...verso il

Partito Popolare Europeo

MAURIZIO EUFEMI

è stato eletto al Senato  nella XIV^ e XV^ legislatura

già Segretario della Presidenza del Senato

nella XVa Legislatura

comunicati 2017

COMUNICATO CDU PIEMONTE SULLE ELEZIONI DEL 4 MARZO

CDU le 40 idee sulla politica

 

Nella mattinata di ieri, sabato 13 gennaio 2018, il Cdu ha chiamato a raccolta quadri e simpatizzanti per esporre le 40 idee sulla politica e per la politica che il partito di Tassone ha predisposto per le prossime elezioni politiche.

Sotto la regia di Marco Margrita, direttore de "Il Monviso", il senatore Maurizio Eufemi ed il coordinatore regionale Mauro Carmagnola hanno illustrato i punti forza di questo documento preparatorio della prossima campagna elettorale.
Come ha detto Carmagnola, quattro sono i pilastri di questa proposta: una analisi degli ultimi 20 anni di storia e politica italiana, le vicende del mondo cattolico dopo l'ultimo papa italiano, il disastro ereditato dai governi a guida Pd, i progetti per l'immediato futuro di un auspicato governo a compartecipazione cristiano democratica.

Eufemi, alla luce della sua esperienza parlamentare, ha sottolineato l'importanza delle battaglie per il lavoro sul territorio, contro il fisco rapace e per una  politica economica realistica e concreta cui lo scudo crociato si richiama da sempre.

Anche nelle prossima competizione elettorale. Fabrizio Leotta di Forza Italia e Giampiero Leo, amministratore torinese di lungo corso, hanno sottolineato da un lato la coerente collocazione del Cdu nel centro destra e dall'altro la consonanza con il mondo cattolico e l'esperienza interconfessionale in corso a Torino.

Un dibattito aperto, nel corso del quale sono emersi forti elementi identitari per un partito di ispirazione cristiana, ha concluso i lavori.

 

da "Torino Oggi" di domenica 13 gennaio

 

 

SCARICA IL DOCUMENTO :40 IDEE del CDU sulla politica e per la politica

 

 

 

Mario Tassone: l’esempio di Don Sturzo per ritrovare una grande storia!

 

Il 26 novembre del 1871 nasceva don Luigi Sturzo.

È doveroso ricordare una grande figura dell'Italia che riuscì a impegnare i cattolici nella vita politica fondando nel 1919 il Partito Popolare Italiano.

Erano anni di grande tormento per una Nazione che usciva da una guerra che aveva arrecato immense sofferenze. Don Luigi Sturzo fu testimone nel 1900 della nascita della Democrazia Cristiana di Romolo Murri. Proseguì nell' impegno sociale con coraggio, anche attraverso il giornale "La Croce di Costantino" (da Lui fondato), in un Italia degradata dalle ingiustizie economiche e sociali. Don Sturzo portava l'esperienza della Sua Sicilia e del Mezzogiorno con i problemi economici, delle diseguaglianze e dei diritti civili. Fondò il partito di cattolici avendo come riferimento la "Rerum Novarum" di Leone XIII che avviava il sostanziale impegno nella vita politica dei cattolici dopo il lungo silenzio seguito alla " Breccia di Porta Pia" del XX settembre del 1870 e al "non expedit"di Pio IX.  

Ricordiamo la figura del "Sacerdote di Caltagirone" nel momento in cui cattolici e democratici cristiani, non rassegnati alla irrilevanza, cercano di affermare una cultura di valori sempre più sbiaditi.

L'esempio sturziano ci spinge in questa direzione. C'è bisogno di un patrimonio morale e civile a cui riferirsi senza il quale gli approdi risulteranno vani. Sturzo è testimone e protagonista della grande storia che va ripresa con convinzione, con rinnovato slancio e passione civile!

Mario Tassone: il Congresso regionale della Puglia

 

Il Congresso Regionale del nuovo CDU della Puglia che si ècelebrato sabato 25 a Bari è stato un evento storico in questa fase di ricostruzione dell'area cristiano-democratica. Vi è stata una grandissima partecipazione che non si vedeva da tempo.

Tutti gli intervenuti nel dibattito hanno offerto contributi preziosi di analisi e di proposte. Bisogna raccogliere, oggi, le diffuse sollecitazioni, inimmaginabili nel recente passato, a ridare vita al polo del popolarismo cattolico. 

E'  il tempo delle assunzioni di responsabilità.

È il tempo di colmare vuoti. 

E' il tempo di agire  per dare corpo alla politica.

I cittadini hanno bisogno di saldi ancoraggi attraverso valori che sono stati sostituiti dalla povertà dei progetti. I diritti, la giustizia, lo sviluppo equilibrato, la qualità della vita, l'ambiente, la famiglia, le diseguaglianze, la prospettiva per i giovani sono i temi della modernità e lo sviluppo. Il primato della politica è lo strumento per costruire.

