...verso il Partito Popolare Europeo |
MAURIZIO EUFEMI è stato eletto al Senato nella XIV^ e XV^ legislatura già Segretario della Presidenza del Senato nella XVa Legislatura |
comunicati 2015 |
||||||||||||||||||
La commissione di inchiesta sulla truffa ai risparmiatori. La
stanno buttando in caciara. La proposta del PD Marcucci, sottoscritta da 41
senatori, di istituire una commissione di inchiesta sul credito dal 2000 ad
oggi è un tentativo di confondere le acque per distogliere l'attenzione
sulla vera questione della truffa operata ai danni dei risparmiatori. A
proposito tra le adesioni mancano le firme autorevoli del capogruppo Zanda e
di altrettanti autorevoli economisti ed
esponenti di spicco del PD capaci di leggere le carte. Qualche nome:
Guerrieri, Gotor, Mucchetti, così come i presidenti delle commissioni
Bilancio e Finanze sempre del PD Marino e Todini.
Qui si tratta di accertare
che cosa non ha funzionato nelle 4 banche salvate, i comportamenti dei
soggetti coinvolti, degli amministratori, quelli delle autoritá di
vigilanza, e i meccanismi di intervento. Quindi tempi brevi e soluzioni
idonee.
Casini, come ascoltato sostenitore del premier, ieri ha cercato di
mettere in guardia dalla soluzione proposta essendo ben conscio dei
rischi che potrebbe correre la maggioranza. Pur non condividendo nulla
di ciò che Casini dice e fa, però ieri ha colto i pericoli. |
||||||||||||||||||
Scandali
di ieri e quelli di oggi
Roma, 13 dicembre 2015 |
||||||||||||||||||
COMUNICATO STAMPA Mario Tassone: Conferenza nazionale CDU 12/12/2015, l’obiettivo è realizzare un nuovo soggeto politico federato di Centro Si è svolta ieri a Roma, presso l'hotel RADISSON, la Conferenza Nazionale del Nuovo CDU - Cristiani Democratici Uniti “Dall’Io al Noi: sovranità e partecipazione della società”. L'assemblea, sentita la relazione del Segretario politico onorevole Mario Tassone l'ha approvata, impegnandolo a svolgere ogni azione al fine di un coordinamento con i vari soggetti politici e movimenti con cui è in atto un confronto per realizzare un nuovo soggetto politico federato di centro, con l'obiettivo di presentarsi alle prossime scadenze elettorali amministrative e politiche. L'assemblea ha, inoltre, dato mandato al presidente Sen. Iervolino, di convocare, subito dopo la pausa delle festività natalizie, un Consiglio Nazionale dove verranno esaminati i documenti presentati durante i lavori. Sono intervenuti il Sen. Mario Mauro dei Popolari per l’Italia, il Sen. Gaetano Quagliariello di Idea, il Dr. Pino Bicchielli di Italia Unica, il Dr. Giancarlo Travagin di Alleanza Democratica, l’On.le Ignazio Cozzoli dei Conservatori Riformisti, il Dr. Nino Luciani della Democrazia Cristiana Nuova di Alessi ed i Rappresentanti della Federazione Solidarietà Popolare dell’On.le Gianni Fontana, del Movimento 20 Giugno e della Democrazia Cristiana dell’On.le Sandri. Roma, 13/12/2015 --------------------------------------------------------------------------------------------------- Conferenza Nazionale del nuovo CDU DALL’IO AL NOI – LA SOVRANITA’ E LA PARTECIPAZIONE DELLA POLITICA Sabato 12 DICEMBRE 2015 Hotel Radisson Blu - Roma
videoregistrazione dell'intervento:
https://www.facebook.com/ intervento di Maurizio Eufemi Oggi siamo qui perché vogliamo tenere alto il vessillo della idea popolare portata avanti dal CDU con lo spirito di Rovereto, di Torino, di Orvieto, che è quello della riaggregazione, rifiutando indifferenza e rassegnazione. Il titolo racchiude bene il significato dell’incontro odierno. La presa d’atto della fine di una stagione politica costruite sulle leadership che hanno azzerato partecipazione e confronto democratico che hanno portato a disaffezione ed astensionismo. E’ crisi di leaderismo e di partiti personali che hanno dimostrato limiti vistosi. Oggi ritroviamo tanti amici con i quali percorrere un altro cammino perché non possiamo né silenti, né spettatori passivi, ma giocare la partita con la squadra e con le idee. Per contare è però necessario contarsi.! Abbiamo il dovere ricostruire il tessuto politico, lavorando sul territorio. Non siamo stati fermi. Abbiamo sempre operato anche da posizioni difficili e nell’oscuramento dei media. E in questi due anni soprattutto abbiamo cercato di ricostruire una casa distrutta da ambizioni di taluni, da interessi di altri, e da errori di altri ancora. Cari amici dobbiamo essere franchi. Non ci devono essere ambiguità. Abbiamo un concetto alto di libertà. Lo dico dopo avere ascoltato il Sen Quagliariello. Quando nel 2005 votammo la riforma costituzionale Calderoli, noi del CDU con Iervolino, Gubert e tanti altri mettemmo in minoranza il Presidente del Gruppo - relatore di quel provvedimento che era D’Onofrio, uno del patto di Lorenzago, ed è tutto dire per significare la difesa di talune idee sulle istituzioni in quel caso difesa del ruolo, delle funzioni competenze del Senato. Vogliamo ricostruire una casa con mura solide, di cui il CDU è una pietra d’angolo perché ancorati ai valori sturziani e degasperiani. Sono i valori della onestà, della solidarietà e della partecipazione. Non veniamo da comode posizioni di governo. Ai tanti distratti ricordiamo solo che facevamo opposizione anche quando eravamo maggioranza, perché non ci si può adagiare. Questo per dire che ci voleva un pò più di coraggio su una riforma costituzionale- elettorale devastante e pericolosa. Non è sulla politica economica accettavamo tutto il precotto preparato da Tremonti. Lo stesso va detto per le scelte di finanza pubblica da chi ha accettato i governi Monti Letta e Renzi è adesso si sveglia tardivamente per prenderne le distanze. La frittata è fatta e le uova sono state rotte è difficile ricomporle. È la ricetta che è sbagliata. Si è puntato sui bonus discrezionali, sui numeri tondi che colpiscono l'immaginifico, 80, 500, 1.000, piuttosto che su vere riforme fiscali. Ci si è dimenticati completamente del Mezzogiorno. Si è inseguita la Merkel sugli automatismi piuttosto che sulle politiche di coesione e sussidiarietá. Noi dobbiamo seguire la strada del popolarismo piuttosto che quella delle elites che si credono illuminate del sapere di imporre la strada. Non siamo il gregge. E’ stato lanciata una nuova formazione l’Idea. Preferiamo il plurale: le idee. Il popolarismo è condivisione, è pluralismo, è partecipazione è solidarismo. In questa nuova casa, più grande, aperta ai volenterosi, non c’è però spazio per opportunisti o per chi dopo avere preso il nostro sangue è pronto poi a tradirci saltando sul carro di vincitori e vendersi per un piatto di lenticchie. Non servono patti siglati dal notaio. Basta una stretta di mano. Vogliamo amici generosi, disposti al sacrificio, a svolgere un ruolo di opposizione ferma, decisa senza compromessi. Scriveva Sturzo le vittorie non sono nostre ma dell’idea, le sconfitte sono nostre non dell’idea. Ecco non dobbiamo compiere errori. Dopo il tempo della diaspora è venuto il tempo della riaggregazione, della ricostruzione, ma abbiamo il dovere di scegliere bene i compagni di strada. La convergenza deve avvenire sugli obiettivi e sui programmi con un profilo chiaro non contraddittorio. E’ preferibile essere pochi, ma buoni, piuttosto che annacquarsi in aree, in programmi lontani dai nostri valori. Lo facciamo con quanti in questi due anni hanno condiviso le nostre scelte sul terreno della opposizione alle riforme e alla linea di politica economica del governo. Lo facciamo con quanti sono qua. Ormai Palazzo Chigi sembra ormai diventato un centro di produzione televisiva di immagini del premier, ieri impegnato in una conferenza stampa al mattino, poi a un convegno alla Accademia dei Lincei e alla sera alla Leopolda. Una sovraesposizione unita a sovrapposizione di ruoli. Consigli dei ministri che decidono tanto e durano poco tempo, dimostrando l’assenza di qualsiasi approfondito confronto tra i titolari della responsabilità politica che sono i Ministri svuotati di ogni azione accentrata a Palazzo Chigi. Così come è stato con il decreto domenicale sulle banchem durato solo 23 minuti, dimostrando l'assenza di qualsiasi serio approfondimento e di confronto tra i titolari della responsabilitá politica che sono i ministri, svuotati di ogni azione, perchè accentrata a Palazzo Chigi. De Gasperi al primo congresso DC rispetto al potere dello Stato aveva l'umiltá di dire cosa è il Governo e " vi posso parlare della limitatezza della possibilitá che possono avere 18 nomi che deliberano leggi e decreti preparati dalle burocrazie". Così è stato il decreto domenicale sulle banche con il disgustoso scaricabarile. Prima di tutto viene il risparmio.!! Prima di tutto viene la fiducia della gente che non può essere tradita da comportamenti truffaldini. A Domenico Orsini, vorrei ricordare le battaglie parlamentari del 2005 sulle obbligazioni strutturate e sul MPS. Ci dovrebbero fare un monumento a piazza del Campo per non avere recepito le nostre indicazioni. La convergenza è innanzitutto con quanti respingono i programmi di questo governo a cominciare dalla riforme costituzionali ed elettorali e il renzismo come metodo. Siamo ormai al governo delle minoranze Dove sono finiti i partiti, si chiedeva Prodi, nei giorni scorsi e quanta debolezza dei sindacati. Come cdu abbiamo sottoscritto i ricorsi in tribunale sul’Italicum con 14 motivazioni e parteciperemo alla campagna referendaria su una legge che con pochi consensi da il massimo del potere senza quei bilanciamenti indispensabili all’equilibrio costituzionale. Perché vogliamo difendere le istituzioni e si vogliono distruggere i rappresentanti del popolo. Si sta tornando alla politica delle caste. Una legge che con il disposto dei collegi produce nominati e dunque svuota la partecipazione. Perché vedete amici, solo un forte impronta culturale ci consente di vincere la battaglia delle idee. Solo un forte ancoraggio ai grandi pilastri culturali della nostra tradizione ci consente di affrontare la sfida politica. Non ci affidiamo a tesi semplicistiche, ai twitter, noi vogliamo guardare in faccia la gente ed è per questo che da ogni regione, da Torino a Messina dal Veneto al Gargano, siamo qui. Vogliamo recuperare i valori del popolarismo che non sino tramontati, ma sono più attuali che mai, sono quelli che pongono attenzione verso i più deboli, verso gli altri, verso chi è in difficoltà e fa crescere non pochi ma molti e la società in tutti i suoi segmenti. Non ci può essere sovranità senza mediazione con il corpo sociale. Una sovranità messa in crisi sul piano teorico da teorie costituzionaliste e sul piano pratico dalla incapacità di essere nello stato moderno, unico e autonomo centro di potere e che viene messa a dura prova dalle interdipendenze fra gli Stati. I poteri sono stati corrosi da comunità sovranazionali imponendo i diritti sovranazionali. Sta venendo meno la grandezza della sintesi tra potere e diritto. V’è ormai una sovranità nazionale solo fittizia, una sovranità limitata sul problema delle frontiere, degli immigrati, da istituzioni sovranazionali, dalla BCE, dalla moneta europea, con poteri nazionali svuotati incapaci di affrontare lo stato di eccezione che revoca la legalità (esempio provvedimenti in Francia) in una fase precaria di trasformazione e di globalizzazione senza assetti definitivi. Una sovranità che è limitata dai governi globali. Non si può trasferire tutto in alto. C’è la rottura dello spazio, dei confini, ma nello spazio globale si muovono altre forze che non possono essere bilanciate. Multinazionali con poteri senza controllo, senza popolazione e territorio, dunque senza sovranità, ma di un potere superiore. La crisi della sovranità è crisi della democrazia politica e della rappresentanza. Non un cultura dell’io, ma una cultura del noi. Rifiutiamo l’io dell’individualismo e della verticalità renziana, lo svuotamento di organi elettivi che portano al prevalere delle tecnostrutture, dei circoli chiusi delle consorterie, e sosteniamo il noi del partito plurale, della partecipazione, della biodiversità finanziaria, della solidarietà, una visione dei corpi intermedi, della comunità, di valori comuni e condivisi. In quel noi c’è tutta la nostra tradizione, cultura e la nostra storia e c’è il nostro avvenire. Partecipazione è presenza nella società. Siamo chiamati ad importanti appuntamenti elettorali in città. I risultati assumeranno un forte significato politico. Non dobbiamo annacquarci in posizioni contraddittorie con la nostra visione. Abbiamo l’ambizione di rigenerare la politica Riorientare la cultura politica, economica e sociale Reinterpretare lo Stato Sociale in senso virtuoso Riproporre strumenti di democrazia aggiornata. Abbiamo il dovere di credere e di crederci. Recuperare una cultura dell’ascolto, della responsabilità, della condivisione del rispetto reciproco. Vogliamo declinare un progetto Paese che indichi come priorità Il lavoro come valore sociale che realizza la dignità della persona umana Affrontare il problema del debito pubblico, questione dimenticata Ristrutturare la spesa pubblica Realizzare un fisco semplice e amico Definire i settori strategici su cui puntare, quelli a più alto valore aggiunto Non si risolvono i problemi complessi del Paese senza un coinvolgimento delle forze sociali come è stato nel 1993. Vogliamo una Europa dei popoli e dei valori non l’Europa del metodo intergovernativo e delle tecnocrazie. Vogliamo archiviare la fase dei leader carismatici che espropriano gli organi di partecipazione desertificando i corpi intermedi e rappresentativi come province, camere di commercio. Archiviare il partito mediatico che devitalizza le coscienze delle persone. Il nostro appello è quello di far emergere una nuova grande area politica e culturale plurale che valorizzi i territori che riaggreghi i frammenti della diaspora che si riconosca nella economia sociale di mercato Se sapremo fare questo con generosità avremo dato un contributo per la crescita del Paese. Siamo nell'anno giubilare. Tutti vogliamo andare sulla Via Francigena. Ma dove La imbocchiamo per arrivare al Monte Gaudio che ci consenta di vedere il traguardo? Roma, 12 dicembre 2015
|
||||||||||||||||||
Riflessioni su "Elogio della sovranitá politica"
Alcune riflessioni sulla presentazione del libro di De Giovanni " Elogio della sovranitá politica". Le riflessioni filosofiche dei relatori Polito, Bianco, Scoditti, Marramao, De Giovanni, sono diventate anche pressanti interrogativi dopo interventi così profondi che portavano a trasferire i ragionamenti alla attualitá, alle vicende del 13 novembre, ma anche alla crisi mediorientale, alla primavera araba, alla costruzione europea, alla BCE e tanto altro ancora. Come ha scritto Gerardo Bianco "con questo saggio De Giovanni affronta, dopo quello dedicato alla Democrazia di massa, un tema cruciale del pensiero politico, quello della Sovranità. Attraverso una rilettura attenta dei grandi autori che, lungo i secoli, hanno trattato l’argomento, egli riformula l’originario concetto hegeliano di Sovranità, ribadendone il necessario ruolo per l’organizzazione politica della società in una cornice di libertà costituzionalmente garantite. In una fase di “pensiero debole” che si riflette, con evidenza, nell’opaca “prassi politica” dei nostri giorni, il libro di De Giovanni, filosofo e politico che ha contribuito a dissolvere varie mitologie e ad aprire nuove prospettive, sollecita a riprendere in modo approfondito la riflessione sulle grandi questioni aperte della teoria politica. Lo scritto di Biagio De Giovanni restituisce dignità al ruolo dell’agire politico, fissandone anche il fondamento concettuale".
