relazione al corso dei titoli azionari. Dunque le riforme devono avere i caratteri della certezza, ma anche del lungo periodo perché in caso contrario vengono scontate dai mercati. Il finanziamento di tali riforme deve avvenire attraverso le privatizzazioni dei “gioielli italiani” da collocare non sull’interno e con partite di giro ma sui mercati esteri (Eni, FS, Poste, CC.DD). La cessione di asset immobiliari demaniali strategici è una passo fondamentale per abbattere il debito pubblico. Se dimostriamo concretamente di volere vendere asset per 10 md annui che vanno a diminuzione dello stock di debito diventiamo credibili e il mercato apprezza con la diminuzione dello spread con ulteriori vantaggi in termini di spesa per interessi. In una fase come questa che fa registrare una crisi del mercato immobiliare occorre agire sull’edilizia con un ventaglio di azioni rapide sia sul nuovo che sull’usato. Va favorita la mobilità generazionale favorendo le transazioni immobiliari dai tagli grandi a quelli più piccoli per gli anziani che vogliono acquisire liquidità. Si può favorire con un forte abbattimento degli oneri di compravendita (notaio, imposta di registro IVA) , anche a misura fissa ridotta che oggi incidono in misura rilevante per gli acquirenti, soprattutto giovani coppie. Poi si può lavorare sul mercato delle ristrutturazioni per tutte le costruzioni ante 1970 con benefici fiscali considerevoli che possono essere incrementati per l’affitto a terzi con una “cedolare secca” decennale. In questo modo si interviene sul settore edilizio con un vasto indotto che oggi si propaga in numerosi comparti tecnologicamente avanzati, come i materiali energetici, impiantistica, con una maggiore rispondenza alle norme di sicurezza. C’è bisogno di un colpo d’ala affinchè il Paese si copra non soltanto con un lenzuolo nell’imminenza di un inverno che sarà ancora rigido.
Roma, 18 maggio 2013 | ||||||||||||||
RIFLESSIONI SULL'INCONTRO UDC A PARCO DEI PRINCIPI 9 maggio 2013
Mario Tassone ha promosso un incontro del CDU allargato a quanti condividono gli ideali democratici cristiani. Si è tenuto all'Hotel Parco dei Principi sabato 9 maggio. È intervenuto Gemayel, rappresentante della internazionale democratico-cristiana, simbolo di lotta per la libertá in un'area martoriata del mondo e del medio oriente in particolare. Vi è stata una larga partecipazione di dirigenti, sindaci, amministratori e moltissimi giovani impegnati nell'associazionismo. I giovani sono stati i protagonisti e hanno avuto largo spazio; hanno espresso idee positive e propositive. Ironia della sorte l'incontro si è tenuto mentre il giorno precedente la direzione dell'UDC consumava l'ultimo strappo con la indicazione del segretario amministrativo, nomina che spetta al consiglio Nazionale. Tassone ha rivendicato il pieno rispetto delle regole democratiche. È l'atto finale di una progressiva occupazione del potere. Il disastro elettorale del 24 -25 febbraio per l'UDC va oltre la sconfitta di generali ormai senza esercito. La leadership di Casini è riuscita nel grande risultato di distruggere un partito portandolo sotto il 2 per cento. È fallimento di leadership per ambizione personale. È tradimento del progetto politico costruito con ben altre finalitá e ambizioni sul manifesto dei valori del 2002, costruito per aggregare e ha finito per privilegiare la propria famiglia politica. La componente del CDU che ha creduto nel progetto portando il simbolo difeso allo stremo, fino a laceranti scissioni è stata marginalizzata. I suoi rappresenti sono stati considerati figli di secondo letto. E questa è la più forte contraddizioni tra enunciazione di valori e lo pratica concreta attuazione. Casini è tornato al CCD ed ai suoi numeri. Con l'annullamento in Scelta Civica è stata cancellata la presenza dei cattolici scomparsi come partito organizzato, come bandiera, quel vessillo in cui abbiamo creduto in anni duri di impegno politico. Casini dopo la fine della prima repubblica, prima si è attaccato a Berlusconi nel 1994, poi si è attaccato al CDU di Buttiglione, poi allo Scudo Crociato con l'operazione UDC, poi come scelta finale al "montismo". Scelta infausta perchè il montismo andava ed è andato contro la storia e le politiche che abbiamo portato avanti nei decenni in favore degli artigiani, degli agricoltori, dei piccoli imprenditori, della orizzontalitá dei corpi intermedi piuttosto che la verticalitá dei poteri forti. È stata privilegiata la politica recessiva di una sfibrante austeritá senza la conoscenza dei problemi del paese piuttosto che la economia sociale di mercato e le politiche di solidarietá. E questo è l'errore politico piú grande. Noi abbiamo portato quel vessillo con laceranti scissioni che poi è stato svenduto sull'altare di un accordo con i bocconiani con gli interessi forti, ma la ubriacatura è finita per eccesso di tatticismo, per deficit di idee e di prodotto. Il prodotto politico non si compra al supermarket della comunicazione.
Richiede credibilitá, richiede coerenza, richiede passione, richiede partecipazione, richiede consenso costruito nella vita di ciascuno di noi. Il mondo non è solo la rete telematica che può essere uno strumento di ausilio nella circolazione delle idee e di comunicazione per facilitare il dialogo e non per imporre la propria posizione. La nostra storia è una cosa diversa e la rivendichiamo con orgoglio. Di tatticismi si può morire, politicamente si intende. È finita la stagione dei furbetti, di quelli che privatizzavano gli utili e socializzavano le perdite. Si riparte con un nuovo impegno più forte di prima, ma deve essere un impegno fondato sulla generositá e sulla solidarietá. Dobbiamo passare il testimone non prima di avere combattuto una ultima battaglia, quella di favorire una riaggregazione dei cattolici, per recuperare una presenza non su falsi valori, ma su quelli veri, soprattutto con una coerenza tra enunciazioni e comportamenti quotidiani. Dopo il fallimento di Todi 1 e Todi 2, dopo che si è incenerito il conventicolo del Gianicolo con l'uscita di Riccardi, abbiamo il dovere di guardare avanti. Non possiamo arrenderci di fronte al disastro politico. I problemi dell'Europa si risolvono innanzitutto dentro la grande famiglia del PPE, per meglio trovare una sintesi sui valori della partecipazione e della solidarietá.
Roma 13 maggio 2013
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Tassone sfida Casini: «Udc a congresso»MILANO - L'Udc a rischio spaccatura. «Ci vediamo l'11 maggio all'Hotel Parco dei Principi per "riaggregarci". Non per una scissione, né per far rinascere il Cdu ma per riaggregare le nostre forze». Mario Tassone lancia la sfida a Pier Ferdinando Casini e affila le armi chiedendo un «congresso dell'Udc il prima possibile» e convoca a Roma, appunto, il Consiglio nazionale del Cdu, rivendicando un cambio di regia alla guida del partito. Tassone parla di «disastro elettorale» in merito al voto di febbraio. I cdu chiedono ai vertici del partito «di fare un passo di lato». «Un partito burocratico, privatistico e stantio, ha detto Tassone, è la negazione della politica. Ognuno di noi che ha esperienza in Parlamento, vuole dare la possibilità alle nuove leve di essere protagoniste».
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L'on. Mario Tassone ha predisposto il documento politico che portiamo a conoscenza di quanti hanno condiviso con me l'impegno politico. Sen. Maurizio Eufemi Caro amico,
le ultime vicende politiche sono
contrassegnate da un processo inesorabile di depauperamento di
valori e di ideali. Le fondamenta su cui si è costruita e si è
sviluppata la struttura organizzativa e istituzionale del nostro
Paese sono sempre più gracili e la politica che ne era l’architrave
si è svuotata di quei contenuti e di quelle tensioni che avevano
ravvivato gran parte della storia del
dopoguerra.
Ci si è proiettati alla ricerca delle
novità che in molti casi non hanno prodotto dati positivi, ma hanno
abbattuto riferimenti importanti come i partiti politici ai quali la
Carta Costituzionale aveva dato un compito insostituibile come
strumento per i cittadini per la formazione e per l’espressione
delle loro scelte. Dal 1992/1993 non ci sono, quindi, più i partiti
come associazioni libere di uomini e donne, di giovani che stavano
insieme perché accomunati dalla stessa sensibilità e dagli stessi
obiettivi. I movimenti, i talk show hanno sostituito l’attività di
piccoli e medi nuclei di cittadini che si associavano nella
pluralità delle sezioni per confrontarsi sulle piccole e grandi
questioni che interessavano il Paese.
Ci si è proiettati, ormai, in una
dimensione dove il rapporto fra uomini e la ricerca attraverso il
confronto delle idee hanno lasciato spazio soltanto alla possibilità
di essere i commentatori di ciò che si ascolta. Questo è un aspetto
disarmante perché ha minato la responsabilità che deriva da
un’attività di impegno diretto e la capacità di proposta che nasce
attraverso una ricognizione di esigenze, quelle vere, che provengono
dalla base.