A Bari è stato solennemente rinnovato l'impegno per fare, per coinvolgere, per dare speranza a molti cristiani democratici dispersi e delusi. Oggi c'è bisogno della nostra presenza organizzata superando divisioni non più giustificabili. Lo chiedono in molti, frastornati dalla confusione di oggi. Lo chiedono anche quelli che avevano sperato nelle scorciatoie mentre la costruzione e la salvaguardia della democrazia e della libertà richiedono sacrificio e impegno di tutti.

Gli interventi a Bari di Cesa, di Buttiglione, di Formigoni, sono stati illuminanti. Interessanti anche gli interventi del segretario regionale di FI. on. Vitali, dell’ on. Sisto di F.I.,dell'on. Di Stato di Direzione Italia, dei responsabili regionali di Fratelli d'Italia Gemmato e della Lega Sasso.

Un sincero apprezzamento va al vice-segretario Marinacci per la generosità. la abnegazione. Un grazie a Tonino Borsci che ha guidato il Partito in questi anni e che lo continuerà a farlo dopo essere stato acclamato Segretario Regionale.

Un grazie agli amici on. Tanzilli, on. Gemelli, ai segretari regionali della Campania Saturno e della Calabria Gallo,al coordinatore della Basilicata Viola, al presidente di Futura Laganà, ai dirigenti, presenti ai lavori congressuali. Grazie a Di Prizio, che ha presieduto i lavori e a Barnabà, rispettivamente commissario provinciale e responsabile organizzativo di Bari.

Un particolare sentimento di gratitudine va agli amici tutti per il dono dell'entusiasmo e di passione politica.

Questi sono le giuste spinte per continuare!

INAUGURAZIONE SEDE DC DI PIAZZA DEL GESU'

15.26 | Dc: dopo 24 anni torna in piazza del Gesù, inaugurati uffici (ANSA Notiziario Nazionale)

Fontana, per De Gasperi servivano 30 locali, ora ne abbiamo tre (ANSA) -

 

ROMA, 9 NOV - Sono passati 24 anni dall'ultima volta, ma oggi la Dc torna ad "occupare", anche se in minima parte, la sede di piazza del Gesù.

Alla cerimonia inaugurale c'era il leader della DC Gianni Fontana, un passato da parlamentare in entrambi i rami del Parlamento, con diversi incarichi di governo. Prima più volte sottosegretario e poi ministro dell'Agricoltura, per meno di un anno, nel governo Amato nel 1992. "Alcide De Gasperi - ha detto Fontana - diceva che per governare l'Italia ci vogliono trenta locali. Oggi inauguriamo la sede storica della DC e partiamo da tre locali, con sobrietà e umiltà, ma con una grande determinazione per cercare di attuare le riforme sociali che servono la Paese. Noi torniamo in politica, per apportare un contributo forte di valori, riprendere il cammino che abbiamo lasciato ma ponendoci nuovi orizzonti per ricostruire l'Italia. Serve un politica che dia speranza nel futuro e faccia uscire il nostro Paese da questo momento di instabilità. Per questo ci presenteremo alle elezioni nel 2018, con un programma nuovo, tutto rivolto in avanti". La rinata Dc di Fontana ha avuto il suo battesimo il 30 marzo del 2012, con un Consiglio Nazionale autoconvocatosi per iniziativa di Clelio Darida e di altri 48 consiglieri nazionali che ricoprivano tale ruolo nel 1994 (anno in cui deliberata la nascita del Partito Popolare Italiano). Fontana viene eletto segretario nazionale, carica confermata nel novembre successivo dal Congresso.(ANSA). PH 09-NOV-17 15:25 NNN

--------------------------------------------------------------------------------

Comunicato di Mario Tassone: la Segreteria politica del N. CDU del 9/11/2017

 

La Segreteria politica del nuovo CDU, allargata ai responsabili regionali, ha espresso un giudizio ampiamente positivo sui risultati elettorali della Sicilia. L'area centrale alleata con il centro-destra ha avuto un ruolo decisivo. Il percorso del centro intrapreso in Sicilia, se ulteriormente rafforzato e allargato con opportuni coinvolgimenti,può essere serio riferimento per i futuri appuntamenti. La presenza organizzata dei cristiani democratici può essere il fatto nuovo, dopo anni di silenzi, di incertezze, di progetti nebulosi e di sostanziali irrilevanze.

Si può riprendere un cammino bloccato negli anni 1993-94. Non si liquidò, allora, solo la storia della D.C.. e dei grandi partiti che avevano scritto la Costituzione, ma si bloccò l'espandersi della democrazia, la possibilità di correggere errori per andare avanti. Oggi difronte un nanismo avvilente, la lievitazione delle proteste, dei populismi, degli estremismi inconcludenti, si avverte il bisogno di ragionare, di fare politica. E la politica si può riprendere se rivive la stagione della dialettica, del confronto sui progetti della vita e della società. Se non si abbattano le resistenze all'affermarsi dei valori e del pluralismo delle idee, prevarrà un pragmatismo senza respiro. Si vive il presente senza coraggio e senza visioni.