È stato anche detto della
espansione di una teologia dei diritti, ma chi dá a questi diritti il
fondamento se non c'è sovranitá. Non ci può essere sovranitá senza
mediazione con il corpo sociale.
Roma 25 novembre 2015
|
||||||||||||||||||
LETTERA
APPELLO AI POPOLARI ITALIANI
Ai tanti in prima linea nell'impegno
civile, nell'associazionismo politico e culturale e nell'animazione sociale. I promotori: Sen. Dott. Ivo Tarolli On. Rodolfo de Laurentiis Dr. Raffaele Bonanni On. Mario Tassone Dr. Ettore Bonalberti On. Gianni Fontana On. Luisa Santolini On. Mario Baccini On. Alessandro Forlani On. Nino Gemelli On. Renzo Gubert Prof. Gustavo Piga Prof. Andrea Tomasi Dr. Pippo Castronovo Prof. Antonino Giannone Jacopo Solaini Dr. Paolo Floris Maurizio Pilati Alessio Piazza Dr. Emanuele Pezzino Dr. Tiziano Melchiorre Avv. Paolo Voltaggio Dr. Mauro Carmagnola Dr. Amedeo Portacci Dr. Attilio Lioi Prof Luciano Pilati Dr. Marco D'Agostini On Potito Salatto Dott.ssa Rosanna Dr. Ilario Maiolo;Dr. E. Perriello;Dr. Antonio Di Matteo Dr. Sergio Torta Dr. Eugenio Antolini On.Publio Fiori Prof. Ulderico Bernardi; Dr. Leonardo Ranieri Triulzi; Dr. Luigi Bottazzi; Dr. Francesco Innaco. Dr. Roberto Rosso Dr. Stefano Bagozzi On. Maurizio Eufemi Sen. Mario Mauro Dr. Mirko De Carli Dott.ssa Lucia Scaffardi Dr. Francesco Marcato Luigi Bonanomi Alberto Vinzio Elena Sester Marcello Baldini Avv. Daniele Ricciardi Avv. Antonfrancesco Venturini Dott.ssa Caterina Grechi On. Luigi D’Agrò Sen. Riccardo Pedrizzi Dott.ssa Melania Boni Dr. Gabriele de Simone Dr. Andrea Giorgianni Dr. Lelio Alfonso Dr. Domenico Menorello Dr. Vittorio Zanini Dr. Riccardo Pilat Matteo Masé Valter Bonatti Prof. Nino Luciani Sergio Scarpino Giuseppe Criseo Gianfranco Tunis Dr. Alberto Alessi Dr. Francesco Pilieci Dott.ssa Barbara Casagrande Dr. Mario Petrillo, Augusto Ciampechini Dr. Monica Bomé |
||||||||||||||||||
Articolo di Dario Bego |
||||||||||||||||||
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto il 23 novembre 2015 al Quirinale una delegazione dell'Associazione ex parlamentari della Repubblica, guidata dal Presidente, Gerardo Bianco, e una delegazione dell'Associazione ex consiglieri regionali guidata dal Presidente, Aldo Bottin
|
||||||||||||||||||
Le ragioni del no alla riforma costituzionale. Sono motivazioni che superano l' appartenenza politica e partitica, ma risiedono nella visione dello Stato di ciascuno.
COMITATO PER IL NO
LE RAGIONI DEL NO
1. la vasta e complessa
riforma costituzionale che vi accingete a votare in quarta lettura, ma pur
sempre nell’ambito della prima deliberazione, è una riforma che, in coerenza col
nostro sistema di democrazia parlamentare, avrebbe dovuto procedere
dall’iniziativa parlamentare, e non dal Presidente del Consiglio dei ministri
Renzi e dal Ministro per le Riforme Boschi. Il che ha determinato inammissibili
interferenze da parte dei medesimi sulla libertà di coscienza dei parlamentari
in sede referente e in assemblea; e con modalità di approvazione che se
legittime per leggi ordinarie, non lo sono certo per le leggi di revisione
costituzionali. Come, ad esempio, l’asserita non emendabilità degli articoli
approvati sia da Camera che da Senato, che è bensì un principio valido per le
leggi ordinarie (art. 104 reg. Sen.) ma non per le leggi costituzionali.
2. Quella che vi accingete ad
approvare in seconda lettura, pur sempre nell’ambito della prima deliberazione,
è una revisione costituzionale che, alla luce della sentenza della Corte
costituzionale n. 1 del 2014 - dichiarativa dell’incostituzionalità di talune
norme del c.d. Porcellum -, non avrebbe dovuto essere nemmeno presentata in
questa legislatura. 3. Ancora: tale legge di revisione costituzionale è disomogenea nel contenuto, e pertanto contraria all’art. 48 Cost., in quanto costringe l’elettore ad esprimere con un solo voto il suo favore contestualmente a proposito sia delle modifiche alla forma di governo, sia delle modifiche ai rapporti tra Stato e autonomie locali, ancorché egli sia favorevole solo ad una delle due. Ripetendo così l’errore della riforma Berlusconi del 2005, che violava per l’appunto la libertà di voto dell’elettore.
4. Gravi e svariate sono poi
le perplessità che sollevano gli articoli fin qui approvati, molti dei quali -
come si dirà nel prosieguo - ridondano addirittura nella violazione dei principi
supremi dell’ordinamento costituzionale, come tali non sopprimibili ancorché con
legge di revisione costituzionale, sulle quali la Corte, come esplicitamente
affermato nella sent. n. 1146 del 1988 (ripetutamente ribadita), si è
esplicitamente riservata di dichiararne l’incostituzionalità ove tempestivamente
investita della relativa questione.
4.1. Il principio secondo il
quale «la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto (…) costituisce il
principale strumento di manifestazione della sovranità popolare») è violato dal
“nuovo” art. 57, commi 2 e 5, il quale, con una formulazione criptica indegna di
una Costituzione, da un lato, esclude comunque che i senatori-sindaci non
vengano eletti dai cittadini nemmeno in via indiretta, dall’altro prevede che la
scelta dei senatori-consiglieri regionali avvenga da parte dei consiglieri
regionali, che dovrebbero però conformarsi al risultato delle elezioni
regionali. Per cui, delle due l’una: o l’elezione dei senatori-consiglieri si
conformerà integralmente al risultato delle elezioni regionali e allora ne
costituirà un inutile duplicato oppure se ne distaccherà e allora viola il
principio dell’elettività diretta del Senato sancito dall’art. 1 della
Costituzione.
4.2. Passando alle violazioni
del principio supremo di eguaglianza e razionalità (art. 3), la prima e più
evidente consiste nella macroscopica differenza numerica dei deputati rispetto
ai senatori, che rende praticamente irrilevante - nelle riunioni del Parlamento
in seduta comune per l’elezione del Presidente della Repubblica e dei componenti
laici del CSM - la presenza del Senato a fronte della soverchiante
rappresentanza della Camera,.
4.3. Nel sistema federale
tedesco - che alcuni parlamentari erroneamente ritengono di aver introdotto in
Italia (sic!) - il Bundesrat, l’equivalente tedesco del nostro Senato (operante
però sin dalla Costituzione imperiale del 1870, tranne la parentesi hitleriana),
è costituito dalle sole rappresentanze dei singoli Länder che, a seconda
dell’importanza del Land, hanno a disposizione da 3 a 6 voti per ogni
deliberazione.
4.4. Di minore importanza
pratica è il problema, che però testimonia la trascuratezza e superficialità del
disegno costituzionale del Governo Renzi, della nomina presidenziale dei cinque
senatori che durerebbero in carica per sette anni, quanto quindi il Presidente
che li ha nominati.
5. Il vero è che tutti questi
apparenti errori e apparenti strafalcioni costituiscono piuttosto dei precisi
tasselli che determineranno lo spostamento dell’asse istituzionale a favore
dell’esecutivo.
Onorevoli deputati e senatori, di fronte a questo criticabilissimo quadro
normativo, e a maggior ragione discutibilissimo perché pretenderebbe di avere la
forza e l’autorità morale della Costituzione della Repubblica italiana, il
Comitato per il NO vi chiede di tentare con decisione di modificare l’attuale
testo del d.d.l. cost. n. 2613-B; in subordine, di aderire a questo Comitato, e,
infine, qualora tale d.d.l. cost. venisse definitivamente approvato, di
impegnarvi fin da ora a richiederne la sottoposizione a referendum popolare. Vi
chiediamo di mandarci un cenno di conferma di questo impegno all’indirizzo:
segreteria.comitatoperilno@
Prof. Alessandro Pace |
||||||||||||||||||
APPELLO AI
POPOLARI TORINESI Oggi
a Torino, presso l'Hotel Nizza si è tenuto l'incontro promossa dal Cdu
piemontese per l'appello ai popolari in vista delle elezioni comunali della
prossima primavera. Vi è stata una larghissima partecipazione. Dopo la relazione
del responsabile regionale del nuovo Cdu Mauro Carmagnola sono intervenuti tra
gli altri, Roberto Rosso, Maurizio Eufemi, Ivo Tarolli, Ettore Bonalberti,
Vito Bonsignore,Emanuele Pezzino, Giampiero Leo, Flavio Tanzilli.