Quello che appare più preoccupante in
questa fase è che si tenta di disperdere definitivamente gli sforzi,
fatti nei primi anni novanta, di difendere comunque il patrimonio
rappresentato dai cattolici democratici e dai riformisti. La
scissione del PPI del 1995 si sviluppò intorno a due questioni, tra
chi credeva che i cattolici potessero ancora dare un forte
contributo in politica se organizzati e chi pensava che quella fase
era finita e che le proprie idee e la propria visione del mondo
potessero avere senso anche se variamente distribuite in tutte le
formazioni politiche. Il risultato è stato che la presenza dei
cattolici e dei riformisti è diventata sempre più ininfluente e
marginale.
Il CDU nasceva dalla scissione del PPI
per assicurare continuità ad una esperienza culturale e politica nel
solco del pensiero sturziano, degasperiano e moroteo.
Successivamente, nel dicembre 2002, diede vita insieme al CCD e a
Democrazia Europea alla “Unione dei Democratici Cristiani di Centro”
(UDC) dando a questa formazione il contributo della sua coerenza,
rappresentato dal simbolo dello scudocrociato, di cui altri si erano
disfatti precipitosamente ritenendo che potesse essere considerato
il sinonimo della vergogna e del malaffare. Si rinnegava così la
lotta di milioni di italiani che avevano difeso, attraverso questo
simbolo di libertà, la democrazia e la giustizia, restituendo al
Paese dignità e un futuro ricco di obiettivi raggiunti.
Oggi bisogna difendere quella storia.
Ecco perché intendo, con alcuni amici, riaprire il dibattito,
convocando a breve termine un Consiglio Nazionale del CDU per non
disperdere le passioni di una stagione che ci ha portato nel
dicembre 2002 ad aggregarci nell’UDC. Quella scelta non va negata,
ma va verificata aprendo una fase di sempre più ampi coinvolgimenti
per rafforzare un’area dove convergono realtà di cattolici
democratici e di riformisti che possono, ancora oggi, dare un
importante contributo per ricomporre il tessuto della politica,
attraverso le opportune riforme in campo istituzionale, economico,
sociale e culturale.
Mario Tassone E' tempo di riprendere un cammino insieme. Il giorno 11 maggio alle ore 14, a Roma presso l'Hotel Parco dei Principi, su iniziativa dell'associazione del CDU è fissato un incontro esteso a tutti gli amici che intendono impegnarsi in questa fase delicata a rilanciare una iniziativa nel solco della storia sturziana, degasperiana e morotea, tesa ad aggregare tutte le forze del cattolicesimo democratico e dei laici riformisti per rilanciare quell'impegno che é stato alla base della costituzione dell'UDC e che non può essere ne smentito, ne tantomeno dissolto. ---------------------------------------------------------
A questo proposito pubblichiamo un articolo dell'Agenzia Reuters Italia: "Scelta civica, ex Cdu preparano scissione da Udc - venerdì 3 maggio 2013 15:15ROMA (Reuters) - Continua vivace il dibattito interno fra i centristi di Scelta civica dopo il deludente risultato elettorale e l'Udc si prepara a riprendere la sua autonomia dal resto del movimento, ma con grossi problemi interni fino all'annuncio di questa mattina di una possibile scissione della sua componente interna proveniente dal vecchio Cdu. Mentre il partito di Pier Ferdinando Casini sta preparando il percorso verso il proprio congresso rifondativo ed ha nettamente invertito la rotta rispetto al percorso di confluenza in Scelta civica, questa mattina gli ex Cdu hanno presentato una loro iniziativa per il prossimo 11 maggio. In quella data si terrà a Roma il Consiglio nazionale del Cdu, come hanno annunciato Mario Tassone, Ivo Tarolli, Maurizio Eufemi e Angelo Sanza nel corso di una conferenza stampa alla Camera. Per ora la manifestazione si configura come la richiesta "di un congresso su basi nuove, di garanzia", come ha detto Tassone e come l'invito a "Lorenzo Cesa [attuale segretario], Rocco Buttiglione [presidente] e Casini di fare un passo di lato", come ha detto Tarolli. Ma è pronta anche la cosiddetta "opzione B", cioè una vera e propria scissione come hanno detto alcuni degli intervenuti." (Paolo Biondi)
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Associazione Nazionale Partigiani
Cristiani (personalità giuridica ai sensi D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361)
Testimonianze
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La parabola dell'Ulivo nella testimonianza di Gerardo Bianco La parabola dell'Ulivo è l'ultimo libro-intervista di Gerardo Bianco, che con le stimolanti sollecitazioni di Nicola Guiso, completa la analisi ricostruttiva del decennio 1992-2001. E’ il proseguimento del precedente volume dello stesso autore " la balena bianca l'ultima battaglia". È una rilettura penetrante di due legislature: quella breve dal 1994 al 1996, quella del ribaltone e quella del successo dell'Ulivo del 1996, - determinato anche per la scelta elettrorale autonoma della Lega Nord - fino al suo dissolvimento nel 2001. Nel 1998 interverrà la caduta alla Camera del governo Prodi anche per la scarsa conoscenza delle dinamiche parlamentari del Premier; poi subentrerà il governo D'Alema sostenuto da Cossiga con l'operazione UDR e i cosiddetti “straccioni di Valmy” più come momento di legittimazione democratica degli eredi del PCI che non per l'errore di ritenere l’UDR, luogo e punto di aggregazione di una linea di centro sinistra. Completerà la legislatura il secondo governo Amato che porterà alle elezioni del 2001. La ricostruzione degli avvenimenti avviene per via cronologica così le vicende politiche e parlamentari si intrecciano attraverso i protagonisti degli eventi. Bianco dà voce ai personaggi collegandoli alle principali vicende: dalle riforma istituzionale con la Commissione bicamerale presieduta da D’Alema, alla politica estera e comunitaria con la fase dell’ingresso nella moneta unica, dalle questioni economiche per il sostegno al rigore e al risanamento finanziario a quelle sociali; irrompono nel racconto le vicende partitiche e congressuali e i rapporti con le altre forze politiche e, inoltre, il rapporto con le gerarchie ecclesastiche nei confronti delle formazioni eredi della posizione dei cattolici impegnati in politica. Bianco svolge una analisi accurata con il rigore dello studioso, con l'esperienza del politico di lungo corso e del parlamentare protagonista di tante vicende, con i ricordi personali, con le testimonianze documentate. Colpisce la voglia di puntualizzare, di chiarire, di sgombrare ombre e dubbi su molti punti e su singoli aspetti. Viene smontata la teoria del doppio stato che rappresenta una grave alterazione della realtá storica, sottolineando in modo particolare la contraddizione evidente che deriva dalla straripante libertá del potere inquirente e dall’alterato equilibrio tra Parlamento e Magistratura, tra potere legislative e ordine giudiziario. Viene criticata la politica del doppio binario perseguita da chi sta al governo e sta al fanco di chi nelle piazza lo contesta. Sul piano partitito interno contesta la politica del piccolo cabotaggio rispetto a quella fondata su un forte sistematico impegno culturale e programmatico riferito ai grandi probemi aperti nel Paese. Bianco ricostruisce queste vicende da un osservatorio privilegiato: quello della funzione di segretario politico del Ppi e poi di presidente dello stesso partito fino alla nascita della Margherita. Vive intensamente I momenti di tensione e di strappo nel suo partito nella fase di costruzione del’Ulivo, della sua crescita e della parabola dissolvente. È una operazione veritá, su fatti ed eventi, ricca di riferimenti culturali supportata da testimonianze e ampia documentazione, che permette di penetrare dentro le vicende politiche vissute da un protagonista di quegli anni. Il libro ha il pregio della obiettività, della serenitá di giudizio che solo un intervallo di tempo sufficientemente ampio permette di esprimere. Racconta una storia politica, quella dei cattolici democratici, che matura con la fase della transizione apertasi nel 1992 e che porterá alla diaspora dei democristiani attraverso rotture politiche, laceranti scissioni e infinite vertenze giudiziarie. Su questo punto si può non essere d’accordo con l’autore soprattutto sul fatto che nel PPI c’era ab origine chi voleva andare oltre, verso qualcosa di nuovo e puro, rinnegando tutto il passato. Quel qualcosa sarà prima la Margherita e poi il Partito Democratico. Del resto tale preoccupazione viene anche riconosciuta dallo stesso Gerardo Bianco, ma forse sarà il tema del prossimo terzo libro a completamento della trilogia. Ripercorre e analizza con riferimenti puntuali le fasi congressuali del Ppi e le linee contrapposte con i sostenitori dell'alleanza con la destra berlusconiana nella illusione di prenderne la guida con evidenti errori di sottovalutazione della forza e della leadeship di Berlusconi. Questa valutazione credo sia stata la più lungimirante. Va infatti riconosciuto che tutti coloro che dal 1994 hanno stretto alleanze con Berlusconi – ad eccezione della Lega Nord che ha una sua peculiarietà e territorialità - sono scomparsi dal panorama politico o sono stati assorbiti, vaporizzati nella sua formazione politica!. Bianco racconta la "storia di una sconfitta politica" come afferma lo storico Piero Caveri nella postfazione o piuttosto rivendica l'orgoglio di una posizione tesa a difendere una cultura politica, una tradizione popolare e democristiana propria del cattolicesimo politico, la difesa strenua di una esperienza politica che si concluse dopo la