La segreteria politica del nuovo CDU, si è richiamata al suo progetto iniziale, del maggio del 2013 Parco dei Principi di Roma, volto alla ricomposizione dell'area di centro di ispirazione cristiana. I tempi sono maturi. Le elezioni politiche ne sono l'occasione. Il sistema elettorale attuale non affascina, ma la nostra presenza può bilanciare visioni di depauperiamo democratico sempre in agguato e minaccioso. Lo stesso giorno 9 novembre tutta la Segretaria politica del N. CDU si è trasferita a Piazza del Gesù dove l'Associazione della Democrazia Cristiana, guidata dall'on. Fontana, ha aperto i propri locali nella storica sede della D.C.. Ho visto tanti amici. Tanti ricordi. Tanti pensieri. Tante emozioni. Un ritorno a casa? Certo un tentativo da incoraggiare per restituire dignità a un passato e impegnare il futuro. Un ritrovarsi non per fare una sommatoria di sigle ma per sentirci protagonisti senza complessi. Riprendiamo con orgoglio la nostra storia senza fermarci contrastando le troppe strumentalizzazioni. Finalmente liberi con i nostri pensieri forti! Una grande sfida. Ne vale la pena per essere vivi!

La Segreteria politica ha anche preso atto degli appuntamenti programmati per i prossimi mesi, il 24/11 Congresso regionale Puglia, il 30/11 manifestazione a Brescia in vista delle elezioni comunali, il 2/12 la Conferenza regionale a Napoli, il 17/12 il Congresso provinciale di Salerno e, con data ancora da stabilire, un appuntamento in Veneto organizzato dal Coordinatore regionale dr. Finesso. 

A conclusione è stata presentata dal Dr.  Ortensio De Feo e dal dr. Nicola Ammaccapane la nuova versione del sito web del partito, attivo al seguente indirizzo:

https://www.nuovocdu.it/

 

Roma, 13/11/2017

 

Mario Tassone

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Riaperta la sede a Piazza del Gesù e ora avanti con l’unità di tutti i DC

In un clima di grande commozione si sono inaugurati ieri gli uffici della DC nazionale nella sede storica di Piazza del Gesù,46.

Non sono più le “trenta stanze” che De Gasperi sosteneva fossero “sufficienti al partito per governare l’Italia”, ma tre ampi locali che gli eredi della Balena bianca, da “medici scalzi”, come ha dichiarato ieri l’On Gianni Fontana, presidente del partito, sono la base di ripartenza per ricomporre l’unità dell’area popolare e democratico cristiana italiana.

Erano presenti vecchi e nuovi sostenitori e simpatizzanti, si sono notati, tra gli altri, gli Onn. Mannino, Zolla, Tarolli, Tassone, Nisticò, Eufemi e centinaia di militanti giunti da molte parti d’Italia attratti dalla bella notizia del ritorno a Piazza del Gesù. Significativa anche la partecipazione di alcuni amici sin qui protagonisti di una serie di distinguo critici come Angelo Sandri, Antonio De Simoni e l’avv. Cerenza, lieti di tornare alla casa comune.

Gianni Fontana, nell’improvvisata conferenza stampa tenuta in uno dei locali in cui campeggiavano i ritratti dei padri fondatori: Surzo, De Gasperi, Moro, insieme ad un manifesto in cui erano raffigurati tutti i segretari del partito che si sono succeduti nella storia DC, da De Gasperi a Martinazzoli, ha così esordito: “Oggi inauguriamo la sede storica della DC e partiamo da tre locali, con sobrietà e umiltà, ma con una grande determinazione per cercare di attuare le riforme sociali che servono la Paese. Noi torniamo in politica, per apportare un contributo forte di valori, riprendere il cammino che abbiamo lasciato ma ponendoci nuovi orizzonti per ricostruire l'Italia. Serve un politica che dia speranza nel futuro e faccia uscire il nostro Paese da questo momento di instabilità. Per questo ci presenteremo alle elezioni nel 2018, con un programma nuovo, tutto rivolto in avanti”.

Gli stessi concetti che in maniera assai più approfondita Fontana ha enunciato nella prima riunione del consiglio di presidenza., che ha voluto raccogliere attorno a sé alla vigilia di alcuni importanti appuntamenti che caratterizzeranno il mese di Novembre sino alla data del 10 Dicembre, nella quale il partito è impegnato a concorrere alla costruzione di un comitato nazionale provvisorio espressivo di tutte le diverse anime di ispirazione democratico cristiana con le quali partecipare alle prossime elezioni politiche.

Ricordato che la crisi italiana sta assumendo caratteri di tipo entropico, nella quale non appaiono chiare le prospettive nella babele delle inculture politiche prevalenti e il sistema rischia di collassare,

Fontana ha anche sottolineato che, in questa situazione, risulta ancor più necessaria una proposta politica ispirata ai valori della dottrina sociale cristiana come quella che la DC è in grado di mettere in campo. Serve, ha aggiunto, una minoranza organizzata e forte che abbia la capacità di vedere il futuro; un gruppo minoritario che abbia l’ambizione di diventare la coscienza critica del Paese, in grado di offrire virtuosi consigli e dialoghi e non per creare la sensazione di divisioni e difficoltà e incapacità di trovare un’idea una prospettiva.