|
||||||||||||||||||
Convegno su diritti acquisiti e fiscalità
Se l'associazione nazionale dei
magistrati e degli avvocati dello Stato in pensione ha ritenuto necessario
promuovere un convegno sulla tutela dei diritti acquisiti e fiscalitá significa
che in uomini che hanno dedicato la loro vita al servizio delle istituzioni, è
scattato un senso di reazione dopo la pubblicazione del documento sulle pensioni
da parte del bocconiano Presidente dell'Inps Tito Boeri. |
||||||||||||||||||
C'è una strana aria nel Paese
|
||||||||||||||||||
Nord e Sud d’Italia alla sfida dello sviluppo e della promozione umana Siamo chiamati, qui a Milano, a una riflessione sul nostro Paese, un paese diviso, spezzato, come ci dicono i drammatici numeri della Svimez in una soffocante caduta di interesse con la complicità dei mezzi di informazione. Numeri che suscitano sdegno per chi ha sempre guardato al Mezzogiorno in una visione unitaria del Paese, come questione nazionale e occasione di crescita e di un equilibrato sviluppo economico e sociale. Non apparteniamo né al partito del rimorso né a quello del rimpianto. Guardiamo al presente e al futuro. Non abbiamo visto scelte conseguenti all’annunciato masterplan di agosto e alla scadenza del 16 settembre. Il Mezzogiorno vive il profondo squilibrio tra demografia e base economica, che genera disoccupazione strutturale. E’ quel “vaso bucato” bene rappresentato da Giannola, dalla virgola di Ponente che riversa la domanda effettiva verso le altre regioni e verso l’estero. I divari, non solo quelli economici, si sono allargati nella istruzione, nella giustizia civile, nella sanità, negli asili, nella assistenza sociale, nei trasporti locali, nella gestione dei rifiuti. Non solo il livello della disoccupazione ma anche la dinamica degli investimenti fissi lordi scesi dal 20,2 al 16,9 come quota del pil. Sono aumentate le nuove sofferenze rettificate soprattutto per le imprese da 4,89 a dal 4,89 del 2010 al 6,27 del 2014. Sono peggiorate le condizioni di accesso al credito e del costo dei finanziamenti. Mancano le strutture e gli strumenti. Come la legge Colombo del 1959 n. 623 per le pmi. Non si possono orientare nuove scelte se non si guarda a ciò che è successo negli ultimi trenta anni. Oggi non è il caso di tornare sulla storia economica del Paese, con i suoi traguardi raggiunti e con gli errori compiuti. Mi preme sottolineare come nel momento delle crisi più acute quella degli anni settanta quella della industrializzazione forzata e quella degli anni novanta, quella del risanamento della prospettiva europea il Mezzogiorno sia stato strangolato, togliendoli l’ossigeno nella forma delle risorse necessarie al completamento dei programmi e al raggiungimento degli obiettivi. La fotografia è quella delle attuali 868 opere incompiute in gran part e nel Mezzogiorno. Sono stati criminalizzati i 30 mila miliardi della fiscalizzazione degli oneri sociali della legge 64 dimenticando il riequilibrio verso il nord della sommatoria di cassa integrazione per 20 mila md e dei prepensionamenti per 25 mila md, quindi con un saldo negativo per il sud. La linea di Maastricht è stata portata avanti senza una nuova politica economica. L’esaltazione di un astratto mercato e delle regole della concorrenza delle imprese è apparso spesso in contraddizione con una linea di coesione e economica e sociale. Alla chiusura del ciclo dell’intervento straordinario non si è fatto fronte con una politica per le aree svantaggiate e delle aree depresse e di riequilibrio. Alla chiusura delle strutture specializzate non hanno corrisposto adeguati istituti per i compiti di produzione orientamento e incentivazione. Si è fatto leva su un regionalismo incapace di affrontare le sfide della progettazione e della realizzazione di programmi. Le pratiche relative all’utilizzo dei fondi strutturali europei richiedono 60 passaggi anziché 4 o 5 come sarebbe necessario. Non possiamo dimenticare che la legislazione industriale con agevolazioni creditizie fu dirottata al nord. Si potrebbe fare l’elenco: legge 346/1982, legge 696/1983 solo 0,5 al sud; 399/1987 9 md su 55 stanziati; la legge 317 del 1991 sulle pmi solo 7 per cento dei 1114 md di incentivi. Può una area di 14 milioni di abitanti senza quindi le isole può pensare ad una rinascita senza una grande banca lega al territorio per usare le parole di Giannola se perfino al nord il merito del credito si scontra con i parametri dei controlli della vigilanza europea? Se nei quaranta anni prima della chiusura avessimo tenuta ferma la natura degli interventi agevolativi è probabile che la risposta sarebbe stata maggiore. L’abbandono dell’intervento straordinario ha accentuato i divari nord sud, la frattura si è allargata, allontanando l’obiettivo della unità del Paese. Al momento della chiusura c’erano 36.000 pratiche. Dei 120 mila md della legge 64 erano stati erogati 37 mila rispetto ai 71 mila impegnati. Si è dimenticato con troppa disinvoltura che la legge sulla riserva degli investimenti articolo 3 legge 634 del 1957, poi art. 5 legge 717 del 1965, poi art 7 legge 853 del 1971 , poi art. 17 c 6 della legge 64 del 1986 è stata disapplicata con una circolare del tesoro interpretandola come programmi generali e non specifici. Potenzialità considerevoli sono restate inespresse. Nino Andreatta nel marzo 1993 ricordava come il livello di convergenza dei diversi pezzi di economia del Paese è stato minore di altri paesi in cui modesti erano stati gli aiuti alle politiche regionali, la metà di quella degli Stati Uniti. Le esperienze ci dicono che non è la via delle politiche regionale la più idonea per affrontare la gravità dei problemi, ma quella generale la via dello sviluppo. Ma il ragionamento di Andreatta è rimasto incompiuto perché al momento della chiusura dell’intervento prevedeva la costituzione di una grande società dell’acqua per conferire dighe lavori finanziamenti know how per il completamento delle opere. Così come prevedeva una agenzia di controllo parlamentare per un azione di sorveglianza sulle decisioni del cipe sul Bilancio, sugli appalti e tuteli ogni cittadino. Vedeva questo strumento come controllo sull’esecutivo, sulla discrezionalità, sul clientelismo. Quale è la via per invertire la rotta e determinare investimenti e occupazione con un recupero dei divari economici e sociali. Non può che essere quella di un piano di investimenti pubblici anche se mancano gli economisti dello sviluppo, una categoria ormai fuori moda, se non vogliamo permanere in un ciclo di sottosviluppo permanente di cui il crollo delle nascite è un indicatore più evidente. Marcata contrazione degli investimenti. Spesa pubblica decentrata e politiche di coesione dimostra come in alcune regioni come Campania, Sicilia Calabria gli investimenti infrastrutturali hanno attuazione più lenta rispetto al resto del Paese. Il mezzogiorno chiude il 2014 con un pil negativo di 1,9 rispetto a - 0,4 Italia Pil pro capite di 16,1 (migliaia di euro) contro una media nazionale di 25,3 determinata da 29,9 del NE 31,9 del NO e da 27,9 del centro. Gli investimenti 1,4 rispetto a 5,3 Italia La vulnerabilità delle famiglie è più accentuata perché è 8,6 rispetto a 6 Italia L’export -4,7 rispetto a 2 Italia Solo Abruzzo Molise e Basilicata hanno segno positivo, per peso del settore automotive per le lungimiranti scelte del passato con le localizzazioni della legge 64.
I tassi di interesse sono di quasi due punti più alti del resto del Paese. Tutte le regioni sopra il 4 ad esclusione dell’Abruzzo. C’è un dato su cui riflettere i numeri rischiano di essere fuorvianti, perché la media nazionale è falsata da un nord che cresce e un Sud a due facce che arretra con una ulteriore frattura longitudinale in cui Puglia e Basilicata registrano demografia più leggera e migliore capacità istituzionale e Calabria e Campania eccesso di popolazione, base economica efficace molto ridotta, larga disoccupazione e lavoro nero. Siamo in presenza di due Italie. Viene da domandarsi se è stato fatto il possibile modificare una tale situazione; se le scelte di governo siano state quelle giuste o meno. Ritengo che avere puntato sulle esportazioni piuttosto che sulla domanda sia stato un errore di fondo. Si è finito per privilegiare il nord. I dati degli ultimi quattro trimestri confermano una crescita del pil trainata dall’export, ma con investimenti -0,4 e domanda nazionale +0,4. L’errore del regionalismo nell’intervento straordinario, spingeva per un localismo senza orizzonti quando ancora era necessaria una strategia globale. Poi accordi di programma, programmazione negoziata, nuova programmazione intese istituzionali di programma, programma quadro, pic, pit, priu, proust, acronimi per sociologi. Negli anni scorsi il Mezzogiorno è stato il Bancomat per lo stato che ha utilizzato i fondi assegnati per altre destinazioni. Unico dato positivo il risparmio: 232 md, superiore al centronord, 186 al Nordest mentre al Nordovest è 273. Sia famiglie che imprese crescono del 2,7 per cento. Il fenomeno può essere interpretato come risultato di lavoro sommerso, come minori consumi rispetto alla capacitá di spesa, a maggiore prudenza rispetto alla crisi economica. Il risparmio del mezzogiorno non viene canalizzato nell’area di riferimento. Viene meno di conseguenza la mission delle fondazioni bancarie, nei settori di intervento previsti dalla legge Ciampi con obiettivi di utilità sociale e promozione dello sviluppo economico. Pochi dati. Se il 61 per cento delle erogazioni è localizzato nella provincia sede della Fondazione che cosa può andare al Mezzogiorno senza banche e senza fondazioni? Poco più di 2 md mezzi patrimoniali rispetto ai 40 complessivi. Al sud va il 4, 7 per cento del totale di 888 milioni di erogazioni al netto del volontariato. Al Mezzogiorno vengono negate le tre S: sussidiarietà, solidarietà e sviluppo. Non trovano applicazione perché i soggetti sociali non sono nelle condizioni di creare valore sociale, promozione, il solidarismo innovativo, il Welfare di comunità, essenziale nella situazione attuale, per lo sviluppo e la valorizzazione della persona nella sua autonomia e responsabilità.
Occorre un approccio nuovo. Le scelte si fanno sulla legge di stabilità. L’operazione sulla spending review e quella sulla riduzione della pressione fiscale devono guardare ad allargare il mercato domestico, riducendo lo scarto tra i livelli dei redditi e la spesa del sud rispetto al nord. Nel mezzogiorno si apre una questione nuova lo squilibrio tra demografia e capacità di produrre del settore manifatturiero che è caduto del 35 per cento rispetto ai volumi del 2007. E’ questa la drammaticità della situazione. Far aumentare il processo di convergenza è questa la sfida che il governo ha di fronte. Individui i grandi settori di intervento nelle infrastrutture nella logistica, nei trasporti, nella comunicazione nella energia costringendo le regione a stare dentro un progetto di sviluppo. Ridurre le differenze è l’obiettivo per far crescere l’Italia. Paolo Savona nei giorni scorsi ha posto il Ministro Padoan e il Governatore della Banca di Italia di fronte alle loro pesanti responsabilità perchè non si può immaginare che non comprendano la situazione.
Le politiche di coesione europea non
dovrebbe avere programmi di cofinanziamento perché nella situazione di
difficoltà economica dell’Unione impediscono allo Stato di incidere più
efficacemente. Per quanto attiene alla promozione umana occorre ridurre il gap sociale nell’ associazionismo che necessita anche di sostegni che ci riportano alle fondazioni bancarie e dunque all’ossigeno per vivere e crescere e che alimentano lo sviluppo dell’associazionismo positivo. La copertina dell’Espresso che cancella dalla rappresentazione dell’Italia il Mezzogiorno è la dimostrazione che la questione settentrionale si è riproposta sotto altre vesti e fino a quando non si accenderà il dibattito sulla questione meridionale, il Sud non si risolleverà senza una politica nazionale. In un tempo in cui si cancella il bicameralismo per realizzare un astratto, confuso, contraddittorio monocameralismo forse occorrerebbe recuperare i principi del titolo primo della Carta costituzionale recuperandone il significato più autentico come quelli consacrati e dimenticati negli articoli 1: L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, appunto il lavoro come caratterizzazione economica e sociale ma anche giuridica, lavoro di tutti (Ruini), come espressione della comunità popolare solo quando ogni uomo avrà realizzato nella pienezza del suo essere il massimo contributo alla prosperità comune (Fanfani) o l’articolo 3, comma 2, per rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e la effettiva partecipazione di tutti i lavoratori alla organizzazione politica, economica e sociale del Paese; l’articolo 4 quello che riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro con l’indicazione programmatica al legislatore per rimuovere gli ostacoli perché la disoccupazione è ostacolo alla libertà di eguaglianza e alla libertà dei cittadini per il pieno sviluppo e la piena affermazione della persona umana, perché il lavoro si collega allo sviluppo della società.
Che fare?