breve esperienza del Partito Popolare con la fine della Margherita e quindi con quella dell'originario nucleo di cattolici?. Esprime preoccupazione per gli stravolgimenti costituzionali operati dalla "costituzione materiale", per il dilagante populismo distruttivo, per la desertificazione culturale, per l'assenza di riferimenti culturali e politici fondamentali per il vivere civile, per la progressiva trasformazione della democrazia in oligarchia, con il prevalere di interessi lobbistici piuttosto che la ricerca di un diffuso bene comune. Rispetto alla deriva presidenzialistica difende il ruolo del Parlamento che nel sistema costruito dai costituenti resta un presidio istituzionale insostituibile per il governo democratico del paese. Tale convinzione lo spinge ad affermare che è "dalla restaurazione parlamentare, anche attraverso una buona legge elettorale, può rinascere e riaffermarsi la necessaria preminenza della politica oggi confiscata da un economicismo pratico, neppure virtuoso" Non fa sconti a nessuno dei personaggi politici che attraversano il suo racconto. Nel giudizio non v'è mai un risentimento personale, ma una valutazione politica oggettiva sulle scelte e sui comportamenti tenendo ben presente il principio dell'amico storico Gabriele De Rosa per il quale " in politica non conta solo la teoria, ma, nella stessa misura, la pratica, il vissuto, al fine di verificare la coerenza tra i principi e l'azione". E ciò vale soprattutto per le persone e in modo maggiore per i leader politici o presunti tali. Nella narrazione si ritrova preoccupazione costante e diffidenza verso una posizione subordinata derivante da una alleanza con la destra per la presenza di forze più spregiudicate ed estreme, dotate di grandi risorse e capacità di cancellare l'anima popolare del partito a cui guardava e a cui guarda. Quasi un richiamo costante alla logica degasperiana della forza di centro che guarda con attenzione critica a sinistra. Resta come una ossessione la difesa e la salvaguardia di una esperienza politica, quella del PPI, rafforzandola e qualificandola sul terreno, ideale, culturale e politico programmatico. Difesa dunque di ideali e identitá convergenti verso una coalizione di forze politiche diverse, piuttosto che il perseguimento del progetto del partito unico ulivista, come forza unitaria. Per Bianco è infatti un "suggestivo progetto intellettuale, ma privo di fondamento storico e politico"con il prevalere di una posizione politologica che prescindeva dalla differenza delle ispirazioni e dalle tradizioni delle due componenti maggiori PDS e PPI e da una corretta valutazione della realtá culturale, sociale e politica del Paese. La lettura del libro di Gerardo Bianco, a poco più di un mese dalle elezioni politiche del 25 febbraio aiuta a comprendere la complessitá della storia dei cattolici democratici impegnati in politica, prima divisi e poi definitivamente scomparsi dalle Aule parlamentari insieme ai loro vessilli manipolati dallo originario scudo crociato. Bianco racconta anche la fine di una storia protagonista della ricostruzione del Paese. E ciò aiuta anche a riflettere sul futuro di tutti noi. Quella storia di straordinario progresso, di crescita civile , economia e sociale merita di riprendere un cammino. Bianco difende quella storia con il rammarico per la convergenza di tanti errori e per l'assenza di una” isola” su cui approdare: l’isola che non c’è. Traspare una profonda amarezza per la situazione che viviamo ed è bene rappresentata dalla constatazione di assenza di prospettive politiche per una inarrestabile deriva politologica ritenendo che i “movimenti politici sono diventati come il Lego utili per comporre e scomporre alleanze a seconda della stagione elettorale”. Maurizio Eufemi Roma, 4 aprile 2013
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Riprogettare un impegno politico Il risultato elettorale del 24 e 25 febbraio pone i cattolici di fronte alle loro responsabilità. Per la prima volta dal dopoguerra non c’è in Parlamento una entità riconoscibile, una rappresentanza organizzata. Si è passati dalla irrilevanza alla insignificanza. E’ come se una società pluralista, nata dalla Resistenza e dalla Carta Costituzionale fosse monca di una sua componente originaria. Tutti i vessilli sono stati ormai ammainati, compresi quelli che facevano riferimento a lembi di tessuto del glorioso scudo crociato. Non sono pochi gli elettori che di fronte ad una offerta politica che rinvigoriva lo schema bipolare destra – sinistra, si sono rifugiati nella indifferenza e nell’astensione. V’era poi l’anomalia del Movimento cinque stelle che coglieva in modo copioso i frutti dell’antipolitica agitata da certa stampa interessata ad un cambiamento sul sistema attraverso scosse telluriche mediatiche determinando un risultato che è andato in una direzione inaspettata nella dimensione, diventando un terzo polo di pari entità degli altri due. I tre poli sono divergenti nella azione programmatica e nelle prospettive. Le legge elettorale, immutata per convenienza, nonostante le sollecitazioni, ha poi favorito l’arroccamento dei partiti-coalizioni chiusi nei loro cerchi impenetrabili a qualsiasi logica e regola di democrazia interna. La lista civica di Monti con un risultato inferiore alle aspettative ha prosciugato completamente il serbatoio elettorale dell’UDC e di Futuro e Libertà portando Casini e Fini all’irrilevanza politica per essersi schiacciati sui potentati e sui circoli di potere venendo meno alla idendità dei rispettivi partiti. Gli elettori hanno percepito le ambiguità e le contraddizioni di Lista Civica, così come il venire meno alle aspettative e agli obiettivi del governo di tregua, che si trasformava progressivamente nella prospettiva elettorale in governo politico. Un governo tecnico senza anima politica ha finito per compiere errori gravi errori di politica economica senza quel respiro e quella mediazione che solo la politica può dare. I 14 mesi di governo hanno dato seguito alla finanziaria recessiva, alla riforma delle pensioni con evidenti scompensi valutativi sugli esodati , ad un mercato del lavoro che ha ristretto l’occupazione anziché favorirla, ad una line ad politica estera divisiva perfino sulla vicenda dei marò con la implosione del governo nell’aula di Montecitorio. Gli elettori hanno distintamente compreso il fallimento di Todi 1 e di Todi 2, il venire meno di alcune componenti e movimenti e soprattutto il ripiegamento delle gerarchie cattoliche rispetto a più coraggiosi e decisi orientamenti politici. Gli elettori hanno determinato un risultato che per lista civica vanifica il tentativo di diventare l’ago della bilancia soprattutto in Senato dove i numeri sono più precari. Per i cattolici si pone allora una scelta fondamentale, quella di riprendere un cammino di unità, di superare la fase della diaspora, di cancellare le divisioni, di abbandonare sterili personalismi e deboli leadership, di porsi, invece, con umiltà alla ricerca di un coagulo che permetta di ritrovarsi insieme, di guardare alle nuove generazioni con generosità nel segno di una nuova e rinnovata piattaforma politica e culturale. Non abbiamo bisogno, oggi, di tanti giocatori, di soli reduci di tante battaglie politiche, ma acciaccati e logorati nel fisico, ma di sapienti allenatori che sappiano dare consigli intelligenti e utili indicazioni. Abbiamo bisogno di energie nuove , vitali per una stagione politica che si apre nel segno della incertezza e della precarietà, mentre ci sarebbe bisogno di Istituzioni solide e riformate, soprattutto per competere adeguatamente nella economica globalizzata e nel contesto europeo. Questo è il momento non di ripiegarsi in se stessi ma di mettersi al servizio di una idea ricostruttiva degli ideali che ci hanno accompagnato in cinquanta anni di vita politica e parlamentare. Il momento della emergenza richiede di mettere tutte le forze in campo. Non c’è più tempo da perdere. C’è in campo Camaldoli due con l’impegno quotidiano di Bartolo Ciccardini e può essere un momento importante di elaborazione culturale aperta, senza le chiusure e i recinti di Todi 1 e 2, ispirata a metodi e principi per nuovi slanci ideali. Da qui a luglio però dobbiamo attivare la rete orizzontale fatta di persone, di associazioni, di movimenti e di strumenti adeguati comprese le nuove tecnologie per risvegliare coscienze e intelligenze sopite, recuperare e alimentare tensioni morali e culturali con la generosità di chi vuole essere ancora attore e protagonista in ogni possibile ruolo, di chi non si arrende alla situazione politica attuale e agli errori di scelte politiche insensate. L’effervescienza creativa dei singoli andrebbe meglio coordinata e indirizzata. Se saremo in grado di creare un ponte intergenerazionale positivo tra giovani e meno giovani, tra figli e genitori, tra nipoti e nonni allora si avremmo raggiunto un obiettivo grande che stempera le tensioni, facilita il dialogo, elimina la frattura intergenerazionale alimentata per creare divisioni e per distruggere l’architettura della società italiana costruita sui valori della solidarietà familiare recuperando quel modello che ci ha permesso di superare tante difficili prove. Dovremo forse recuperare un linguaggio semplice, come il “discorso dello spazzino” del 1951 in Campidoglio, cioè dell’uomo della strada per citare il famoso filosofo del diritto Giuseppe Capograssi . Ripartire da questo momento di sconfitta politica per l’intero movimento dei cattolici per rinnovare una tensione ideale per guardare ad una nuova funzione del politico cattolico perché non è neppure più quella “dell’amministratore dei voti” per citare una frase di Augusto Del Noce. Perché non ci sono più voti e non si sono più amministratori. E allora mettiamoci in cammino, riprendiamo vigore per ridarci una rappresentanza politica. Ripartiamo dall’entusiasmo giovanile dei più esperti, ma protagonisti di tante battaglie parlamentari, come Bartolo Ciccardini, Publio Fiori, Gerardo Bianco, Mario Tassone e quanti vogliano impegnarsi per non arrendersi alla irrilevanza, per non rassegnarsi all’indifferenza. Possono essere il comitato dei garanti di una nuova stagione. Nella fase che si aprirà I generali dovranno guadagnarsi le stellette sul campo senza investiture o cooptazioni. Alla vigilia della Santa Pasqua di Resurrezione ritrovare e rinnovare l’utopia di Camaldoli significa essere consapevoli della nostra memoria e di non avere paura del confronto per guardare al futuro senza rassegnazione. Roma, 28 marzo 2013 | ||||||||||||||