Dopo un ampio dibattito nel quale sono intervenuti, tra gli altri, Gubert, Lisi, Fabbrini, Luciani, Zolla, Fago, Barbuto, Portacci, Bonalberti, Cugliari, Rosini, Valenti, Carmagnola e De Maio, l’incontro si è concluso in un clima di grande unità dando il mandato al Presidente di incontrare nei prossimi giorni i diversi esponenti dei gruppi che fanno riferimento alla comune matrice democratico cristiana per verificare le condizioni concrete per giungere alla formazione di un comitato nazionale unitario.

Premessa indispensabile: il riconoscimento del ruolo di Fontana, quale presidente giuridicamente riconosciuto della DC, alla quale appartiene a tutti gli effetti nome e simbolo dello scudo crociato, così come conseguente alla sentenza della Corte di Cassazione che, senza alcun altra possibilità di replica, ha sancito con delibera n.25999 del 23.12.2010 che: “ la DC non è mai stata giuridicamente sciolta”

Sulla base della verifica dei prossimi giorni, l’assemblea dei soci DC, convocata a Roma Sabato 18 Novembre prossimo al Teatro Golden in via Taranto,36, alle ore 9,30 assumerà le decisioni conseguenti.

Ettore Bonalberti
Venezia, 10 Novembre 2017

 

 

 

 

interviste Tassone-Eufemi

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=765799063623466&id=100005801375583

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10213068072330919&id=1666582634

 

Disuguaglianze: quante sono, come combatterle

M. Franzini - M. Pianta
Roma-Bari, Laterza, 2016, pp.200, 14 euro.

Recensione di Lorenzo Pallotta
 

Questo libro sintetizza anni di ricerca, di presentazioni a seminari e discussioni pubbliche sulla disuguaglianza. Le principali idee qui esposte sono rintracciabili in alcuni saggi precedenti di Franzini, Pianta e Marcon (Cfr. su questa Rivista, n.5-6/2013, la recensione di Disuguaglianze inaccettabili di Franzini).

Gli è che, le disuguaglianze di reddito e di ricchezza sono aumentate in tutti i paesi avanzati e quelle di reddito sono tornate addirittura ai livelli di un secolo fa. Esse rimangono estremamente alte anche a livello mondiale, nonostante il più alto reddito medio di paesi emergenti come Cina ed India.
La disuguaglianza è dunque oggetto di una crescente attenzione tant’è che alcuni libri che l’hanno evidenziata sono perfino diventati best-seller (Cfr. su questa Rivista, n.5-6/2014 e n.2- 3/2017, le recensioni dei testi di Piketty e Stiglitz). E però, nonostante i molti studi apparsi finora, manca ancora una spiegazione convincente e completa dei meccanismi che sono alla radice di questo fenomeno che, forse anche per questo, non viene considerato un obiettivo chiave per l’azione dei governi. E difatti, nonostante occasionali manifestazioni contro l’1% dei più ricchi, manca una appropriata strategia politica. Gli AA. propongono un’interpretazione che conferisce un notevole peso a quattro motori che alimentano la disuguaglianza nel capitalismo di oggi: il potere del capitale sul lavoro, l’ascesa di un “capitalismo oligarchico”, l’individualizzazione delle condizioni economiche e l’arretramento della politica.


L’azione congiunta di questi motori sta cambiando le modalità di funzionamento non soltanto del sistema economico ma anche di quello politico, tant’è che l’economia sta diventando meno dinamica, la società più ingiusta e la politica meno democratica.
Un punto di svolta nella dinamica delle disparità viene considerato l’avvento del neoliberismo con le vittorie della Thatcher nel 1979 in Gran Bretagna e di Reagan l’anno dopo negli Usa. Il nuovo credo economico-politico ha smantellato il consenso keynesiano del dopoguerra mettendo al centro del processo economico il mercato che, una volta liberalizzato e deregolamentato, sarebbe stato in grado non solo di allocare efficientemente le risorse ma anche di distribuire equamente i compensi.
Alla crisi degli anni Settanta del secolo scorso, le istituzioni hanno risposto con la deregolamentazione del settore bancario, la liberalizzazione dei movimenti di capitale e con nuovi strumenti finanziari (future, derivati, hedge funds ed altri) che hanno alimentato la speculazione di breve periodo.
Dieci anni dopo, nei paesi avanzati la globalizzazione e la diffusione delle tecnologie informatiche hanno trasformato i sistemi di produzione e i flussi d’investimento, riducendo la produzione interna, distruggendo posti di lavoro, abbassando i salari e minando il potere dei sindacati. In questi paesi, il nuovo potere del capitale sul lavoro ha portato dagli anni Ottanta ad oggi a uno spostamento di almeno dieci punti percentuali di Pil dalla quota dei salari a quella del capitale. E questo spiega il valore crescente delle attività finanziarie e immobiliari, l’aumento inconsueto dei redditi dei super ricchi e dei compensi dei manager. Nelle 350 maggiori imprese Usa, fatto pari a uno il salario medio dei dipendenti, i compensi dei manager sono passati da 30 nel 1978 a 383 nel 2000 e a 296 nel 2013.
E però, le distanze sono aumentate non solo tra i più ricchi e tutti gli altri ma anche all’interno della classe lavoratrice. Il processo di individualizzazione ha infatti messo i lavoratori in concorrenza l’uno con l’altro. Questi svolgono in genere lavori più precari, con un’ampia varietà di forme contrattuali (a tempo determinato, part-time, su commessa, con partita Iva) mentre i giovani vedono futuri professionali sempre più incerti e diversificati. Anche le pensioni dipendono da sistemi pensionistici differenziati e legati, spesso,
all’andamento dei mercati finanziari.
Fino agli anni Settanta nei paesi avanzati le disparità che emergevano dai meccanismi di mercato erano contenute dallo Stato attraverso una tassazione fortemente progressiva, da imposte specifiche sui beni di lusso, da elevate imposte di successione, dal
sostegno al reddito dei meno fortunati e da un’ampia fornitura di servizi pubblici fuori dal mercato (istruzione, sanità, sicurezza sociale, pensioni, tutela dell’ambiente, etc.).