Servirebbe una grande banca di sviluppo regionale costruita dalle regioni meridionali e in grado di promuovere sviluppo anche con i paesi mediterranei. Servirebbe riaprire una discussione sul modello di struttura per riattivare la crescita. Servirebbe una riflessione a livello istituzionale non limitata a odg, ma con scelte chiare valorizzando il processo di integrazione interregionale perché solo da condivisione degli obiettivi consente di superare le difficoltà aggravate dalle contrapposizioni. Servirebbe canalizzare i rilevanti risparmi privati verso investimenti privati con nuovi strumenti finanziari e soprattutto agendo con la leva fiscale. Servirebbe affrontare il problema della legalità sul territorio con azioni concrete straordinarie. Servirebbe accentuare la promozione umana come sviluppo, come progresso, come sviluppo dell’uomo nelle sue dimensioni socio-politiche, come risposte a bisogni e diritti se si vuole che l’uomo sia uomo. Dobbiamo allora domandarci a quale crescita, a quale sviluppo, a quali valori, a quale uomo? L’incontro odierno non sarà stata una occasione vana se riusciremo a muovere le coscienze.
Bibliografia essenziale Adriano Giannola, Sud d’Italia, una risorsa per la ripresa Salerno editrice, 2015 Massimo LoCicero, Sud a perdere, Rubbettino Editore, 2010 Stefania De Simone, Francesco Saverio Matteo, il Sud in bilico, Rubbettino editore, 2008 Banca d’Italia L'economia delle regioni italiane nel economie 2014, 26 giugno 2015, www.bancaditalia.it Banca d’Italia, Economia in breve, www.bancaditalia.it Camera dei Deputati, Intervento nel Mezzogiorno e politiche regionali, 1994 Acri, ventesimo rapporto sulle fondazioni di origine bancaria, www.acri.it
|
||||||||||||||||||
La costituzione, il lavoro e il
Mezzogiorno
|
||||||||||||||||||
I voli acrobatici di Anna Finocchiaro
I voli acrobatici di Anna Finocchiaro sulla riforma costituzionale Non vi è dubbio che la Sen. Anna Finocchiaro abbia avuto un ruolo rilevante nella elaborazione e nella gestione in Assemblea della riforma, pur privata del ruolo di relatrice in conseguenza della scelta della maggioranza di forzare i tempi di approvazione. Oggi ha provveduto ad illustrare sapientemente il suo emendamento che disciplinava la futura elezione dei consiglieri senatori. E in ragione dei problemi che sono emersi tra articolo 2 e articolo 39 relativamente alle norme transitorie ha voluto giustificare la fase attuale che necessita di un periodo transitorio, paragonandola alla Costituente. Ci è sembrato un volo acrobatico per una serie di ragioni. Lo ha fatto con queste parole: "Vi è anche da dire, però, che molte obiezioni sollevate in quest'Aula trovano piena soddisfazione nella disciplina transitoria dettata dalla legge. Vorrei fare solo altre due notazioni. Talvolta camminiamo pensando un po' al mito di ciò che è stato alle nostre spalle. Facciamo bene, perché questo non può essere altro che uno stimolo a fare meglio. Vorrei però ricordare ai colleghi che il passaggio da un sistema all'altro è sempre costoso e faticoso. Rileggevo proprio ieri la III disposizione transitoria della Costituzione della Repubblica italiana, di cui vi cito soltanto la prima parte del primo comma, che è molto lungo: «Per la prima composizione del Senato della Repubblica sono nominati senatori, con decreto del Presidente della Repubblica, i deputati dell'Assemblea Costituente che posseggono i requisiti di legge per essere senatori». Tra questi requisiti ne vorrei rileggere uno, che a me pare significativo: «che... hanno scontato la pena della reclusione non inferiore a cinque anni, in seguito a condanna del tribunale speciale fascista per la difesa dello Stato». Cosa voglio dire? Anche di fronte all'epos rappresentato dal nostro ricordo della Costituzione e della sua approvazione, non possiamo dimenticare la fatica e quella che oggi, se leggessimo senza nulla sapere, ci potrebbe sembrare una contraddizione: il primo Senato fu un Senato di nominati, che erano centosei. (Commenti del senatore Candiani). Certo, noi non siamo Terracini, non siamo Calamandrei, non siamo Mortati, non siamo Ruini, non siamo Togliatti, non siamo De Gasperi: su questo non c'è dubbio alcuno e non dobbiamo continuare a darne prova. (Applausi dal Gruppo PD. Applausi ironici dal Gruppo M5S)."
La senatrice Finocchiaro ha fatto una citazione parziale, molto parziale, perchè le disposizioni transitorie all'articolo 139 della Costituzione erano XVIII, perchè quelle al punto III comprendevano 8 commi. Per la prima composizione del Senato erano nominati senatori con DPR i deputati de'Assemblea Costituente che posseggono i requisiti di legge per essere senatori e che: Sono stati presidenti del Consiglio dei Ministri o di assemblee legislative; Hanno fatto parte del disciolto Senato; Hanno avuto almeno tre elezioni, compresa quella all'Assemblea Costituente; Sono stati dichiarati decaduti nella seduta della Camera dei deputati del 9 dicembre 1926; Hanno scontato la pena della reclusione non inferiore a cinque anni in seguito a condanna del tribunale fascista per la difesa dello Stato; Sono nominati altresì senatori, con decreto del Presidente della Repubblica, i membri del disciolto Senato che hanno fatto parte della Consulta Nazionale. Al diritto di essere nominati senatori si può rinunciare prima della firma del decreto di nomina. L'accettazione della candidatura alle elezioni politiche implica rinuncia al diritto di nomina a senatore. Questa è la norma completa che ha ben altro significato perche voleva recuperare altissime personalitá, così come i deputati aventiniani e comunisti vittime del regime fascista dopo la legge Acerbo. Di seguito viene citata la ricostruzione di quella seduta del 1926. ... il deputato Augusto Turati aveva presentato la famigerata mozione, il cui testo recitava: «La Camera, considerato che i deputati sotto nominati nel giugno del 1924, pretestando una questione morale nei confronti del Capo del Governo e di questa Assemblea fecero atto esplicito e pubblico di secessione; considerato che tali deputati continuarono a svolgere, da allora ad oggi, usando delle prerogative e delle immunità parlamentari, opera di eccitamento contro i poteri dello Stato; ritenendo che essi siano venuti meno alla prescrizione precisa dell'articolo 49 dello Statuto: quella di esercitare la funzione di deputati col solo scopo del bene inseparabile del Re e della Patria; dichiara tali deputati decaduti dal mandato parlamentare». La mozione si concludeva con l’elenco sia degli aventinisti che dei comunisti (per un totale di 123 nomi)19 ed era firmata da Augusto Turati, Farinacci, Starace, Renato Ricci, Vaccari, Limongelli, Leone, Ceci, Pierazzi, Chiostri ed Aldi-Mai20. ...
Il primo emendamento a firma Giovanni Leone fu sottoscritto da ben 218 deputati e votato a scrutinio segreto, dunque in piena libertá. Nobile presentò l'emendamento relativo ai condannati del tribunale speciale. La norma relativa ai deputati decaduti nel 1926 fu proposta da Giannini. La questione di fondo è che quella era una Assemblea Costituente, il senato di oggi non può essere considerato tale perchè usa lo strumento del 138 per la revisione del titolo II La norma transitoria attuale non può essere un alibi per aggirare il principio elettivo del futuro Senato e il significato della disposizione all'articolo 2 approvata oggi. La riforma Boschi non può essere paragonata alla Costituzione del 1948. Altea situazione, altri personaggi, altro momento storico. Evitiamo voli pindarici, please. |
||||||||||||||||||
Le violenze costituzionali Le violenze costituzionali nel giorno dei funerali di Pietro Ingrao Mentre al mattino partecipavano si funerali di Pietro Ingrao per rispetto verso l'uomo politico, il presidente del Gruppo del PCI della riforma del Regilamento del 1971 con Andretti, il presidente della Camera del 1976-1979 e anche per ricordo personale del fratello, grande pneumologo che curò mia madre, nel pomeriggio al Senato andava in onda lo strappo sulla Costituziine.
In Senato infatti si sta
esaminando la riforma della Costituzione in un
clima niente affatto costituente. Roma, 1 ottobre 2015 |
||||||||||||||||||
Al Senato si naviga a vista Al Senato si naviga a vista, perchè l'ordine di scuderia è non votare sulle questioni a rischio.
Oggi il Presidente del
Senato ha rivisto una decisione precedentemente assunta sulla ammissibilitá
degli emendamenti. La ammissibilitá colpiva emendamenti su cui era richiesto il
voto segreto. |
||||||||||||||||||
La riforma costituzionale sbagliata In questi giorni le riforme costituzionali sono al centro del dibattito politico, caricate di un significato fuorviante rispetto alla posta in gioco. Purtroppo chi si accorge solo ora dell'inadeguatezza del quadro normativo ha anche la responsabilitá degli errori sia sul piano tattico che sui contenuti. Avere scoperto solo ora che la miscela della legge elettorale unita alla marginalizzazione del Senato, privato di legittimitá e di poteri legislativi. Si afferma una nuova centralizzazione, svuotando i principi del federalismo e del regionalismo che dovevano essere corretti e non mutilati. Mi riferisco sia alla minoranza del PD che a Forza Italia. Quel che si va delineando è un compromesso pasticciato che recuperi l'unitá del PD e faccia salvare la faccia al Governo e alla minoranza stessa. Dunque la questione della eleggibilitá diretta dei futuri senatori diventa un falso problema se si perdono di vista il ruolo, le funzioni, i poteri del senato rispetto al sistema delle garanzie costituzionali e alla conseguente alterazione dell'equilibrio dei poteri che diventeranno troppo sbilanciati verso il partito pigliatutto in virtù di una legge elettorale maggioritaria. L'ipotesi di accordo viene vista come una liberazione rispetto alle possibili conseguenze politiche. In questi giorni si sono mosse le forze invisibili per evitare qualsiasi tipo di voto - a cominciare dalla commissione Affari Costituzionali - che potesse far esprimere liberamente il parlamento evitando ogni tipo di rischio rispetto al percorso parlamentare della riforma stessa. Potemmo dire di avere visto un Senato giá sotto tutela per evitare di disturbare i manovratori. È per questo che nonostante il possibile accordo sull'articolo 2 non riteniamo che siano stati risolti i problemi di una riforma che riteniamo profondamente sbagliata nelle scelte di fondo, perchè utile solo alla facile propaganda a spese dei valori costituzionali fondati sulla partecipazione. |
||||||||||||||||||
Il sindaco ombra non eletto
Dunque a Roma avremo un
sindaco ombra non eletto. Roma, 27 agosto 2015 |
||||||||||||||||||
La illusione renziana sulla Tasi e IMU
Il premier parlando a Pesaro
da segretario del PD ha lanciato il programma elettorale del 2016 con la
cancellazione della Tasi e dell'Imu. È partito l'effetto promessa-illusione
perchè non vengono indicate le coperture finanziarie necessarie stante la
situazione della finanza pubblica e del debito pubblico, di cui il premier evita
di parlare. Se quelle imposte saranno cancellate, dovranno necessariamente
essere colpiti i servizi locali. Il governo di fará
bello con i soldi degli altri, in questo caso i comuni che si vedranno tagliate
le compensazioni attuali. La mossa sulla Tasi e sull'imu serve ad acquisire
unicamente consenso. Non c'ė infatti una politica adeguata sulla fiscalitá
immobiliare che richiederebbe, per rimettere in moto il mercato di una revisione
delle imposte di registro sui trasferimenti ancora particolarmente onerosi
soprattutto sulla seconda casa, il settore che più soffre in conseguenza di
scelte scellerate che hanno penalizzato il patrimonio immobiliare delle famiglie
italiane costrette a vendere e svendere per il peso degli oneri fiscali. Roma, 26 agosto 2015 |
||||||||||||||||||
La disinformazione televisiva
C'è un aspetto preoccupante
dei tempi che viviamo: una informazione massificata diventa spesso
disinformazione di cui sono complici gli stessi mass media. Stamane in un
confronto su La7 un giornalista di unitátv si è lasciato andare a giudizi
profondamente errati proprio sul piano storico. Roma 25 agosto 2015 |
||||||||||||||||||
No alle
riforme tanto per fare
Il Presidente del Consiglio è
tornato a parlare della riforma costituzionale. Lo ha fatto alla Festa
dell'Unitá sicuro di avere i numeri. Dunque una riforma senza badare alla
qualitá del prodotto. Che riforma può mai essere quella che dipende da voti
raccogliticci e dunque dalla incertezza del risultato sul Tabellone elettronico
del Senato? Il PD commetterebbe lo stesso errore del 2001 quando approvò una
riforma con soli 4 voti di maggioranza. Roma 14 agosto 2015 |
||||||||||||||||||
CDU: dal
1995
Paradossalmente, l’atto di nascita
del CDU non è il 23 luglio 1995, ma l’11 maggio 1955, giorno in cui Giovanni
Gronchi fu eletto Presidente della Repubblica. Candidato della Democrazia
Cristiana per il Quirinale era Cesare Merzagora, liberale.