Chieri 17 marzo 2013 - Sala della Conceria
Caro Delegato Regionale Cavaliere di Gran Croce Carlo Varni, Autorità civili militari e religiose, Cari Cavalieri e gentili dame, Care Amici e care amiche,
Caro Commendatore Ciuffardi,
ti avevo promesso che sarei venuto qui e oggi sono felici di incontrare Te e tutti voi. In questi anni non ci siamo visti come avrei desiderato, ma ci siamo sentiti spesso. Ci eravamo però incontrati in occasione dei festeggiamenti per il 150° dell’Unità di Italia e il giorno prima a Sciolze dall’amico Marco Ruffino che splendido padrone di casa nella presentazione del mio libro: Politica senza eredi, che ieri sono andato a dibattere a Cuorgnè. Questo posto mi riporta indietro nei ricordi alle giornate del 2001, quando insieme a molti di voi abbiamo combattuto un battaglia politica. Spero di non avervi deluso. Oggi ho un po’ di rammarico nel vedere la scarsa partecipazione alla vita politica del Paese. Un sentito ringraziamento dunque al comm. Nello Ciuffardi per avermi invitato al decennale dell’ANIOC di Chieri, perché ha il senso vero della amicizia e delle Istituzioni. Grazie commendatore Ciuffardi, Presidente Ciuffardi, per la tua vitalità, il tuo impegno, i tuoi straordinari risultati con la sezione ANIOC di Chieri che supera quella di città più importanti. Grazie per avere voluto tutto questo, per esserti prodigato con passione e senza risparmio per la riuscita della manifestazione che è ormai una consuetudine alla vigilia di San Giuseppe, la festa del papà. Credo che l'appartenenza all'ANIOC ci deve far sentire più vicini gli uni con gli altri, ci deve rafforzare nel legame interpersonale. Io da parte mia, in questi anni di frequentazione ho cercato di farlo.
Questa nostra appartenenza deve aiutarci ad approfondire la nostra vicinanza alle Istituzioni e viverle consapevoli delle finalità più autentiche. La Cavalleria fu una delle più caratteristiche e significative istituzioni della storia, con orme indelebili, vicende memorabili, tradizioni sempre più vive tra gli strati migliori della società. E sono lieto di essermi impegnato affinchè i cittadini di Chieri, così fortemente impegnati nella società civile, nel volontariato abbiano il meritato riconoscimento delle Istituzioni perpetuando la loro funzione morale e civile. Questi appuntamenti a livello nazionale e internazionale, come quello in programma a Malta nel prossimo giugno, così ricchi di partecipazione hanno costituito e costituiscono il momento migliore per tracciare un bilancio approfondito della nostra attività in questi ultimi cinquantasei anni di attività. I riconoscimenti che tutti voi avete ricevuto come segno di benemerenza per la vostra attività nei diversi campi della vita economica, sociale, civile, sono la espressione della vostra generosità, del vostro impegno della vostra passione civile e deve essere uno stimolo vivo sempre più a guardare agli altri, al prossimo. Le nostre apparenze esterne sono un segno di distinzione, che non è uno sfoggio di vanità, ma segno di appartenenza e dobbiamo impegnarci verso quanti ci avvicinano per ragioni di lavoro, di rapporti sociali. Non dobbiamo dimenticare le virtù dei cavalieri che sono la lealtà, il coraggio, la generosità, la disciplina. Mentre con soddisfazione vedo accrescere il numero degli iscritti anche per le nomine che nel corso degli anni dal 2001 al 2013 sono state registrate, con una attenzione all'area del chierese per quanti hanno operato nella società civile in particolare nel mondo della impresa, soprattutto nel volontariato, nella società civile trovando un meritato riconoscimento delle Istituzioni. Di ciò mi sono fatto carico come senatore del collegio. Tra questi desidero ricordarne alcuni come il Comm. Fazzino, dell’Arma dei Carabinieri, Nicola Mercurio, Alessandro Pavesio, Massimiliano Puleo, Francesco Lupo, Antonino Misale, Angelo Grande , Nicola Castelli sono stati insegniti tra gli ultimi nel 2012. Mi fermo qui. Avv. Notaristefano e Laura Ronco, Cucci Vincenzo, Arnaldo Schiattone, Vincenzo Misale, Nicola Ciraci, Leonardo Scopece, Deiana Di Giovanni, Pasquale Busceti le nomine sono state attivate. Ed altre nomine arriveranno nel corso del 2013. Ce n’è una alla quale tengo in modo particolare quella di Marco Ruffino. Spero che abbia il riconoscimento. Di ciò sarò particolarmente lieto. Di fronte alle difficoltà dei tempi che viviamo e che coinvolgono il Paese in tanti aspetti della vita economica e sociale, come non sottolineare che gli appartenenti dell'ANIOC sono parte attiva di qualche cosa di positivo, nel campo politico, sociale, economico, rendendo un prezioso servizio alla Nazione. Abbiamo dunque doveri accresciuti; abbiamo il dovere di fare meglio; abbiamo il dovere di aiutare il prossimo e aiutarlo con generosità; abbiamo il dovere di diffondere la vocazione nel simbolo della amicizia universale. Questa giornata che coincide con la festa della Unità di Italia, vuole essere allora non solo il momento per ritrovarsi su un programma che coniuga momento religioso, interessi culturali, approfondimenti civili ma anche il momento della riflessione su questioni che non meritano di essere confinate o nascoste, ma al centro della nostra attenzione e azione quotidiana.
Vi ringrazio per l'attenzione.
Chieri, 17 marzo 2013
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Per lo sviluppo dell’Italia a partire dal Mezzogiorno Napoli Hotel Royal 12 - 13 marzo 2013
Intervento Sen. Maurizio Eufemi La ubriacatura dei bocconiani è finita il 25 febbraio. È finita anche una idea di austeritá c'è porta alla recessione. La soluzione non può essere una decrescita felice(?) che porta alla miseria, già conosciuta dalle generazioni del dopoguerra. Il Mezzogiorno è scomparso dall’agenda politica, ma non i suoi problemi che investono l'intero Paese. Di fronte alla crisi prevalgono interessi egoistici piuttosto che una solidarietà diffusa. Il debito pubblico è conseguenza di politiche assistenzialistiche universalistiche che hanno accentuato la ricchezza privata dei rentiers. Solo il 18 per cento della ricchezza finanziaria appartiene al Sud. Mentre il 63 per cento appartiene al Nord. Una quota rilevante del costo del debito pubblico ritorna alle famiglie del nord generando flussi aggiuntivi di reddito. Calcolando la media annuale dei BTP del 4,12 per cento nel quadriennio 2009-2012 de deriva che oltre 4,5 md di interesse rappresentano un flusso diretto dello Stato italiano al Nord ( un terzo di punto di PIL). Il problema è che il Mezzogiorno oggi, più che in passato, soffre il problema del credito. E’ evidente la sottobancarizzazione del Mezzogiorno dove non c’è una filiale di banca estera. IL numero delle società quotate è di 12 su 272, perfino inferiore al numero di 13 del 1955. La crisi del credito è evidenziata dai finanziamenti, dalle sofferenze dell’industria e delle famiglie, dai divari dei tassi di interesse attivi e dalla minore remunerazione con tassi di interesse passivi interiori al resto del Paese. E come se il valore dell'euro fosse diverso tra le aree del Paese. Il merito di credito standardizzato finisce per penalizzare il Mezzogiorno e le sue aziende più competitive. La Banca del Mezzogiorno con i suoi 250 sportelli appare inadeguata rispetto agli oltre 13 mila sportelli postali. Il volume degli impieghi è marginale rispetto a banche come Banca Sella o Banca delle Marche che con numero di sporlelli della stessa dimensione sviluppano rispettivamene impieghi per 8 miliardi e 17 miliardi. Il quadro negativo del sistema bancario meridionale è completato dal peso insignificante delle Fondazioni bancarie che non garantisce il Welfare di comunità, assicurato dai corpi intermedi, tale da compensare l’arretramento del Welfare pubblico, con la compressione della spesa sociale. La Fondazione con il Sud appare più una operazione filantropica, una granello di sabbia nel deserto, limitata nella azione e nei settori di intervento che non uno strumento operativo valido per attivare azioni rilevanti. Le fondazioni del Mezzogiorno pesano per il 4,9 per cento dell’intero sistema. La riforma delle Fondazioni di origine bancaria non deve riguardare solo il legame con la politica, ma anche riparametrare le erogazioni sia rispetto alla raccolta bancaria sia rispetto ai clienti. L’uscita dalla crisi non può prescindere da una riprogrammazione dello sviluppo, dalla rivisitazione del sistema bancario, dalla presenza e dal ruolo di una banca pubblica. Forse occorre ripensare le lungimiranti idee di Vanoni, di La Malfa e di Saraceno.