Dagli anni Ottanta in poi quasi tutte queste politiche sono state cancellate o indebolite, per cui questo arretramento della politica ha
avuto un notevole impatto negativo sulle disparità.
A partire dagli anni Novanta, a seguito delle disparità verificatesi nel decennio precedente, gli studi si sono spostati dalla distribuzione funzionale del reddito tra le classi sociali alle disuguaglianze tra gli individui. In effetti, le divisioni di classe sono diventate meno chiare e condizioni di genere, origine etnica, istruzione e qualificazione professionale sono risultati i fattori più idonei a spiegare la distribuzione personale dei redditi. Parallelamente, la rapida accumulazione dei patrimoni finanziari e immobiliari degli individui più ricchi ha prodotto una nuova attenzione sulle disuguaglianze.
Piketty ha sostenuto che le radici della crescente disparità sono i rendimenti del capitale superiori al tasso di crescita dell’economia. Altre spiegazioni si sono concentrate sulle disparità tra i salari nel contesto della globalizzazione e del cambiamento tecnologico.
Alcuni sostengono che i salari crescenti degli occupati più qualificati riflettono la maggiore produttività dei lavoratori in grado di utilizzare le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione e che le disparità retributive sono il risultato di un cambiamento
tecnologico skill biased, che favorisce le alte qualifiche. Altri però osservano che nei paesi avanzati non si registra un generale innalzamento delle qualifiche degli occupati, ma si sta invece verificando una polarizzazione che crea più posti di lavoro, da un lato,
per manager e professionisti, e, dall’altro, per i lavori meno qualificati. Il cambiamento tecnologico ha senza dubbio un impatto sulla disuguaglianza, ma tale impatto è più complesso rispetto a quello ipotizzato dagli studi skill bias.
L’Indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite classifica i paesi in base a una media della loro aspettativa di vita, del livello di istruzione e del Pil pro-capite. Therborn ha sostenuto che ci sono tre tipi interconnessi di disuguaglianza: quella vitale (basata sulle
aspettative di vita e sulle condizioni di salute), quella esistenziale (basata sulle differenze tra classi, status, genere, etnia) e quella delle risorse (della quale si occupano di più gli economisti).
Wilkinson e Piketty hanno mostrato che le disparità più elevate nei paesi avanzati sono associate a una lunga serie di problemi sociali (suicidio, consumo di stupefacenti, obesità, etc.) che contribuiscono ad abbreviare l’aspettativa di vita dei poveri.
Contrariamente a quanto sostenuto dalle prospettive liberali, c’è ampia evidenza che le economie avanzate negli ultimi decenni sono rimaste ben lontane dal concedere pari opportunità a tutti e, d’altro canto, vi sono poche prove che un’alta disuguaglianza sia associata a una maggiore crescita che la potrebbe giustificare. In sintesi, gli AA. sottolineano che la nuova natura della disuguaglianza contemporanea sta cambiando il quadro della discussione almeno sotto tre profili.
In primo luogo, i redditi e la ricchezza delle persone più ricche oggi sono sempre meno il risultato di una crescita di attività economiche di successo e sempre più il risultato della speculazione finanziaria, di rendite monopolistiche, protezioni dalla concorrenza e di privilegi di varia natura, a iniziare da quelli familiari i quali, mediante lasciti ereditari, indeboliscono il legame tra
meriti e compensi ottenuti. Senza sottovalutare che questi “aristocratici del denaro” possono influenzare i processi politici, condizionando i governi e minando così i sistemi democratici. In secondo luogo, i meccanismi che producono disparità nei paesi avanzati sono diventati più complessi perchési sono estesi anche all’istruzione, alla posizione nel mondo del lavoro, all’origine
familiare, etc. In terzo luogo, alla base delle dinamiche delle disparità ci sono istituzioni e processi politici che definiscono le azioni dei governi.