IL CENTRISMO
8. L’opposizione alla manipolazione
determinata da un distorto e strumentale sviluppo del progresso tecnologico; 10. La consapevolezza di abitare una casa comune da rendere sempre più serena e vivibile per tutti i suoi abitanti.
|
||||||||||||||||||
Non è partecipazione quella di Marchionne
Alcune questioni economiche che si sono aperte nel Paese meritano qualche approfondimento: la vicenda degli esuberi Whirpool nel comparto del bianco e il “bonus” Fiat ai dipendenti. L’annuncio di chiusura dello stabilimento produttivo di Caserta e del centro di ricerca e sviluppo in provincia di Torino per Whirpool, con complessivo l’esubero di ben 1.340 lavoratori, ha evidenziato la criticità del nostro apparato industriale rispetto spinte della globalizzazione. Tutto ciò è avvenuto nonostante il precedente accordo siglato con il Ministero dello Sviluppo. Se guardiamo al passato, quaranta anni fa, il 21 agosto del 1974 ben seimila lavoratori Indesit, i due terzi dell’organico, furono posti in CIG a 26 ore settimanali e a tempo indeterminato. L’aumento dei costi e il forte calo della domanda imposero una pesante riorganizzazione produttiva. La settimana lavorativa fu ridotta a 24 ore lavorative. Ogni lavoratore perdeva sedici ore di lavoro settimanali, di cui dieci venivano coperte dalla indennità integrativa, quindi con conseguenze contenute sotto l’aspetto salariale, perché v’era una perdita di 18 mila lire al mese su un salario di 160 mila lire di allora. E’ illusorio pensare che il recente Job act, con i contratti a tutele crescenti possa salvare da decisioni che appartengono a logiche meramente capitalistiche. Per fortuna che ancora interviene l' istituto della vecchia Cassa Integrazione a ridurre le difficoltà e i disagi economici dei lavoratori e delle loro famiglie. V’è però una differenza tra quella situazione degli anni settanta ed ora. Si è passati dalla fase della dimensione nazionale a quella continentale e poi mondiale. V’è stata la ricerca progressiva di economie di scala con l’obiettivo di costruire sempre nuove masse critiche. Le politiche offertiste e l’eccesso di capacità produttiva si sono scontrate però con un ciclo deflattivo, con un calo della domanda anche per la saturazione dei mercati del vecchio continente. Eppure i problemi non sono scomparsi di fronte all’esplodere e all’aggravarsi della crisi economica. E’ semmai aumentata la difficoltà di trovare soluzioni idonee perché, soprattutto per le grandi imprese, il capitalismo familiare che stava sul territorio e dentro la comunità si è reso invisibile, trasformato e mimetizzato nei fondi di investimento, quotato in listini di borse lontane. Né va dimenticato come grandi aziende industriali storiche pubbliche come Ansaldo e Breda Ferroviaria e private come Pirelli ed altre sono state rilevate da gruppi esteri con garanzie per gli azionisti, a volte con il mantenimento della direzione, ma senza impegni e garanzie per il Paese e i lavoratori. Lo stesso avverrà per quote rilevanti di banche popolari e nel settore del credito. Tuttavia attrarre nuovi investimenti diretti è cosa ben diversa dal favorire shopping industriale. Al fenomeno non sono estranee medie imprese, né storici marchi italiani. Ve né un elenco infinito e preoccupante nell’agroalimentare, valutato in 10 miliardi di euro di valore. V’è il rischio che dopo la acquisizione di pezzi di apparato industriale si realizzi la fase successiva della ulteriore delocalizzazione produttiva. Il disastro sarebbe allora completo. Manca allora una risposta di politica industriale che non può essere quella meramente finanziaria portata avanti dalla Cassa Depositi e Prestiti. Manca un progetto paese a medio termine capace di indirizzare politiche di investimenti pubblici verso i settori che sono stati capaci più dinamici, di resistere alla crisi, di essere”vivi”, soprattutto nei comparti che incorporano più alto valore aggiunto o a strategie meramente difensive dei tavoli di crisi. Sarebbe illusorio fare affidamento al solo piano Junker per eccesso previsivo del moltiplicatore, per la esiguitá delle risorse messe in camoi e per la limitatezza dei progetti. Di converso l’amministratore della FCA, azienda ormai fuori da Confindustria, annuncia un bonus legato al piano industriale basato su contratti aziendali di produttività, ancorati a produttività aziendale e dell’area mediterranea. Su questa decisione ha manifestato contrarietà il sindacato metalmeccanico guidato da Landini che vede in questa operazione una azione di marginalizzazione del sindacato. Mentre da parte di Confindustria v'è stato silenzio. Da parte nostra, anche insieme a Riccardo Pedrizzi, Giampiero Cantoni, Giorgio Costa un decennio fa, sostenemmo con forza l’affermazione dei principi della share economy. Riuscimmo ad introdurre nella legge delega sulla riforma del sistema fiscale fin dal 2003. Con rammarico ed amarezza va detto che quei principi di quella delega affidata a Tremonti fu abbandonata e non è stata esercitata nei termini previsti. Purtroppo da parte di Marchionne la share economy viene vista né come partecipazione dei lavoratori alla vita e ai destini della impresa, né come esaltazione della economia sociale di mercato, ma come rivincita del capitale rispetto al lavoro, non come riconoscimento di una conquista sociale, ma come "concessione" unilaterale, non come superamento del conflitto, ma esasperazione dello stesso attraverso una progressiva compressione dei diritti e relativa monetizzazione. Ecco perché sarebbe stata opportuna una disciplina generale che attraverso la via fiscale potesse determinare una spinta a tutto il settore industriale come risposta alla sfida della concorrenza mondiale che richiede sforzi coraggiosi e capaci di ricollegare il lavoro dipendente ai problemi strategici delle unità produttive. Una visione che metta l’Uomo al centro del modello di sviluppo. Una visione che metta i corpi intermedi, anche il sindacato, al centro di una fase di corresponsabilizzazione di fronte alle sfide dei tempi nuovi.
Sullo sfondo infine registriamo una grande opacità sul trattato di libero scambio tra Europa e Stati Uniti dopo quello gemello transpacifico. V’è infatti il rischio che la lezione della crisi che ancora viviamo non sia stata appresa. È noto il ruolo decisivo svolto dalle multinazionali durante le negoziazioni per rimuovere ostacoli a libero commercio che si traducono nel ridurre regole a tutela dei consumatori, lavoratori, ambiente e salute come ha ricordato Joseph Stiglitz sul NYT. Prevale ancora una volta la logica del profitto ad ogni costo. Ecco perché occorre perseguire un nuovo modello di sviluppo che non è quello degli Stati Uniti come ha affermato il Premier Renzi durante il suo viaggio negli Stati Uniti. Non può essere un modello con così vistose disuguaglianze come quello in cui vi è la concentrazione della metà della ricchezza nell’1 per cento della famiglie, e del dominio delle grandi banche d’affari, ma in un modello che recuperi la centralità della persona per lo sviluppo della società. L'Unione Europea prima di procedere sul Trattato cerchi di risolvere prioritariamente i suoi problemi istituzionali e di governance evitando che le contraddizioni attuali si traducano in ulteriori debolezze economiche e sociali che mettano a rischio il modello sociale europeo.
Maurizio Eufemi
Ps. Dopo la chiusura di questo articolo sono accaduti alcuni fatti nuovi: Il 2 luglio è maturata una intesa governo - sindacati sulla vicenda whirpool che sposta al 2018 gli esuberi e di ciò siamo soddisfatti. Sull'accordo Ttip il parlamento europeo l'8 luglio, a Strasburgo sinè fatto carico delle perplessitá approvando il testo Lange contenente alcuni punti fermi da non superare sulla protezione dei consumatori, della salute e della sicurezza, nonché sulla protezione geografica e della politica agricola, anche se permangono capoversi controversi in materia di energia, telecomunicazioni e appalti. Nei giorni scorsi anche l'ex presidente della Commissione Europea Romano Prodi ha manifestato forti perplessitá sul trattato.
|
||||||||||||||||||
Tito Boeri novello Robin HoodDunque non abbiamo un presidente
dell'INPS ma un novello Robin Hood. |
||||||||||||||||||
Renzi1 Renzi2 il renzismo e la vendetta dell'Italicum
Dunque il Premier Renzi vuole
tornare al Renzi1 dissociandosi dalle scelte del Partito come se il gruppo
dirigente Guerini, Serracchiani e Orfini fossero un'altra cosa e non la
proiezione dello stesso premier nel PD.
La dissociazione appare
tardiva soprattutto se v'è sovrapposizione totale tra governo e partito. Nei
momenti deliberativi di Direzione non vi è mai stata da parte del gruppo
dirigente nè difformitá nè dissenso sulle scelte
strategiche. Le candidature regionali e comunali erano il frutto delle primarie
strumento esaltato dal coro renziano. Di fa dunque fatica a vedere un Renzi2
diverso dal Renzi1.
L'analisi
di Renzi sul risultato elettorale non affronta i problemi veri della sconfitta
politica che risiedono nell'assenza di risposte alla crisi economica e alla
disoccupazione, alla crisi sociale di sicurezza dei cittadini, alla immigrazione
incontrollata senza controllo del controllo di gestione e senza regole, alla
questione morale esploda con le vicende dell'Expo prima, di Mose poi, è in
ultimo di mafia capitale.
Il PD paga
la scelta di avere privilegiato le scelte di riforma costituzionale ed
elettorale ai problemi reali del Paese.
|
||||||||||||||||||
Riflessioni
dopo una visita all'Expo 2015
Non mi sono mai tanto amaramente pentita di aver pensato "devo esserci anch'io" e ieri sono andata con un gruppo di amici a EXPO. Il pullman parcheggia in uno spiazzo assolato dal quale ti separano a piedi 2 km e mezzo tra prati sempre assolati e con poche panchine (forse non sarebbe stato cosi', se avessero messo le piante quando il progetto era stato assegnato all'Italia senza litigare) attraversando un ponte bianco che riflette tutto il sole perche'solo parzialmente coperto. Una volta dentro i tanti decantati cardo e decumano (non so se hai gia' avuto esperienza) un incrocio di due grosse strade di cemento con padiglioni nemmeno tanto belli come dicono. Bello solo padiglione Italia e pochi altri. Ma Padiglione Italia si visita stando in fila al sole (i volonterosi distribuiscono ombrelli o bianchi o rossi o verdi) e un signore in fila molto dietro di me e' svenuto. I pannelli che coprono i decumano etc non alleviano l'effetto di riflesso e caldo. I ristoranti sono presi d'assalto e i posti all'ombra si esauriscono subito. Per trovare i bagni (che sono mal indicati e si raggiungono con ascensori spesso rotti) devi provare. Il tema poi e'
la cosa che piu' e' stata tradita. Nutrire il pianeta, energia per la vita:
e' evidente: come si faccia, in assenza di politiche demografiche drastiche e in
taluni luoghi inapplicabili, a far mangiare una popolazione che vedra' due
miliardi in piu' di individui entro il 2050. Per non parlare del risotto stilistico ed urbanistico. Quindi a me e' sembrato un paesaggio da day after in una landa sconfinata e assolata. Anche la frequentazione non mi e' sembrata delle migliori come sempre succede quando si punta sulla quantita': molta gente anche da dopolavoro. Abbiamo speso moltissimo per infilare la gente in un un parco tematico tutt'altro che rilassante, non molto qualificato e con poche novita'. Vedere poi' l'albero della vita che ogni tanto ti presenta una "fioritura" di fiori di plastica e circondato da spruzzi d'acqua che si innalzano tanto piu' quanto piu' sono elevati i decibell della musica che suona?!?! Pensavo che nel nostro paese ci fossero risorse intellettuali migliori. O almeno si doveva assegnare ad ogni acquirente di spazi espositivi una consegna drastica. Invece molto e' stato fatto in modo dilettantesco. |
||||||||||||||||||
AL PRESIDENTE DEL SENATO DELLA REPUBBLICA SEN. PIETRO GRASSO
ALLA PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI ON. LAURA BOLDRINI
Signori Presidenti, abbiamo sentito l’orgoglio di essere rappresentanti della Nazione, abbiamo difeso, nelle convulsioni della Repubblica, la Costituzione e il Parlamento, oggi siamo trattati, da un certo giornalismo e da certa televisione, compreso il servizio pubblico, che aizzano l’opinione pubblica, come cittadini di serie b. Le “liste di proscrizione”, apparse su alcuni quotidiani, con l’accusa ai già parlamentari di essere percettori di vitalizio non commisurato ai contributi versati, con l’aggiunta di insultanti epiteti, mirano a gettare discredito su tutta una classe dirigente che ha guidato l’Italia nel diventare la quinta nazione sviluppata del mondo, che ha vinto la sfida feroce del terrorismo, che ha condotto il Paese nel gruppo di testa dell’Europa. Con il pretesto di eliminare presunti privilegi si punta a offuscare la nostra storia parlamentare che è la storia della costruzione democratica dell’Italia. Noi non intendiamo trincerarci dietro queste pur legittime considerazioni, vogliamo invece entrare nel merito della questione sollevata. Cerchiamo chiarezza.