Roma, 13 marzo 2013
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Visita di solidariet
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Eufemi presenta a Cuorgnè il suo libro "La politica senza Eredi" | ||||||||||||||
IL PARLAMENTO RINGIOVANISCE? - Alcuni dati
Il "Corriere della sera" di mercoledì 27 febbraio in un articolo titolava "il Parlamento ringiovanisce", ripreso, senza firma anche da Corriere.it con un diverso titolo "il parlamento più giovane di sempre". Viene citata una analisi della Coldiretti, ma anche una associazione importante può indurre in errore perchè i dati statistici vanno letti attentamente e interpretati. Non si può mescolare la Camera con il Senato. E' diversa per i due rami del Parlamento l' età per l'elettorato passivo.
"Si sostiene che l'età media scende a 48 anni contro i 54 dei deputati e i 57 dei senatori di adesso".
Anche con la somma tra Camera e Senato l'età media non raggiunge i risultati del passato. Vorre portare alcuni dati frutto di specifici studi di statistica parlamentare.
L'età più bassa della Camera dei Deputati si è registrata nelle elezioni della prima legislatura con 45,9, quindi nella primissima repubblica.!!!
La serie storica è 47,1 nella seconda; 46,1 nella terza; 50,0 nella quarta; 48,2 nella quinta; 49,1 nella sesta; 49,6 nella settima. I gruppi parlamentari più giovani di età nella prima legislatura furono M.S.I. con 38,5 nella prima e PCI con 42. Il più anziano il PRI con 50,9.
Se guardiamo alle classi di età nella prima legislatura furono 39 quelli nella classe 25-29; 66 in quella tra 30-34; 76 nella classe 35-39; 79 in quella 40-44; 123 nella classe 45-49; 94 nella classe 50-54; 46 nella classe 55-59; 31 nella classe 60-64; 15 nella classe 65-69; 5 nella classe 70-74. Per un totla edi 574 deputati.
Nessun ultrasettantacinquenne nella prima legislatura. Gli ottantenni si ebbero nella IV leg 1, V leg, 1, VI leg, 1 e 2 nella settima legislatura.
La classe di età 35-39 per due legislature la II e la III ha rappresentato il valore modale. con 98 unità e 121. Infine per quanto riguarda i gruppi parlamentari.
Nella prima legislatura furono 39 i deputati nella classe tra 25-29 anni di cui 19 PCI e 12 DC. 66 quelli della classe 30-34 di cui 19 PCI e 32 DC. | ||||||||||||||
Convegno centenario nascita Giuseppe DossettiSala del Mappamondo - Camera dei Deputati21 febbraio 2013 L'associazione ex
parlamentari della Repubblica ha voluto commemorare la figura di
Giuseppe Dossetti dalla resistenza alla costituzione nel centenario
della nascita con una cerimonia che si è svolta nella sala del
mappamondo alla camera dei deputati. .
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Dalle promesse elettorali alle proposte
(articolo per il sito
DIRSTAT - www.dirstat.it) In una campagna elettorale contrassegnata giorno dopo giorno da fantasiose quanto irrealizzabili promesse improntate al rialzo, il confronto politico ha finito per allontanarsi progressivamente da una verifica concreta dei programmi. Anche le agende sono state riposte rapidamente nei cassetti.
Questa campagna invernale "corta", con il marchio della proposta shock, è diretta conseguenza della situazione recessiva e di crisi profonda che investe il paese sia nella economia reale che negli aspetti sociali. La crisi è stata aggravata da errori gravi del governo tecnico che non ha saputo dare al malato la dose giusta di medicinali.
Non sono state sbagliate solo le riforme strutturali e di lungo periodo come quella delle pensioni, con una sottovalutazio degli esodati, e del mercato del lavoro, scarsamente flessibile e ancorato a veterosindacalimo, ma anche quella congiunturali. Prelevare 25 md di euro attraverso l'imu sifignifica non avere conscenza dello stato della economia del Paese. È stata colpita la prima casa e quindi le famiglie nel lo bene più caro. Sono stati colpiti gli agricoltori e le imprese con una tassazione smisurata dei beni strumentali. Tutto ciò è stato nascosto per molto tempo attraverso una sapiente campagna mediatica che ha distolto gli italiani dai problemi veri della crisi della finanza che necessita di nuove e rigorose regole.
La DIRSTAT con l'incontro programmatico dell'hotel Nazionale, quindi in una sede immediatamente vicina al Palazzo della politica ha voluto chiamare le forze politiche a misurarsi sul terreno dei programmi e non degli slogan. Sono stati affrontati i problemi di un dannoso spoil system per recuperare il principio costituzionale della neutralitá dei dipendenti pubblici e contrastare l'area grigia degli appalti e delle consulenze che si annida nelle procedure senza adeguati controlli. È emersa la necessitá di affrontare l'attuale sistema duale del corpo dei vigili del fuoco dove prevale ha concezione arcaica che impedisce ai tecnici la direzione di un grande corpo di ingegneria civile e di soccorso e di eccellenza, guardando ad un nuovo modello di soccorso che preveda anche la equiparazione dei livelli retributivi con le altre forze di polizia. Sono state evidenzate le conseguenze dannose del grande accorpamento delle agenzie fiscali, con risparmi irrrisori se non aggravi di spesa, caratterizzate da missioni peculiari di ciascuna di esse e con un modello organizzativo che non tiene conto delle difficoltá del cittadino nell'orientarsi tra provincia e territorio.
Prevale una concezioni di stato impositore, accertatore, valutatore, sanzionatore anzichè quella di stampo vanoniano dello stato amico del contribente teso al recupero di un rapporto improntato a fiducia. È stato rilevato il pasticcio operato con l'insabbiamento della delega fiscale che aveva introdotto il conflitto di interesse attraverso la deduzione dei documenti fiscali.
Sul piano previdenziale il blocco degli adeguamenti pensionistici genererá appiattimenti e livellamenti insanabili con il rischio di non sottovalutabili ricorsi alla giustizia civile.
La inammissibile situazione del precariato nella intera pubblica amministrazione che non trova soluzione nonostante i costi siano giá a bilancio, quindi senza oneri aggiuntivi rispetto a quelli sostenuti dalla finanza pubblica. La cancellazione della vice dirigenza come area intermedia operata con la spending review dopo la pronunzia del tar lazio che ne chiedeva il rispetto del dettato normativo.
Su questi problemi le forze parlamentari saranno chiamate a misurarsi nella XXVII legisatura che sta per aprirsi. Le riforme sono state imposte dall'alto senza alcuna mediazione, senza alcun dialogo senza quella partecipazione che è un pilastro della democrazia. La regole della economia e del mercato richiedono una pubblica amministrazione efficente e moderna, condizioni che si realizzano con il coinvolgimento dei soggetti e non con imposizioni.
Sen. Maurizio Eufemi Giá senatore nella XIV e XV legislatura
Roma 14 febbraio 2013 | ||||||||||||||
Associazione degli ex Parlamentari della Repubblica
Giornata di studio sul linguaggio politico e parlamentare
Roma, 12 febbraio 2013 ore 9,30 - 13,30
Intervento dell’ On. Gerardo Bianco Presidente dell’Associazione
ex Parlamentari della Repubblica Sono stati invitati i Presidenti di Camera e Senato
(XI e XV Legisalatura Camera dei Deputati).