Si pensa di solito che tali contesti siano “neutrali” e indipendenti dalla dinamica delle disparità, ma in realtà essi possono esserne
fortemente influenzati. In definitiva, la disuguaglianza è importante anche perché influenza il quadro istituzionale e i processi politici, causando un fallimento della democrazia e una disparità di diritti politici.
Questi tre profili delle disparità di oggi forniscono prove ulteriori sulla loro inaccettabilità e mostrano la necessità di affrontarle con azioni politiche adeguate. A questo proposito è da evidenziare il recente cambiamento di indirizzo politico delle istituzioni internazionali, come l’Ocse e il Fmi, che avevano a lungo giustificato le politiche che alimentavano le disuguaglianze. L’Espresso del 16 luglio 2017 riporta un articolo di Turano (E sull’Ocse sventola l’uguaglianza) nel quale il segretario dell’organizzazione (Gurrìa), dopo aver ribadito che “lo squilibrio della distribuzione della ricchezza, con l’1% dei più abbienti che possiede il 18% della ricchezza mondiale, mentre al 60% dei più poveri resta appena il 13% del totale, è un allarme specificamente lanciato dall’Ocse nel corso degli ultimi anni”, ritiene che l’Ocse sia fondamentale “per costruire un migliore futuro economico per il pianeta, perché ha compreso presto che doveva impostare la sua azione verso la riduzione delle disparità”.
 

Nell’ultimo capitolo del testo, l’analisi si sposta sul quarto fattore della disuguaglianza (l’arretramento della politica) il quale ha reso più incisivi gli effetti degli altri tre in quanto, come già accennato, la ridotta capacità di spesa dei governi nazionali, la riduzione della
progressività della tassazione, la capacità dei redditi più alti di eludere le imposte e la privatizzazione dei servizi pubblici hanno indebolito gli effetti redistributivi delle politiche pubbliche.
Le misure suggerite dagli AA. sono volte sia a prevenire la formazione della disuguaglianza nei mercati sia a redistribuire ex-post il reddito e la ricchezza.
Esse sono raggruppate in base alla loro rilevanza nel far fronte ai quattro motori indicati. Per riequilibrare i rapporti capitale/lavoro si propone di regolare e ridimensionare la finanza, limitare le posizioni di rendita, distribuire in modo equo i benefici della tecnologia e
gli aumenti di produttività, introdurre un salario minimo efficace e riconoscere un ruolo maggiore ai contratti di lavoro nazionali. Per contenere il capitalismo oligarchico, si suggerisce di controllare
i super redditi e di aumentare le imposte di successione. Per contrastare l’individualizzazione delle condizioni economiche, bisognerebbe ridurre la frammentazione dei contratti di lavoro e rafforzare un’istruzione pubblica egualitaria. Infine, per tornare a efficaci
politiche di redistribuzione, occorrerebbe tassare in modo appropriato la ricchezza a livello nazionale e internazionale, accrescere la progressività delle imposte sul reddito delle persone fisiche e introdurre un reddito minimo.
Da tempo si discute se le politiche debbano assicurare l’occupazione o garantire il reddito. Entrambe le proposte hanno i loro meriti e una politica ben congegnata potrebbe combinare la protezione dell’occupazione con il reddito garantito e con il salario minimo, all’interno di una strategia complessiva diretta a contrastare il fenomeno dei working poors e a ridurre la povertà e le disuguaglianze.
 

In definitiva, gli AA. propongono di fermare l’arretramento della politica di fronte alle disparità e suggeriscono nuove politiche per ridurre le disuguaglianze e, al tempo stesso, portare le economie avanzate fuori dalla stagnazione riveniente dalla lunga crisi iniziata nel 2008.
 

(Lorenzo Paliotta)

Lettera di  Mario Tassone al direttore de "Il Giornale"

 

Di seguito la lettera che il segretario nazionale on. Mario Tassone ha inviato al direttore de "Il Giornale" in seguito all'articolo (in allegato) di Paolo Guzzanti apparso lunedi 21 agosto nel quale, con teoremi e falsi, criminalizza Aldo Moro e i governi che si sono succeduti nella prima fase della repubblica. Duole che Il Giornale abbia ospitato una volgare mistificazione che e'  violenza gratuita!

Gentile direttore, leggo sul suo giornale a firma di Paolo Guzzanti, personaggio famosissimo per i suoi multiformi e redditizi trasformismi politici e professionali, un articolo in cui fa riferimento ad accordi segreti tra il terrorismo palestinese e islamico e Aldo Moro e il nostro Paese. Tal accordi definiti indecenti avrebbero fatto dell'Italia un"paradiso" per una base del terrorismo internazionale. Le affermazioni sono gravissime. A questo punto il Guzzanti dovrebbe esibire qualche prova, dare qualche riferimento, fare qualche nome. E' troppo facile infangare la memoria dello statista Moro che ha pagato con la vita il Suo amore per la libertà  e che é stato sempre rispettoso delle linee e degli indirizzi del Parlamento in politica estera. È inaccettabile considerarLo un cinico senza scrupoli e definire l'Italia connivente. Un teorema non può essere confezionato come verità sulle colonne del Suo giornale che assume posizioni, condivisibili o non, nella chiarezza e correttezza. E se Guzzanti aveva questi elementi perché non li ha manifestati quando é stato parlamentare per merito esclusivo di Berlusconi, poi abbandonato? Non é  solo una aggressione ma qualcosa di più che si avvicina al terrorismo sotto altra forma. Le chiedo, pertanto, di invitare l'estensore dell'articolo a esibire le prove. Guzzanti avrebbe dovuto evitare, poi, di riproporre la vicenda della Commissione Mitrokhin, che ha gestito in modo confuso e contraddittorio, riportando stralci del lavoro svolto. La Commissione si  concluse con due relazioni, di maggioranza e di minoranza, corrispondendo agli obiettivi della legge istitutiva. Sono certo che lei opererà con sensiblità  garantendo un' informazione non mistificata, ponendo freno alle troppe indulgenze di cui alcuni personaggi hanno goduto e godono con i relativi benefits. 