Vorremmo innanzitutto che fosse
spiegata “al colto e all’inclita” la natura del vitalizio che,
pur avendo carattere previdenziale, non è una pensione, come
l’indennità parlamentare, L’indennità parlamentare e il connesso vitalizio hanno il valore di una garanzia assicurativa per il parlamentare al fine di «garantire il libero svolgimento del mandato» (art. 1 legge 31 ott. 1965 n. 1261) L’istituto, che ha origini nell’antica Grecia, fu introdotto in Italia come conquista democratica nel primo Novecento. Esso consentiva, così, il superamento del Parlamento degli aristocratici, dei possidenti, dei notabili e l’ingresso dei ceti popolari, a lungo esclusi dalla vita politica del Paese. La Costituzione italiana del 1948 ha recepito questo principio, regolandone l’esercizio soprattutto con la legge sopra citata. Il trattamento economico dell’indennità con il connesso vitalizio fu rapportato a quello del 96 % dei Presidenti di Sezione di Cassazione. Negli anni, con successive riduzioni, quel rapporto si è via via ridotto di oltre 30 punti percentuali. Ora pongo una prima domanda: «È improprio e smisurato porre sullo stesso piano di dignità sociale i rappresentanti della Nazione e i magistrati? » A partire dagli anni ’70 sono stati molteplici i provvedimenti rivolti a cancellare odiose situazionicome quella del vitalizio ottenuto anche per breve permanenza in Parlamento. I baby vitalizi non esistono più da oltre 30 anni. Perché allora insistere se non per discreditare la classe politica e parlamentare, disorientando l’opinione pubblica? Si imputa, nei lunghi elenchi “di proscrizione degli ex parlamentari”, di godere di un vitalizio calcolato con il metodo retributivo. Ma quale pensionato in Italia, fino alla riforma del sistema contributivo (che pure suscita altri problemi) non gode del sistema retributivo, compresa una tredicesima mensilità che non viene erogata ai già parlamentari?
Quel sistema retributivo, che
permetteva di tutelare i ceti meno abbienti, consentiva anche, in modo non
sempre misurato, di andare in pensione con un calcolo basato sull’ultimo
stipendio, di ottenerela pensione di anzianità e perfino azzardate baby pension Oggi, le cose sono cambiate e anche i vitalizi dei nuovi parlamentari sono stati agganciati al metodo contributivo. Quale senso politico, allora, ha questa campagna denigratrice se non la diffamazione ? Ma veniamo ora al calcolo del rapporto tra i contributi versati e il vitalizio percepito dagli ex parlamentari. In tutte le amministrazioni pubbliche e private c’è una parte dei loro versamenti da calcolare per la pensione; perché allora non tenere conto delle quote spettanti alle Camere ? In ogni caso un calcolo corretto per la valutazione dei vitalizi andrebbe fatto anche sulla base delle rivalutazioni del capitale versato, in rapporto agli interessi maturati, come avviene per ogni fondo di previdenza, e come accade, per esempio, per i vitalizi del Parlamento Europeo. I conti sarebbero ben diversi dalle approssimative tabelle pubblicate da alcuni giornali e riprese in alcune sciatte trasmissioni televisive anche pubbliche. Ma considerando che si guarda indietro per intorbidare le acque, mi pare “cosa buona e giusta “ricordare anche che c’è stato un tempo della Repubblica nel quale uomini e donne dedicarono la loro vita all’azione politica, rinunciando ad altri più remunerativi percorsi. Il vitalizio, ripeto, era la garanzia per il futuro per agire con indipendenza in Parlamento. Non è questione di diritti acquisiti (peraltro intaccati), ma di semplice giustizia la tutela di quel diritto. Si può obiettare che non tutti sono in questa condizione e che molti godono di altri redditi. I modi per affrontare questo aspetto ci sono: dalle misure fiscali ai contributi di solidarietà, per noi già da tempo operanti. Nessuno ha sollevato obiezioni su questo punto, né ha fatto ricorso come, invece, altre categorie che hanno trovato ascolto nella Corte Costituzionale. Ma veniamo anche alla questione dell’ammontare dei vitalizi bollati come rapina e con termini offensivi. È facile dedurre proprio dagli elenchi pubblicati che i vitalizi parlamentari rientrano nella fascia delle pensioni erogate agli alti funzionari della Pubblica Amministrazione, a quelle dei professori universitari e di alcune fasce di giornalisti, restando al di sotto di quelle dei magistrati,dell’Avvocatura generale dello Stato, dei funzionari degli organi costituzionali, e a notevole distanza dalle cifre dei managers pubblici e non. Noi siamo consapevoli che questa nostra condizione è comunque favorevole e ci pone nell’obbligo di tenere conto della posizione di chi vive in gravi difficoltà economiche. Noi siamo disposti a continuare a fare la nostra parte nei modi che ci saranno richiesti. Ciò che respingiamo è di essere considerati dei privilegiati come la “casta” che lucra di risorse indebite e immeritate. V’è in questa concezione profonda ingiustizia e un grumo di anti-politica e di anti-parlamentarismo che ricorda le campagne giornalistiche e partitiche contro il Parlamento che aprirono la strada al fascismo.
Ci amareggia che il Presidente del
Consiglio abbia usato termini sprezzanti nei nostri
confronti, sbrigativamente liq Chiediamo almeno le buone maniere, ma soprattutto ricordiamo che l’indennità parlamentare e i vitalizi non sono materia del governo, sono anzi la garanzia per la indipendenza del parlamentare anche nei confronti del governo. Ne va, appunto, della distinzione tra i poteri dello Stato. Signori Presidenti, noi desideriamo che si faccia definitiva chiarezza su questi temi, anche attraverso un confronto con gli altri Parlamenti europei. La questione, in sé, è pressoché ininfluente sui problemi aperti nell’economia del Paese, che richiedono ben altre misure che siamo in grado di suggerire, ma essa investe principi che riguardano la dignità dei già parlamentari, ma anche dello stesso Parlamento, insostituibile presidio della libertà e della democrazia italiana. Ecco perché chiediamo un intervento chiarificatore istituzionale, che fissi un punto fermo che non può non giovare al prestigio del Parlamento.
Con deferente ossequio
Gerardo Bianco |
||||||||||||||||||
Inviperiti perché, in occasione del ricordo dell'assassinio di Moro, sono stati tenuti lontani Vecchi dc e la memoria di Moro
Denunciano il carattere sbrigativo della manifestazione
di Franco Adriano (su
Italia Oggi)
I cittadini tenuti dietro una transenna lontanissima dalla lapide. I rappresentanti storici della Dc, ex deputati e senatori che contarono qualcosa, come per esempio Gerardo Bianco, Enzo Carra, Mario Tassone, Maurizio Eufemi e Lorenzo Cesa, tutti costretti ad un umiliante trattativa con gli uomini della sicurezza per restare almeno vicino al blocco, a debita distanza dalle autorità perché, a loro dire l'accesso era riservato agli uomini delle istituzioni graditi al Pd vincente. Sabato scorso, in via Caetani, la commemorazione di Aldo Moro, da parte del presidente Sergio Mattarella, ha fatto inviperire i solitamente prudentissimi vecchi democristiani, inducendoli ad affidare ai social network tutta la propria amarezza per una cerimonia così diversa nei toni e nei modi rispetto a quella che celebrava Giorgio Napolitano. Il dirigente di uno degli innumerevoli spezzoni della Dc, Attilio Lioi, descrive così il film dell'evento che sembrerebbe svelare l'intenzione di Mattarella di non stringere le mani di certi vecchi «amici», ma nemmeno quelle della gente comune: «La commemorazione in via Caetani con l'algido presidente della repubblica» dice magari un po' sopra il rigo, Lioi «con i cittadini tenuti dietro una transenna lontanissima dalla lapide, impediti ad accedere e partecipare per ragioni incomprensibili di cerimoniale del Quirinale, sono il chiaro segnale del degrado democratico e del distacco chirurgico delle Istituzioni dal corpo vivo della popolazione civile». La conclusione è una doccia gelata: «I rappresentanti del Pd sono stati capaci di scippare anche questo ricordo, appropriandosene indebitamente quasi in esclusiva, alterando la memoria e la storia stessa. Un film freddo di una commemorazione liturgica anaffettiva, non vissuta e dovuta, per rituale di calendario!». L'ex moroteo Mario Tassone ha sfogato la sua rabbia facendo un chiaro riferimento alla presenza del presidente della commissione parlamentare su Moro, ossia Beppe Fioroni, in rappresentanza della Camera al posto della presidente Laura Boldrini (il presidente del Senato Pietro Grasso invece era presente) invitandolo ad andare a vedere quali furono i partiti della fermezza e quali quelli della trattativa in quei giorni drammatici. «Le istituzioni hanno inteso seguire un canovaccio di un apparire fugace. E poi i soliti tentativi di alcune forze politiche di occupare la scena», ha scritto, «Tutto si può fare ma non alterare la storia e non è consentito nemmeno ai nuovi arrivati, forti nel potere ma non altrettanto nel pensiero e nei ricordi. La nuova Commissione su Moro può essere fruttuosa nella ricerca della verità se riuscirà a far luce sui motivi reali che videro contrapposti i partiti della fermezza e della trattativa». Su questa vicenda è stato pizzicato anche l'ex ministro berlusconiano (e orgogliosamente democristiano) Gianfranco Rotondi, il quale ha avuto l'ardire di dichiarare alle agenzie che «Il 9 maggio è sempre un giorno cupo per la repubblica, ma quest'anno si colora di un significato diverso: la presenza di Mattarella al Quirinale dice che le ragioni della libertà e della democrazia sono prevalse trionfalmente su quelle del terrorismo e della illibertà». Perciò è stato redarguito dall'ex senatore e suo amico personale Maurizio Eufemi: «Caro Gianfranco non basta un bel comunicato per stare su pezzo. A volte bisogna essere presenti e fare un piccolo sacrificio per interpretare il profondo disagio che i democristiani veri hanno vissuto oggi, dove i freddi rituali scanditi dall'orologi, prevalgono sui sentimenti popolari. Non v'è mai stata dal 1978 una distanza così forte tra le autorità e i presenti. Solo la preghiera di monsignor Leuzzi, prima e il coro della parrocchia di Ostia ci hanno confortati e abbiamo ritrovato, quando finalmente le autorità se n'erano andate, la nostra meditazione su Moro». Eufemi ha anche scritto ad Ambra Minervini, figlia del giudice Girolamo Minervini ammazzato dalle Br a Roma il 18 marzo del 1980, che ha deciso di non partecipare alla giornata della memoria perché «stanca di ascoltare discorsi di circostanza che offendono vedove, figli, genitori, fratelli e la memoria dei nostri morti». Ambra Minervini ha ricordato che per ottenere la medaglia alla memoria per suo padre, sua madre «ha dovuto scrivere 15 lettere di sollecito, per vedersela consegnare in un'anonima saletta della prefettura» e che dietro la cerimonia del 9 maggio «c'è il vuoto più assoluto». Eufemi, che si battè in Senato per dare la medaglia d'oro alle vittime del terrorismo, ammette con lei che «oggi tutto si traduce in qualcosa di burocratico per trasformare in solo evento mediatico ciò che dovrebbe avere bel altro significato». «Non sono mai stato invitato alle cerimonie ufficiali, ma non me ne dolgo perché so di avere fatto il mio dovere di parlamentare per una causa giusta; piuttosto», ha concluso, «come possiamo avere memoria senza memoria?»