Prof.ssa Franca Orletti Fra scritto e parlato. Problemi di
trascrizione dei dibattiti parlamentari.
Dibattito ------------------------------------------------------------------------------------------------
Intervento del sen. Maurizio Eufemi potete vedere il video su YouTube qui
Condivido i rilievi appena epressi dal sen Zanone sugli eccessi di anglicismi. Tra questi non dimentichiamo window dressing che per e banche ha finito per assumere un significato un pò diverso rispetto all'abbellimento del bilancio in senso stretto. Ma torniamo alle sollecitazioni delle relazioni. Riprenderò alcune indicazioni poste dalla Professoressa Orletti, sul rapporto scritto-parlato e sulle innovazioni nella resocontazione, dal Prof. Giovanardi sugli slogan elettorali, e da ultimo dal Dott. Garzia sul mutato ruolo della stampa.
Le smentite, anche rilevanti, anche ripetute, sono correzioni agli errori di comunicazione e a volte della guerra mediatica tra uffici stampa, di ghost writer dove prevale la ricerca del colpo ad effetto in velocità piuttosto che non la ricerca di un linguaggio più meditato. Le innovazione tecnologiche, sia interne realspeaking, parlato-digitale, ma anche powerpoint come abbiamo visto stamane nelle illustrazioni delle relazioni D’Achille, Di Carlo e Cortelazzo, che esterne, in particolare la diffusione satellitare, diretta streaming e perfino twitter e facebook stanno producono effetti anche sul linguaggio parlamentare anche per i minori tempi a disposizione dei parlamentari, per effetto delle riforme regolamentari. L’intervento è diventato più televisivo, più diretto; le frasi ad effetto prevalgono sui ragionamenti più complessi.
Si parla a volte più per fuori che per dentro.
Gli interventi d’Aula o di commissione vengono fortemente influenzati dalle notizie in real time con il rischio di condizionare ciò che richiederebbe, soprattutto nel linguaggio, maggiore ponderazione. La stessa diffusione è più diretta che in passato. Riprendendo le considerazioni della prof. Orletti che si è soffermata sul processo di resocontazione, va sottolineato come oggi più di ieri venga completamente saltato il “processo” quello di resoconti e quindi delle agenzie di stampa più orientate e anche costrette a diversificare il prodotto informativo. Il resoconto assume più il valore di prova sulle parole pronunciate soprattutto in caso di incidenti o di insulti o di frasi indecorose. Rispetto a questo fenomeno se ne riscontra un altro opposto. Nelle commissioni di indagine conoscitiva o di inchiesta parlamentare o anche nelle audizioni è ormai diffuso il fenomeno di ritardare l'uscita dei resoconti. La questione assume rilevanza non solo agli effetti della immediatezza rispetto ai contenuti. E’ invalsa l'abitudine di sottoporre agli auditor il testo per la correzione che può essere edulcorato cambiato sostanzialmente modificato in aspetti essenziali stravolgendo il significato dell'intervento. Soprattutto dove il resoconto non è immediato il linguaggio viene filtrato non è qui di immediato nella interezza. Quante volte abbiamo assistito a notizie di rilievo mediatiche ma ridimensionate per incapacitá o per disattenzione. Altre volte invece solo la professionalitá di giornalisti ha permesso di realizzare autentici scoop. Ricordo a titolo di esempio una comunicazione del Ministro del Tesoro sulla vicenda del Banco Ambrosiano in una giornata di scarso rilievo parlamentare. Il giorno successive un giornale quotidiano fece un titolo di grande effetto per la capacità di quell giornalista di cogliere il significato delle parole contenute nella comunicazione parlamentare . Il passaggio dal discorso scritto a quello parlato ha impegnato costantemenre la professionalitá dei resocontisti, di operatori professionalmente elevate nella conoscenza della lingua, della stilistica, dela procedura parlamentare, della stessa politica o del linguaggio della politica, perchè l'uso di una parola al posto di un'altra finisce per assumere significati o valori diversi. Le trasformazioni hanno accorciato di tempi di diffusione degli atti parlamentari. In passato erano previste cinque settimane per avere la pubblicazione. Oggi I programmi di editor consentono notevoli risparmi sia nella fase della composizione che della stampa con un dialogo forte tra fase iniziale e fase finale. Non c'è solo l'Aula, dove si concentra la attenzione mediatica. Una audizione del Ministro dell'economia può assumere grande valenza. Una volta ad una domanda imbarazzante di un linguista eminente come Tullio de Mauro " ma resocontate proprio tutto?" Si rispose impudentemente il resocontista. Si tutto!. Beh proprio tutto no. E’ stato rilevato da Dario Cassanello che “non vengono registrate parti non secondarie del dibattito che sono i tratti sopra segmentali, cioè le interiezioni, esclamazioni, intonazioni, e per converso i legamenti, atteggiamenti, segni e via elencando: insomma quei comportamenti vocali o di gestualitá che fanno forte presa sul segmento parola che sottendono e rappresentano il fascino del linguaggio parlato così vero e vivo nei confronti del linguaggio scritto”. (1) Perchè v’è una differenza tra discorso a braccio e discorso scritto. C'è una pulizia del testo ed è positiva. Basti pensare ai dibattiti sui documenti di bilancio ove è forte il tecnicismo e dove prevale la immediatezza. Rappresentare le parole non è facile. Poi vi sono le allusioni. Poi vi sono i silenzi. Che possono essere quelli del parlamentare interrogante o del membro del Governo sui quesiti e sulle richieste della Presidenza. Come vengono rappresentati? . Il silenzio è stato studiato in 58 ragioni (Eduard Limbos, L’animazione socio-culturale, Armando Editore) nelle diverse implicazioni e nei momenti in cui è consentito intervenire.
A volte il silenzio anche in Parlamento, assume un significato più forte di tante parole.
(1) Camera dei Deputati, La stenografia in Parlamento, 1987 Roma
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da sinistra:
prof. Giovanardi
da sinistra:
dott.ssa Di Carlo, prof.
D'Achille, prof. Giovanardi
sala Colonne | ||||||||||||||
1948 - 2013 ...65 anni in prima linea Giovedì, 7 febbraio 2013
RIPRENDIAMOCI IL PRESENTE
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FEDERAZIONE FRA LE ASSOCIAZIONI ED I SINDACATI NAZIONALI DEI DIRIGENTI, VICEDIRIGENTI, FUNZIONARI, PROFESSIONISTI E PENSIONATI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E DELLE IMPRESE SINTESI DEL PROGRAMMA ELETTORALE DELLA FEDERAZIONE DIRSTAT Segretario Generale della Dirstat/Confedirstat - Dott. Arcangelo D’Ambrosio RIFORME STRUTTURALI= almeno + 3 punti di PIL Sono riportate ampiamente, su Riforma Amministrativa di dicembre 2012: evasione fiscale, acquisto di aerei militari, capitali all’estero, sanità ecc. (vedi sito: www.dirstat.it). Per quanto riguarda invece, il problema della casa, è strano (e diciamo solo questo) che non si intuisca l’importanza strategica di una positiva soluzione del problema, sia ai fini della crescita delle famiglie, sia ai fini dell’economia. Costruire case per la famiglia significa mettere in movimento un settore vitale per tutta l’economia del Paese (infrastrutture, mobili, elettrodomestici, illuminazione, energia ecc.): purtroppo dobbiamo pensare che non si vogliono creare “dispiaceri” ad alcuni centri di strapotere, presenti anche fisicamente nei “listini elettorali”. Per risolvere il problema “casa” basterebbe rivisitare, aggiornandole, le leggi Tupini, Aldisio e Fanfani, che hanno permesso la ricostruzione del Paese nel dopoguerra, senza dimenticare la “legge Goria” (Giovanni Goria, Presidente del Consiglio dei Ministri, più volte Ministro del Tesoro). Nel “piano casa” dovrebbe rientrare la riqualificazione delle aree urbane periferiche e i lavori per il decoro delle abitazioni del centro. PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Efficienza= almeno 2 punti del PIL Per la Pubblica Amministrazione, al di là delle facili promesse, è stato fatto poco, di concreto, per renderla più efficiente, più trasparente e a servizio reale dei cittadini e dell’utenza. Di seguito, si riportano in sintesi, alcuni punti programmatici, già sviluppati sui giornali e nei siti della Federazione, riportati anche da numerosa stampa nazionale e emittenti televisive. DIRIGENZA Non sembra possibile avere una dirigenza pubblica indipendente, autonoma, snella e efficiente, se non si elimina lo sconcio dello spoil system, sulla cui soppressione si sono sempre dichiarati favorevoli tutti i