Con considerazione. Mario Tassone, segretario nazionale Nuovo CDU


http://m.ilgiornale.it/news/2017/08/21/quegli-accordi-segreti-che-ci-hanno-salvato-dalla-violenza-islamica/1432235/

Lettera aperta al Prof. Roberto Perotti

 

Egregio Professor Perotti,

Ho appena letto il suo articolo "la giusta forbice dei privilegi" sulla rassegna stampa del senato (un privilegio) avendo da tempo deciso di tagliare la spesa per i giornali che mi aveva accompagnato dagli anni sessanta. Una piccola spending review familiare certamente lieve rispetto a quelle ben più consistenti che avrebbe potuto realizzare come commissario a cominciare dalla Presidenza del Consiglio che quando c'era la prima repubblica era certo più trasparente di quanto non sia ora (tab 1 A)

Ella ritiene che quella approvata sia una buona legge, invece ritengo che sia pessima e pericolosa. Le diro' perché. Non Le faccio la storia dei vitalizi che è cosa troppo lontana dalla sua cultura bocconiana. Solo la storia potrá dirci i risultati delle politiche ispirate in questi ultimi anni da esponenti della Bocconi.

Ella sarà bravo sui numeri ma fa carta straccia delle norme dell'ordinamento. Per me un eletto non è un impiegato statale, non timbra il cartellino, ma un cittadino che si candida alle libere elezioni democratiche, fa una campagna elettorale e diviene il rappresentante di una funzione, quella elettiva.

 

Il vitalizio era legato ad una funzione del tutto particolare. Così come i giornalisti vanno in pensione a 57 anni, i piloti ad una età diversa, i ballerini a poco più di 40 anni. Mi interessa sottolineare che quando fu introdotto questo istituto non c’era il finanziamento pubblico dei partiti. Non c’erano nominati ma persone che abbandonavano la propria professione con tutti i rischi conseguenti, partecipavano ad un concorso elettorale pubblico, senza limiti di età, garantendo libertà nella espressione di voto.

A tale riguardo non possono essere dimenticati sia il decreto legislativo 165 art. 68, sul collocamento in aspettativa con facoltà di optare con la conservazione del trattamento economico in godimento presso la amministrazione di appartenenza, sia l’articolo 31 dello statuto dei lavoratori che disciplina il collocamento in aspettativa non retributiva per la durata del mandato con blocco e ricostruzione della carriera. Non è ammessa rinunzia o cessione della indennità parlamentare art. 91 t.u 361 del 1957.

 

Lei Vorrebbe mandarli tutti in pensione con la legge Fornero, ma ci si può presentare in età giovanile e perfino da pensionati. Quanti esempi.! Lei dunque all'eletto non vuole dare nessuna garanzia sull'esercizio del mandato parlamentare. E vede quando si vota nell'aula di Montecitorio o Palazzo Madama si possono colpire interessi grandi e piccoli e perfino quelli del proprio datore di lavoro, per dipendenti di aziende metalmeccaniche come la Fiat, banche o compagnie di assicurazioni. si possono fare favori grandi come nel cneo di MPS. Se vuole le racconto i dettagli.

 

Le ricordo sommessamente che la Corte Costituzionale con sentenza n. 289 del 1994 ha riaffermato la peculiarietà del vitalizio con profili tipici del regime delle assicurazioni private. Di cui allego stralcio:

L'evoluzione che, nel corso del tempo, ha caratterizzato questa particolare forma di previdenza ha condotto anche a configurare l'assegno vitalizio - secondo quanto è emerso dai dati acquisiti presso la Presidenza delle due Camere - come istituto che, nella sua disciplina positiva, ha recepito, in parte, aspetti riconducibili al modello pensionistico e, in parte, profili tipici del regime delle assicurazioni private. Con una tendenza che di recente ha accentuato l'assimilazione del regime dei contributi a carico dei deputati e dei senatori a quello proprio dei premi assicurativi (v., in particolare, la delibera dell'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati n. 61/93 e del Consiglio di presidenza del Senato n. 44/93, dove si stabilisce, a fini fiscali, di includere i contributi stessi nella base imponibile dell'indennità parlamentare "in analogia ai premi assicurativi destinati a costituire le rendite vitalizie").

4. - Se la diversità di natura e di regime che distingue gli assegni vitalizi dalle pensioni ordinarie non consente, dunque, di accogliere la questione sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza, la questione risulta, invece, fondata, con riferimento agli artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione, sotto il profilo dell'inesistenza di una ragionevole giustificazione della equiparazione operata, attraverso la norma impugnata, tra il regime fiscale degli assegni vitalizi e quello delle rendite vitalizie, al fine di concedere ai primi il trattamento privilegiato riconosciuto dalla legge a favore delle seconde.