ALCUNE FOTO DELL'EVENTO
|
||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||
Voto palese o
crisi di governo Era il leitmotiv dell'ottobre 1988, quando il PSI, durante il governo De Mita voleva imporre il voto palese su tutto. Furono due settimane di aspro confronto parlamentare, sapientemente guidato da una grande Presidente d'Assemlea, come Nilde Iotti, sulla riforma dell'articolo 49 del Regolamento. Rileggendo quelle pagine di storia parlamentare si ritrova il senso di una battaglia che a volte vale la pena di combattere. Una parte consistente della DC impose alla maggioranza della DC di De Mita e del PSI di Craxi, importanti modifiche sui principi emendativi che innovavano sulle materie disciplinate dall'articolo 49 del regolamento, sulla disciplina del voto palese o meno, distinguendo opportunamente sulle materie come le leggi di spesa e i principi di libertá. Si registrarono sconfitte per la maggioranza. Quell'articolo 49 ci riporta alle vicende dei giorni di oggi, sull'utilizzo del voto segreto sulla legge elettorale, perchè fu appunto salvaguardato. C'è solo da augurarsi che gli eroi del nostro tempo ne sappiano fare un buon uso. La sostituzione di 10 commissari in Commissione Affari Costituzionali operata dalla Presidenza del Gruppo PD è una decisione abnorme, perchè cancella il dissenso interno, impedisce un corretto lavoro istruttorio della Commissione, scarica sull'aula tutte le tensioni politiche, soffoca il libero confronto parlamentare fino a coinvolgere il Governo su decisioni che dovrebbero appartenere unicamente al parlamento. Alcune frasi pronunciate in quel contesto dai protagonisti di quelle giornate parlamentari meritano di essere ricordate perchè danno il senso della posta in gioco. Bianco " si tratta delle regole del gioco e ritengo che niente più delle regole del gioco debba essere sottratto al sequestro di maggioranze occasionali e anche politiche" Russo Spena " se questa vicenda si chiudesse amaramente con il raggiungimento della quota fatidica dei 316 voti ottenuti con ricatti, pressioni, minacce di scioglimento del Parlamento (come sappiamo essere avvenuto) essa costituirebbero nostro avviso uno strappo allo stato di diritto e alla idea stessa della politica" Adalberto Minucci " si è voluta scatenare una campagna ingiuriosa e mistificatrice in luce falsa, come degli "incappucciati" dei cecchini e quant'altro; qualche collega ha mostrato più sdegno contro il voto segreto che contro le logge segrete!" Martinazzoli " ho qualche difficoltà a credere che le biografie di De Mita e di Donat Cattin siano il segno di un martirologio democristiano" . "Nel regolamento è scritta una regola in base alla quale nessun deputato può essere sanzionato per le posizioni espresse nel corso nel corso dei lavori dell'assemblea e della Commissione". "Credo onorevole Bassanini che questa sará un'altra storia che confermerá il suo incubo , quello che qualcuno fuori di qui imponga, mandi e costruisca prigioni e recinti." Pannella " dobbiamo applaudire il coraggio dell'amico Biondi ma anche certamente quello del Vicepresidente Bianco e di Mario Usellini. " Parabola dì Andreotti " gli estintori non si usano mai, ma è bene averne nel momento in cui dovesse scoppiare un incendio." Violante " in Italia si può votare segretamente tutto tranne la fiducia che è palese, in Germania si vota palesemente tutto tranne la fiducia al cancelliere che è segreta." "Il voto palese potrá diventare, se non cambierá lo status del parlamentare nel Parlamento, la sanzione notarile della intesa segreta tra vertici e lobbies." "Vi sono le intimidazioni e i ricatti che si fanno pesare sui parlamentari della maggioranza per indurli a subire passivamente soluzioni che non sono condivise." " ad un giornalista del Giornale di Montanelli che gli chiedeva che cosa avrebbe fatto se una volta approvata la disciplina del voto palese un deputato del suo gruppo avesse votato contro le direttive Egli rispose che il "bastian contrario" non sarebbe stato ripresentato nelle elezioni politiche e La Malfa non è certo il dirigente di un partito leninista. " Bassanini " quanti potranno assumersi la responsabilitá di votare contro - come sarebbe molto coraggioso fare - in presenza di una possibile crisi di governo o magari di un eventuale scioglimento della Camera? " Rodotá cita una vignetta di Altan su Panorama "voteremo a voto palese leggi segrete" Pajetta Giancarlo " in Germania non si vota la fiducia al Governo con il voto segreto? Allora non è un argomento inconsistente, è una menzogna!. " Labriola " abbiamo sentito parlare di Tucilide, sia consentito a un laico, accanto a Tucilide di ricordare Giuda." Pannella " senza il deterrente dello scrutinio segreto avremmo avuto per Diktat di un segretario, di un oligarca di partito o la crisi di governo imposta o una camera che meccanicamente avrebbe dovuto sottomettersi per non dimettersi, votando tutto palese. " "In nome delle nostre idee noi laici, noi socialisti, noi radicali ci aggiungeremo ai colleghi democristiani che con tanta onestá intellettuale e devo dire con tanto coraggio ci hanno dato un pò tutti quanti un esempio in questi giorni, come hanno fatto Usellini e tanti altri." Usellini "le regole del gioco sono anzitutto lo strumento di difesa delle minoranze" Biondi " non intendevamo assumere la difesa degli incappucciati del voto segreto, di quelli che usano il pugnale corto nelle lotte politiche, ma dichiarando apertamente la loro opinione. Volevamo solamente dire che per quello che riguarda gli aspetti elettorali e costituzionali non ci dovevano mettere nessuna camicia di forza ma assumere liberamente e liberalmente le nostre determinazioni." "Non ci siamo sentiti i "ribelli della montagna". " nel corso del dibattito viene anche ripresa la parabola andreottiana "gli estintori non si usano mai, ma è bene averne nel momento in cui dovesse scoppiare un incendio." Ps. Saprà la minoranza PD agire come fece la minoranza DC.? Avranno gli oppositori dell'Italicum la forza e la determinazione di non disperdere i valori di quelle battaglie del 1988 sulle regole? Quella vicenda dimostrò che il Parlamento è in grado di trovare le soluzioni giuste attraverso il dialogo. |
||||||||||||||||||
I pericoli dell'Italicum
Il Governo vuole imporre la legge elettorale nonostante tutto. Il tutto sta nel dissenso interno del PD, sta nel restringimento dell'area delle forze che ne sostengono contenuti e finalitá, sta nello squilibrio tra consenso elettorale effettivo del 2013 e rappresentanza elettorale; sta nella rottura di quella coalizione formata da PD e Sel che aveva determinato il premio sul Porcellum. Tutto è dunque mutato e di ciò occorre prendere atto. Le modifiche apportate all'italicum sulle soglie di ingresso in Parlamento e per il premio di maggioranza non risolve il nodo di fondo relativo al principio di rappresentanza deformato da collegi troppo grandi e da candidature plurime. Non si vuole prendere in considerazione neppure la possibilitá di ridurre da 10 a tre le pluricandidature come era nella legge elettorale del 1957. Nè si vuole tenere in considerazione la opportunitá di dare il premio di maggioranza alla coalizione piuttosto che al singolo partito, dimenticando che vi potrebbe essere il rischio non sottovalutabile che al secondo turno possa vincere il partito perdente al primo turno, coagulando le forze elettorali eterogenee, le più disparate, determinando non stabilitá del sistema, ma una pericolosa fragilitá. La sinistra definì “legge truffa”, quella proposta da De Gasperi, nonostante il leader democristiano avesse ottenuto il 48,5 per cento alle elezioni politiche del 1948 e disponesse di una maggioranza parlamentare del 60 per cento di voti veri, proporzionali, con un corpo votante del 92 per cento. Domenica scorsa anche Scalfari ha ammesso che non fu legge truffa. " Fu chiamata legge truffa, ma non lo era affatto; dava un premio al partito o alla coalizione che aveva ottenuto il 50,1 per cento dei voti. Con l'Italicum c'è proprio il rischio paventato da De Gasperi di trasformare la minoranza in maggioranza. Sarebbe appunto un tradimento della democrazia. C'è da solo da sperare che nei prossimi giorni, le forze di più forte soliditá e cultura democratica sappiano con senso di responsabilitá, mettere in campo le azioni politiche e parlamentari per impedire l'approvazione di una legge elettorale che non guarda al funzionamento del sistema istituzionale del Paese, ma ai benefici di una singola forza politica. L'accordo tra PD e Ncd non ha quella soliditá indispensabile a dar vita a una nuova legge elettorale. Non v'è neppure tra le forze politiche rappresentate in Parlamento, quel fruttuoso compromesso realizzato sul Mattarellum così come ha ricordato Giorgio Napolitano proprio oggi.
Roma, 13 aprile 2015 Maurizio Eufemi |
||||||||||||||||||
Il DEF in due tempi Ormai siamo al Def in due tempi: prima l'annuncio, poi l'approvazione. Con un intervallo che serve a capire le reazione dei soggetti più direttamente coinvolti, dei media per capire l'umore della stampa così da correggere eventuali errori o la rotta che si voleva intraprendere.
Si fa dunque in cinque giorni
ciò che avrebbe dovuto essere fatto ben prima in una logica preparatoria e
programmatoria che porti il governo ad assumere scelte precise su cui si assume
responsabilitá ben definite. Nel caso specifico si scaricano sui sindaci e sui
comuni gli interventi più dolorosi che riguardano il Welfare sociale e locale.
|
||||||||||||||||||
Riforme che colpiscono l'equilibrio costituzionale
Il governo Renzi procede a strappi sulle riforme sia costituzionale che elettorale, anche per le incertezze determinate dalla rottura del Patto del Nazzareno. Sembra profilarsi una fase di maggioranze variabili a seconda degli argomenti all'ordine del giorno, con tutte le conseguenze possibili, perchè riforme di così vasta portata richiedono larghe convergenze e soliditá di intenti che non si ritrovano nell'attuale quadro politico.
Prosegue l'azione del governo nell'imporre al Parlamento una linea improntata all'uso sistematico della delega, dei decreti legge e del ricorso al voto di fiducia. L'equilibrio dei poteri e di sistema così come costruito dalla Carta Costituzionale viene ferito mortalmente e il colpo di grazia sará dato dalla Riforma istituzionale che determinerá un nuovo modello di governo con un premierato spinto, senza contrappesi e pericolosi effetti sul principio di rappresentanza e sul sistema delle garanzie. Restano da sciogliere nodi ancora difficili quali una più puntuale definizione della rappresentanza delle autonomie che non può essere la duplicazione di quella esistente e la integrazione della funzione della Camera politica.
Di fronte a tutto ciò sono poche le voci che si sono levate per esprimere un dissenso netto di fronte a scelte così gravi è come sarebbe stato auspicabile da parte di chi viene da una tradizione democristiana, con una forte cultura e sensibilitá istituzionale. Vediamo infatti i pericoli di uno strisciante autoritarismo che non viene bilanciato da forti poteri di controllo. Si sta profilando una riforma sbagliata che non risolverá i problemi istituzionali del Paese, accentuando la frammentazione politica con il voto di lista anzichè alla coalizione e le spinte a posizioni più radicali come la Lega lepenista. Giá gli strumenti attuali consentono all'Esecutivo di realizzare il proprio programma di governo come dimostrano i provvedimenti relativi al Jobs Act, agli ottanta euro, alle banche, etc. Ulteriori progressi potrebbero essere raggiunti mettendo mano seriamente ai regolamenti parlamentari.
Sullo sfondo resta una situazione economica estremamente grave sia per i forti livelli di disoccupazione, soprattutto giovanile, sia per scelte economiche sbagliate che giocano tutto sulla favorevole congiuntura economica in conseguenza del più favorevole rapporto euro-dollaro, sul minore costo dell'energia e sulla compressione dei salari. Tutto ciò può favorire la domanda estera con maggiori quote di export, ma non stimola la domanda interna per consumi che può essere generata solo dalla fiducia dei cittadini e soprattutto da un intervento qualitativamente e quantitivamente più efficace sulla pressione fiscale. Questo è il vero nodo irrisolto così come quello di non avere posto in Europa la rivisitazione delle regole che hanno prodotto soltanto deflazione. Non basta l'azione della BCE. C'è bisogno di una nuova politica europea che vada oltre i parametri di Maastricht ancorata al controllo dei bilanci, ma anche ai principi di sussidiarietá e di solidarietá.
Maurizio Eufemi Roma, 6 aprile 2015 |
||||||||||||||||||
I funerali di Gustavo Selva Oggi ho partecipato ai funerali di Gustavo Selva nella chiesa di San Lorenzo in Lucina dove si può ammirare uno splendido dipinto sacro di Guido Reni. Hanno partecipato, numerosi, quelli hanno voluto testimoniare la loro amicizia nel momento del trapasso dalla vita terrena. Si è ricongiunto all'amato figlio Lorenzo, brillante giornalista del Pais prematuramente scomparso. Un dolore per lui insopprimibile. Stava lavorando a un libro filosofico. Aveva scritto 600 pagine sull'uomo. Mons Fisichella ha officiato la funzione religiosa ricordando il viaggio insieme nel Sinai, difficoltoso sia per la sua etá che per le precarie condizioni di salute, ma volle esserci, quasi come scelta finale, come ultimo desiderio di morire lassù. Potrei andare nei ricordi personali lontani nel tempo. Mi fermo qui.
|
||||||||||||||||||
Brevi riflessioni sull’incontro odierno a San Sisto
Oggi a San Sisto, a Caracalla, si sono ritrovati i rappresentanti di
tantissime Associazioni che ritengono sia giunto il momento di
partecipare alla costruzione di un nuovo largo movimento capace riprendere
un impegno diretto in politica. Gianni Fontana ha svolto ampia relazione
introduttiva ai lavori con una riflessione profonda sul ruolo dei
cattolici, sulle esperienze postconciliari, sul vuoto di rappresentanza, su
riforme istituzionali inaccettabili, sulle nuove modalità di presenza e
partecipazione. Ha sollecitato a riprendere un impegno diretto con un
partito comunità rispetto alla negatività dei partiti leaderistici e
personali. Si deve andare in soccorso della crisi perché c’è un diffuso
analfabetismo politico. Ciò deve spingerci a tenere le radici
in profondità. I molti intervenuti ritengono che sia finito il tempo delle
deleghe in bianco e che sia necessario scendere nuovamente in campo per
difendere i valori in cui fermamente si crede.