partiti, nessuno escluso, con il risultato evidente che, sinora, si è proceduto ad attribuire posti dirigenziali a tesserati di partiti politici, familiari (famiglie vere ed allargate) “galoppini” elettorali, che anche dal “rango” di autista, sono divenuti dirigenti generali, senza averne né le capacità, né i titoli di studio e /o di cultura. Ciò non è avvenuto invero, solo nell’Amministrazione dello Stato e nella Pubblica Amministrazione in genere, ma anche nei posti di vertice di società partecipate e non: per verificare basta “scandagliare” i siti di Finmeccanica, Fincantieri, Enav… Altro problema è quello della rivisitazione della responsabilità oggettiva dei dirigenti, che va ridimensionata e circoscritta a particolari casi. Al dirigente va riconosciuto, in poche parole, uno stato giuridico appropriato alla funzione pubblica che svolge: la confusione fra pubblico e privato va eliminata perché non in linea con il precetto costituzionale. Occorre inoltre rivedere i contenuti della polizza assicurativa sulla responsabilità civili dei dirigenti, in quanto, attualmente, l’insufficienza di tale polizza, impone ai dirigenti ulteriori sacrifici finanziari per integrarne l’inadeguatezza. Per le nomine di vertice occorre poi ricorrere ad una seria valutazione dei titoli di servizio e di studio, fermo restando la riserva, a concorso, del 50% dei posti disponibili di dirigente di 1ª fascia, norma già in vigore e disattesa. Per tutti i dipendenti (e non solo per i dirigenti) deve essere prevista, inoltre, una polizza sanitaria integrativa, come quella di cui godono, ad esempio, i dipendenti dell’Aran e di altre Amministrazioni dello Stato. AREA QUADRI Risulta “non funzionale” l’equiparazione del settore pubblico a quello privato, perché nel primo non c’é corrispondentemente un’area quadri, già rappresentata dal ruolo dei funzionari direttivi. Il Parlamento Europeo segnalò, al Governo italiano, la necessità di tale istituzione, a seguito dell’audizione chiesta e ottenuta dai vertici della Dirstat: tale area, prevista per legge dal 2002 e definita “Vicedirigenza”, è stata eliminata dal Governo Monti, con l’abrogazione della norma relativa. L’area quadri permetterebbe, fra l’altro, alle Amministrazioni, di sostituire temporaneamente il dirigente o attribuirne funzioni vicarie, senza favoritismi, finalizzati a mettere a posti di vertice “amici di comodo” legati al politico di turno, con buona pace di una amministrazione trasparente e “terza”. La proposta dell’area quadri formulata dalla Dirstat è esplicata nell’A.C. 5576 INIZIATIVE PARTICOLARI Maggiore attenzione va dedicata ai Corpi di Polizia e alle Forze Armate, soprattutto al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, che elogiato, a parole, non vede ancora tradotta in forma concreta l’equiparazione con le altre forze di polizia e le forze armate. Va risolto, poi, il problema del personale sanitario (medici) del Ministero della Salute, che pur essendo “dirigente” non ha ruolo proprio, per comportamenti contrari e poco trasparenti all’interno dello stesso Ministero. In questo quadro si segnala il caso paradossale della Direzione generale della Sanità Militare, soppressa nonostante la contrarietà a tale iniziativa, documentata; da parte della Dirstat e nonostante il Sottosegretario pro-tempore della Difesa, On. Crosetto, avesse condiviso le argomentazione della stessa Dirstat. Siamo lieti di sapere che la suddetta Direzione generale sarà ripristinata, ma nel frattempo l’utenza ha subito danni gravissimi ed evitabili e nessuno ripiana il danno erariale causato dall’inefficienza. IL PROBLEMA DEI PRECARI Risolvere il problema dei precari farebbe aumentare di almeno di 2 punti il PIL: chi non capisce questo, smetta di fare politica. E’ tema importante e uno dei tanti problemi su cui chiediamo una risoluzione immediata. Non riusciamo infatti a capire perché questo personale, già pagato direttamente o indirettamente dallo Stato, che versa regolarmente i contributi previdenziali e assicurativi, al fine per essere inquadrato in ruolo, dovrebbe gravare sulle pubbliche finanze (come asseriscono erroneamente le relazioni tecniche di spesa). D’altra parte se questi precari sono presenti nella Pubblica Amministrazione, vuol dire che svolgono sicuramente una funzione o un lavoro: allora servono. Poiché non siamo ingenui, abbiamo invece capito che le varie cooperative che operano nei Ministeri, comprese le società per i lavoratori interinali, lucrano su tale “stato delle cose”, operando come vero e proprio “caporalato”. Non si tratta più, quindi, di problema di bilancio, ma di situazione che chiederebbe forse un attento intervento della guardia di finanza e della magistratura ordinaria e contabile per accertare il perché di questa “anomalia”. PRECARI Il 40% dei posti riservati nei pubblici concorsi ai precari e’ una ulteriore presa in giro da parte del governo L’annunciata riserva del 40 per cento dei posti nei pubblici concorsi riservati ai precari è un’ulteriore presa in giro per gli interessati e per i cittadini utenti da parte di questo Governo. Per non essere cattivi, ricordiamo a questo Governo che quasi tutti i concorsi espletati dal 2006 in poi non sono stati ancora chiusi, nel senso che non sono stati assunti nemmeno i vincitori: precisiamo che stiamo parlando di vincitori e non di idonei che pur avrebbero, in parte, diritto all’assunzione stessa.
A conti fatti per ragionamenti non
utopici, il 40% dei posti riservati, per il momento e per anni non
esisterà, in quanto, nei prossimi concorsi (quando e se si faranno)
il 40% scatterebbe su pochi posti disponibili. Per i “matematici” al
Governo: il 40% di zero fa “zero”. PENSIONI TRUFFA DI STATO: in 10 anni perdita del potere d’acquisto di almeno il 30%. L’aumento generalizzato delle pensioni equivale a 2 punto di PIL in più La vergogna mediatica dei mass-media, spesso in mala fede, mette in atto una campagna che definire criminale e mafiosa è un puro eufemismo. Alla luce di quanto su chiarito, nessun pensionato è a carico di nessun lavoratore in attività: non esiste quindi nessun “Anchise” e nessun “Enea”. Fomentare una lotta/ controversia generazionale basata su falsi presupposti è da delinquenti. Quasi tutti i parlamentari della cosiddetta seconda Repubblica avevano promesso, in campagna elettorale, l’adozione di un nuovo “paniere” di beni e servizi, su cui calcolare l’indicizzazione delle pensioni all’indice ISTAT. - Invece per il 2013 l’irrisorio aumento del 3%, correlato all’inflazione, viene attribuito solo alle pensioni che non superano tre volte il minimo, cioè 1.443 euro al mese, mentre i trattamenti cosiddetti medio-alti (dal sergente al direttore generale, tanto per intenderci) sono esclusi da tutti gli aumenti. - Nelle rare volte poi che le pensioni sono state aumentate, nell’ultimo decennio, gli aumenti sono stati attribuiti con percentuale decrescente man mano che la pensione aumentava, violando palesemente la Costituzione, come dimostreremo in seguito. - si aggiunge poi che, dall’anno scorso, le cosiddette pensioni medio-alte hanno subito un taglio del 5 o del 10% che durerà sino al 2014: l’identica ritenuta operata sui trattamenti, dei dipendenti in servizio, è stata cancellata dalla sentenza n. 223/2012 della Corte Costituzionale. L’INCOSTITUZIONALITA’ DEL BLOCCO DELLE PENSIONI E DEL PRELIEVO STRAORDINARIO SULLE STESSE Premessa Le pensioni sociali o cosiddette minime, sono basse, bassissime, anzi vergognose, ma avrebbero dovuto gravare sulla fiscalità generale (perché per esse non è stato versato alcun contributo) e invece gravano sui fondi pensionistici di coloro che i contributi li hanno versati, facendo paradossalmente da termine di paragone: succederà tra poco, che le più basse pensioni contributive faranno “blocco” unico con le pensioni sociali, di modo che si avrà una pensione unica nazionale di “sovietica” memoria. Il “sacco” delle pensioni, complici alcuni sindacati, risale al “patto scellerato” del periodo del “consociativismo” che ha consentito, ai politici “pro tempore” di attingere, a piene mani nei fondi dei pensionati, lucrando in seggi e voti di scambio. Come contropartita i sindacati hanno conservato il privilegio della non obbligatorietà dei bilanci certificati e quello di poter licenziare i loro dipendenti come e quando vogliono (con buona pace per lo Statuto dei Lavoratori). E’ nota inoltre la miriade di sindacalisti premiati con un seggio al Parlamento, benché alcuni di costoro semplicemente inadeguati al ruolo.
Nota PROVVEDIMENTI CHE INVECE DI GRAVARE SULLA FISCALITA’ GENERALE HANNO DEPAUPERATO I FONDI PENSIONI
Il Segretario Generale Dirstat-Confedirstat Dott. Arcangelo D’Ambrosio | ||||||||||||||
Articolo su "Corriere della sera" del 29 gennaio 2013 che rende giustizia alla veritá riconoscendo il mio ruolo nell'azione parlamentare su fondazione MPS e legami con la politica
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Atto Senato -
Interrogazione a risposta oral presentata da MAURIZIO EUFEMI mercoledì 17 ottobre 2007 nella seduta n.231 EUFEMI, BONFRISCO, SILVESTRI - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che: la crisi dei mutui subprime sta determinando gravi conseguenze e un pericoloso contagio sui mercati internazionali; stanno emergendo i sottovalutati pericoli sull'utilizzo di strumenti di finanza derivata, che presentano notevoli rischi soprattutto per quanti non ne conoscono a sufficienza i meccanismi di funzionamento; è emerso, altresì, che anche gli enti locali si sono contraddistinti nell'utilizzo di tali strumenti per la gestione del debito, con gravi conseguenze sul futuro dei bilanci, fattore che alimenterà il già costoso indebitamento locale, si chiede di sapere: quali siano le dimensioni dell'utilizzo degli strumenti di finanza derivata da parte degli enti locali (Regioni, Province, Comuni); quali siano le valutazioni del Ministro in indirizzo su tale situazione; quale sia l'elenco degli enti locali che hanno fatto ricorso a strumenti di finanza derivata, l'ammontare delle operazioni ed il livello dell'indebitamento relativo; se non ritenga di assumere iniziative anche urgenti per sospendere l'utilizzo di tali strumenti da parte degli enti locali, in attesa della piena conoscenza di tale fenomeno; anche in ragione di quanto emerso nell'intervista a "Report", quale sia stato il ruolo del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali Lanzillotta, quale consulente di JP Morgan nei rapporti con la pubblica amministrazione italiana; se tale rapporto non abbia incentivato la pubblica amministrazione all'uso di strumenti di finanza derivata. (3-01013) | ||||||||||||||
lettera al Direttore del Corriere della Sera a proposito della vicenda Monte dei Paschi di Siena Monte dei Paschi di Siena: le responsabilità della politica.
Sergio Rizzo, muovendo dal caso di MPS affronta con chiarezza il problema “vero”, quello del legame tra politica e banche. Per un esame obiettivo della situazione dobbiamo rivedere alcune scelte della politica soprattutto degli ultimi anni. Non entro pertanto su strategie di investimento sbagliate e su una gestione opaca e su conseguenti responsabilità. Mi preme solo ricordare per amore di verità una decisione che forse avrebbe evitato conseguene successive. Ad essa possono essere fatte risalire responsabilitá politiche. Con la legge sul risparmio 262 del 2005 fu introdotta la norma che imponeva alle fondazioni bancarie di limitare i diritti di voto al trenta per cento in linea con quanto indicato dalla legge Ciampi. Evitava il controllo pieno della banca e diminuiva I pericoli di eccessiva concentrazione del rischio. La norma fu approvata con il voto favorevole di due esponenti del Pd che coraggiosamente votarono in dissenso dal gruppo DS Democratici di Sinistra; ricordo Franco De Benedetti e Nicola Latorre. Quella norma fu cancellata dal governo Prodi attraverso l'uso improprio della delega prevista in quella stessa legge. Quell'uso avvenne attraverso un parere espresso in commissione Finanze su un decreto legislativo, da un solo ramo del parlamento, la Camera dei Deputati, perchè il Senato riuscì a non esprimerlo. Non mancarono in quella occasione situazione di conflitto di interesse in chi apparteneva al sistema delle Fondazioni. Ma questo può far parte dell’etica pubblica. Il Gruppo dell’Ulivo con un voto parlamentare si assunse la responsabilitá politica di quella decisione. Quella norma sostanziale, con una evidente forzatura, con un uso disinvolto del concetto di coordinamento, fu quindi cancellata con un parere in Commissione, su un solo ramo del parlamento su un decreto legislative!. Tutto ciò nel silenzio dei grandi costituzionalisti così attenti ai punti e alle virgole del diritto parlamenare. Quella scelta politica aveva molti sponsor interni ed esterni al Parlamento, oggi stranamente silenti e non fu neutrale rispetto alla evoluzione di MPS . Quella norma, se applicata correttamente, avrebbe consentito un maggiore grado di apertura della banca senese con la presenza di nuovi investitori, una diversa articolazione degli amministratori e degli organi di controllo, quindi una maggiore trasparenza complessiva rispetto alle decisioni di investimento. Senza affrontare la questione della italianità e della contendibilità. Il risultato sarebbe stato ben diverso da quello poi negativamente registrato, perchè la Fondazione MPS avrebbe ottenuto notevoli guadagni dalla vendita di parte delle azioni ad un valore che 7 anni fa quotava 3,8 euro e minori apporti rispetto alle successive onerose ricapitalizzazioni. Questi sono i risultati di scelte strategiche e non solo gestionali. La Fondazione ha difeso strenuamente il controllo della banca con costi finanziari, economici e sociali altissimi per la comunità locale innanzitutto e di riflesso per il Paese ed è il riflesso del legame tra politica e banche ed impone di conseguenza di rivedere anche il ruolo delle Fondazioni di origine bancaria e della loro autoreferenzialità. Con viva cordialità Maurizio Eufemi (già senatore nella XIV e XV legislature e relatore in Senato della legge 262/2005 sul risparmio) Roma, 24 gennaio 2013 | ||||||||||||||
Pezzotta abbandona l’UDC Solo chi non ha seguito la storia personale sia politica che sindacale di Savino Pezzotta può stupirsi della rottura tra il leader della Rosa bianca e l’UDC. Non va dimenticato che Savino Pezzotta era tra i fondatori della Unione di Centro dopo la chiusura della esperienza dell’unione dei democratici cristiani. La trasformazione dell’acronimo ne ha anche mutato il significato con un progressivo cambiamento di ispirazione, di strategie, di valori. E Savino Pezzotta lo ha bene spiegato senza sottrarsi ad una chiara assunzione di responsabilità. Lo aveva fatto nei mesi scorsi nei suoi scritti su Camaldoli.org. Lo ha fatto oggi manifestando il suo disagio per la assenza di spread sociale nella agenda Monti; così come la scarsa attenzione alle problematiche sulla famiglia. Per chi è stato il portavoce del family day tutto ciò deve essere apparso insopportabile. Ha dimostrato coerenza tra le parole pronunciate alle famiglie convenute da tutta Italia nella piazza di San Giovani e l’impegno personale politico. E lo ha fatto con una dimostrazione di stile. Non è andato a comunicarlo al leader maximo dell’UDC, Pierferdinando Casini. No. Lo ha comunicato a Lorenzo Cesa, il Segretario Politico. In quel gesto ha voluto sottolineare il rispetto delle regole e delle cariche dalle quali non ci si può dissociare. C’è un elemento misterioso e incomprensibile in questo vicenda. L’UDC rinuncia a Pezzotta, alla forza delle sue idee e, al contrario, preferisce avere Adornato come capolista tutelato nelle circoscrizioni elettoralmente più garantite. Non possono balzare agli occhi le profonde differenze. Due storie completamente diverse. Pezzotta è un protagonista del cattolicesimo sociale e democratico. Meritava più rispetto. Adornato approda al centro di Casini dopo un percorso zigzagante sinistra- destra berlusconiana fino a scoprire come approdo finale il centro di Casini. Misteri della politica. Roma, 18 gennaio 2013 | ||||||||||||||
Associazione Partigiani Cristiani (Con preghiera di diffusione) Il Consiglio Nazionale dell’Associazione Partigiani Cristiani ha preso importanti decisioni sul programma da svolgere nell’anno 2013. Dopo un ampio dibattito seguito alla relazione del Presidente, On. Giovanni Bianchi. I Partigiani Cristiani si impegneranno a fare una campagna contro l’astensione dal voto, chiedendo a tutte le associazioni cattoliche di partecipare a questa mobilitazione della coscienza civica. Questa azione sarà proposta all’attenzione del Presidente della CEI, Cardinal Bagnasco. Una lettera su questo programma è stata inviata al Presidente della Repubblica. Nella sua relazione il Presidente, On. Giovanni Bianchi, ha spiegato lo stretto collegamento fra Resistenza e Costituzione. Ha citato la frase di Dossetti: “Se il fascismo significava priorità dello Stato sulla persona, la Resistenza significa priorità della persona sullo Stato”. Questo concetto è stato al centro della Costituzione con un accordo straordinario fra le culture cattolica, socialista e liberale, che ha permesso di approvare il testo quasi all’unanimità. Per sottolineare questa caratteristica importante della Costituzione i Partigiani Cristiani celebreranno l’”Anno Dossettiano”, ricordando anche il Dossetti partigiano sull’Appennino tosco emiliano. I Partigiani Cristiani parteciperanno con le altre Associazioni militari e partigiane al ricordo della rinascita dell’Esercito Italiano dopo la dissoluzione dell’8 Settembre 1943 nella battaglia di Monte Lungo a Mignano (l’8 dicembre 1943), in Campania. L’Associazione con un accordo stretto con le Acli costituirà dei Gruppi di Lavoro “Resistenza e Costituzione” per la preparazione dei giovani alla “buona” politica. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
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