La federazione è lo strumento per far ritrovare su un percorso comune la
variegata complessità dell’associazionismo che guardi a un trittico su cui
far camminare: il cristiano, il cittadino, il politico.
Viene respinta la proposta di assetti istituzionali che consolidano i poteri
forti e le tecnocrazie con finta libertà e finta democrazia. Il sistema
necessita di una forte rigenerazione. E tutti noi siamo chiamati a dare il
nostro contributo senza necessariamente dovere sottostare in logiche
bipolari, privilegiando esclusivamente il bene comune.
Noi del CDU, nella impossibilitá di Mario Tassone di essere a Roma, con
Paolo Voltaggio, Renato Grassi e Floris, abbiamo partecipato con interesse
ai lavori, condividendo il percorso di riaggregazione che partito da
Sant’Anselmo è proseguito a Corso Rinascimento e San Sisto, per far uscire
dal prepolitico quel vastissimo mondo dell’associazionismo che non può
assistere passivamente alla partita che altri giocano. E’ il momento di
entrare in campo per contarsi per contare. E’ finito il tempo delle deleghe
in bianco.
Roma, 7 marzo 2015
|
||||||||||||||||||
La mancanza di coraggio degli alleati del PD.
Dopo l'abbandono dell'Aula da
parte delle opposizioni l'iter della riforma costituzionale ė diventato di colpo
spedito, senza ostacoli. Abbiamo assistito al festival della ipocrisia tra
esponenti del PD e alleati di governo. E quando Dellai con il suo intervento cerca di giustificare dicendo: "ciò che può apparire una forzatura da parte della maggioranza, cioè la decisione di procedere comunque con i lavori anche dopo l'abbandono da parte delle opposizioni, è la via stretta, in realtà, per evitare un'eutanasia che sarebbe certificata dall'inagibilità e dall'incapacità del Parlamento a decidere, magari è quello che si vuole, tuttavia noi riteniamo che, se si uccide la democrazia parlamentare, l'alternativa non è la democrazia diretta, ma una post democrazia autoritaria", dimostra piena arrendevolezza. Di fronte a queste preoccupazioni non c'era che una sola via, quella di fermare tutto. Altrimenti non si è alleati di governo, ma complici di uno scempio. Per impedirlo c'era però bisogno di coraggio: quello che è mancato ieri a Montecitorio. Roma, 14 febbraio 2015 |
||||||||||||||||||
Non c'è più tempo da perdere.
|
||||||||||||||||||
Non siamo surfisti della politica
La vicenda di Scelta Civica
deve fare riflettere. Alcuni senatori dopo avere cavalcato l'onda
dell'antipolitica, espressione acuta del montismo hanno deciso di tornare nel PD
che avevano lasciato non molto tempo fa. Al Nazareno hanno installato porte
girevoli. Ora ritrovano entusiasticamente in quel partito progetti e valori,
perfino quelli che si consideravano tecnici prestati alla politica. Immaginiamo
la sofferenza e il travaglio interiore. !!! Roma, 7 febbraio 2015 |
||||||||||||||||||
Sergio Mattarella, le radici nel popolarismo più autentico. Un articolo di Chiara Geloni su Huffington Post che ha voluto dire sei cose con scarsa diplomazia su Mattarella presidente, mi offre lo spunto per alcune considerazioni. La notista scrive: " 1) Tra prima e seconda repubblica. Li hanno intervistati tutti, i campioni della prima repubblica, ma io non sono mica tanto d'accordo con questa narrazione di Mattarella come campione della prima repubblica. Nella prima repubblica Mattarella c'era e faceva il ministro, per carità, ma è della nascita della seconda repubblica che Mattarella diventa un protagonista." C'è in questa affermazione il tentativo di distinguere il "dopo" con il "prima", come se non vi fosse continuitá. Perchè questo vale per taluni e non per altri? C'è invece un "prima" che è importante, solido e che fa parte della grande storia della DC e che non può essere archiviato con disinvoltura come si tende a fare. Mattarella arriva in parlamento nel 1983. Diventa subito un protagonista della prima commissione Affari costituzionali dove trova per la Dc, Giovanni Galloni, Ciso Gitti, Gianni Fontana, Adriano Ciaffi, e per gli altri partiti, deputati come Stefano Rodotá, Zangheri, Sterpa, Fini, Pazzaglia, Labriola. Nella legislatura successiva diventa immediatamente ministro dei Governi Goria, De Mita e Andreotti fino al 27 luglio 1990, quando si dimise per le ragioni che tutti sappiamo. Poi diventa vicesegretario della Dc e ha un ruolo di rilievo al grande convegno organizzativo di Assago del 29 novembre 1991 sul tema Partito Popolare storia, presenza progetto. Il Prof. Gabriele De Rosa si sofferma nella sua relazione sul primato della politica perchè "è sempre stata una tentazione interna al movimento cattolico la separazione del politico dal sociale per sostenere una sorta di autonomia del sociale con qualunque stato e qualunque politica. Sono spinte che in alcuni casi vengono dalla degenerazione della lotta politica, ma in altri casi, e sono inquietanti, vengono da settori forti della societá che dalla separazione dal politico al sociale si ripromettono di imporre al politico e al sociale la logica di loro strategie di espansione e di rafforzamento. De Rosa si interrogava su come rispondere a queste spinte ricordando il pensiero sturziano per il quale "la politica è sintesi di teorie e di interessi, di principi e di fatti, la politica è vita nel senso più completo della parola". Sergio Mattarella in quella sede si interrogò se la Dc avesse esaurito la sua funzione. Si interrogò sul senso del popolarismo, riallacciandosi alla relazione di De Rosa, e il valore su come realizzare la partecipazione sia dei singoli che delle formazioni sociali. Manifestò preoccupazione sulla "maturazione della crescita complessiva della societá che rischia di essere incompatibile con la natura popolare del partito, che occorresse uscire da una falsa dicotomia che è un modo di falsamente contrapporre modernitá e solidarietá, che il moltiplicarsi degli interessi non potesse essere lasciato al libero gioco per non destinarlo alla prevaricazione degli interessi più forti" Auspicava il partito aperto di Zaccagnini, con un "pluralismo dinamico laddove la partecipazione si traduce in una capacitá di esprimere valori comuni di progettare iniziative che se realizzate sono destinate a soddisfare non questa o quella parte, ma alla radice, la persona umana, nella sua stessa consistenza di soggetto chiamato a una libertá che è innanzitutto responsabilitá". E sulle riforme istituzionali disse che "sono decise per il sistema politico ma sono destinate a restare un guscio vivo se i partiti non riaffermano e non realizzano un forte recupero di centralitá". Manifestò preoccupazione per la protesta, (avanzava il fenomeno della Lega n.d.r.) per l'insofferenza, per l'insoddisfazione pur legittime e comprensibili possono avere esiti pericolosi dal qualunquismo in giù. "La strada della ragione è più ardua e impegnativa che non quella della emotivitá". Invitò a rileggere l'ecclesiaste quando afferma " c'è un tempo per gettare i sassi e un tempo per raccoglierli" e che " c'è un tempo per tacere è un tempo per parlare". Concluse citando un passo di una lettera di Benigno Zaccagnini al figlio nel '68 ..." Non si può fuggire da noi stessi... " "bisogna imparare ad avere pietá e comprensione anche di se stessi e con pazienza molta è lunga modificarci, riformarci, migliorarci e lentamente, ricadendo e ricominciando ogni giorno, sempre insoddisfatti di sè, ma anche sempre o aumenti e pietosi verso se stessi e con i nostri simili che sono tutti gli altri". Questo è Sergio Mattarella, nella sua storia politica è parlamentare, con una continuitá e coerenza di pensiero e di azione politica, campione della prima e della seconda Repubblica e speriamo della terza, perchè non ci può essere un "dopo" senza un "prima", non ci può essere storia senza preistoria! Perchè, cara Geloni, non ci sarebbe il Partito Democratico senza i Ds, la Margherita, il Pds, i popolari, il Pci. P.s. Bianco Gerardo non è un preambolista perchè non ha votato il preambolo di Donat Cattin. |
||||||||||||||||||
Tassone:
per un ritorno alla politica
M.Tassone: Il Consiglio nazionale del CDU rivendica un ritorno alla politica Il Consiglio nazionale del CDU che si è svolto il 24 a Roma sarà ricordato come uno dei momenti più significativi per il livello del dibattito (fra giorni sul sito CDU verrà riportata la sintesi dei lavori). Quando si rivendica il ritorno alla politica significa uscire dall'astrattezza delle formule e ricercare nel comune sentire le soluzioni più idonee. La convivenza civile deve essere vera e non forzosa e i diritti non dispersi nel crogiolo di "doveri" sempre ampi fino a divenire una sottomissione.
Il Consiglio nazionale ha ascoltato la relazione di Paolo Voltaggio sulla legalità che ha offerto spunti di riflessione importanti. L'impegno per la legalità non è solo l'aumento delle pene ma è soprattutto la crescita culturale di un popolo. Criminalità, corruzione non si debellano, quindi solo con le armi della sanzione ma operando per la giustizia in tutti i sensi e garantendo la libertà, la democrazia come condizione importante per lo sviluppo ordinato del Paese. Legalità significa porre al centro la persona umana e le istituzioni debbono essere fattori di riequilibrio e di sintesi fra gli interessi contrapposti. Le istituzioni vanno in crisi e non c'è politica quando vengono meno le garanzia della divisione dei poteri e tutto è vissuto in un indefinito orizzonte dove non c'è certezza nelle regole. E se le regole vengono meno un Paese finisce di essere comunità. La nostra sfida è richiamare altre formazioni per portare avanti un disegno autentico di sviluppo e smarcarsi dalla pletora dei nuovi nobili che producono progetti in serie. Ma i progetti in serie non possono comprendere la varietà delle attese (come le prospettive per i giovani, servizi più efficienti, la difesa dell'ambiente, la qualità della vita, il sostegno alle famiglie, la tutela delle fasce più deboli, una giustizia vera) ma solo alcune e non sempre le più rilevanti perché riguardano categorie sempre più "tutelate". L'impegno per la legalità è vivere un tempo dove si intreccino gli interessi veri in una società che ritrovi la forza di andare avanti con le proprie idee senza farsi condurre docilmente per mano da chi pretende di imporre le sue. Mario Tassone
28/01/2015 |
||||||||||||||||||
Le mani sulle banche popolari
Il governo Renzi vuole mettere le
mani sulle banche popolari. Lo fa con un intervento sul tuf testo unico di
finanza, cancellando il principio fondamentale del voto capitario e con la
trasformazione in SPA. Lo fa con motivazioni risibili come l'eccessivo numero
dei banchieri e la scarsa erogazione del credito. Lo fa in contraddizione con la
recente introduzione del voto plurimo che consente nelle societá quotate di
accrescere il peso degli azionisti
stabili, tutelando il capitalismo nostrano. La veritá è che si vogliono mettere
le mani sulle banche popolari che sono quelle che rappresentano un quarto del
sistema del credito e che hanno garantito in questi anni difficili lo stesso
credito ai territori con la loro presenza di prossimità, capillare. Roma, 18 gennaio 2015 |
||||||||||||||||||
Per un progetto
politico nel segno del popolarismo Creare una alternativa allo stato attuale delle cose nella linea del popolarismo che significa innanzitutto ascoltare la gente. Esistere con il popolo come scriveva Maritain, perchè il popolo c'è. Non avere il timore di difendere i valori fondamentali della vita, della famiglia che non devono risiedere solo nelle coscienze, ma anche nei programmi e nella azione politica quotidiana. Avere una visione progettuale chiara perchè la coerenza spinta fino in fondo può portare successi, dunque presentarsi alternativi con una distinzione chiara. Questa è una esigenza del Paese che richiede un progetto politico alternativo con una vocazione al governo. La ispirazione cristiana è fondamentale per rivendicare una cultura politica del popolarismo che non si confonde con il socialismo. In una fase come questa il primo passo è ripresentarci con una federazione ricca di sensibilitá diverse. Anche il PPE si dimostra insufficiente rispetto ad una rappresentanza dei valori più compiuti del popolarismo più autentico e della solidarietá dei popoli europei. Riscoprire la politica come alto atto di amore per il prossimo. P.S Sono alcune delle linee di azione emerse nell'incontro del convento di San Sisto dedicato a San Domenico perchè lì operò. Mentre svolgevamo le nostre riflessioni le suore domenicane nel silenzio mediatico distribuivano ai poveri il pane quotidiano come missione di amore verso chi soffre. Nella cappella della chiesa c'è una bellissima immagine dell'abbraccio tra San Francesco insieme a San Domenico, simbolo di vera fraternitá, un tesoro nascosto della Roma cristiana. Roma, 10 gennaio 2015
|
||||||||||||||||||