Tale equiparazione non risulta, invero, giustificata o giustificabile sul piano della razionalità tributaria, dal momento che gli assegni vitalizi concessi ai parlamentari cessati dal mandato ed alle categorie assimilate, se, da un lato, non possono essere equiparati alle pensioni ordinarie del pubblico impiego, dall'altro, non possono neppure identificarsi, ai fini del trattamento fiscale, con le rendite vitalizie costituite a titolo oneroso, di cui all'art. 47, primo comma, lett. h) del d.P.R. n. 917 del 1986. ...

 

Si dimentica che in dipendenza del regio decreto legge 29 luglio 1933 n. 1026 si demandava alle Camere il pagamento sulle pensioni dei propri dipendenti con una ritenuta del 9 per cento. E poichi i bilanci avevano i caratteri di quelli tipici di " erogazione " non venivano versati i contributi del cosiddetto datore di lavoro come avviene anche nella PA. Va ricordato, ma solo per memoria che quando fu sciolta la Cassa di previdenza per i parlamentari registrava un avanzo di 1.715.166. I problemi sorsero con il passaggio dal sistema proporzionale a quello uninominale con fortissimi cambiamenti nella rappresentanza. Ma fu una scelta conseguente agli orientamenti del popolo con i referendum elettorali. Spero che non voglia mettere in discussione la volontà popolare o è un valore ormai superato dalle tecnocrazie?


Per l'intervento sulle Regioni, la norma a Lei tanto cara, converrà che viene lesa l'autonomia regionale stabilita negli Statuti e il ricatto dei tagli non funziona perchè ci vuole l'intesa Stato Regione. (riforma Madia bocciata dalla Corte Costituzionale docet).

Si spinge fino al punto di lamentare una interpretazione erronea dell'articolo 81 della Costituzione.

Anche su questo punto fa carta straccia delle norme di contabilitá legge 468, legge 362 e successive mofifiche e integrazioni laddove per le norme previdenziali si prescrivono verifiche e compatibilità, quello che Ella non vuole affrontare.

Le rammento a tale riguardo sui vitalizi trasformati in pensioni contributive le norme sulla contabilità di Stato ex comma 5, art 7 legge 362 del 1988 con il coinvolgimento della Commissione Bilancio sugli effetti delle norme. Se la RGS non fornisce un parere vincolante ex art. 81 Costituzione è perché la costituzione del fondo a gestione separata all'inps deve essere alimentato con le trattenute dei dipendenti 8,80 e dei datori di lavoro 24 per cento.

Poi abbiamo la sorpresina di applicare il sistema contributivo, però per i 117 che hanno numerose legislature che hanno versato più di quanto percepiscono e non sarebbero colpiti dai tagli, sarebbero nella condizione di avere un beneficio rispetto al vitalizio attualmente erogato; no, contrordine compagni, per loro si applica il contributivo limitatamente al vitalizio percepito, che è stato peraltro tagliato dal contributo di solidarietà fino al 40 per cento sulla fascia marginale. Dunque o si applica un principio o l'altro. O contributivo o retributivo. Non si può fare il fritto misto. Si tornerebbe alla prima Dini. Le sfugge che per i vitalizi è stato applicato il principio di solidarietà con la curva che si abbassa per favorire quelli con poche legislature. E anche questa risiede in una motivazione politica. Fu un gesto di attenzione verso il PCI e le opposizioni, divenendo un elemento di garanzia.

Nello stesso bilancio degli organi costituzionali vi sono le spese degli stipendi e dei vitalizi dei dipendenti ben più consistenti nel loro ammontare, ma di questo si tace.

 

Ora la proposta va al Senato. E mi auguro che i senatori abbiano un sussulto di dignità e di responsabilità, abbiano cioè quel coraggio che non hanno avuto quanto Renzi li voleva cancellare e il popolo italiano con il referendum costituzionale ha voluto il bicameralismo! Se ne faccia una ragione.

 

Non vale la pena averci provato come Ella sostiene. Non si gioca con le Istituzioni, non si approvano leggi malfatte, malconfezionate, approvate sull'onda del neogiacobinismo. Perchè questa legge rappresenta una messa in stato di accusa di una intera classe dirigente della storia repubblicana. Ma forse a Lei sfugge. E avrá conseguenze gravissime, forse inimmaginabili.

Il Parlamento è un bene supremo ed è un potere che va difeso dagli assalti di chi, forze economiche, tecnocrazie, sovrapoteri, vuole ridurlo nelle sue funzioni, nelle sue prerogative.

 

Con viva cordialità

Maurizio Eufemi

Già senatore nella XIV e XV Legislatura.


 

P.s. Nel 2008 ho votato la sfiducia al governo Prodi senza avere fatto calcoli personali. Le assicuro che le perdite del conto economico di 3 anni di legislatura sono state consistenti, ma erano gioco principi e convincimenti personali. Ciò è stato possibile perchè c'era l'istituto del vitalizio, un istituto di garanzia e di libertà, che mi ha consentito di mantenere la dignitá cui non ho rinunciato e non voglio rinunciare.

J.E.STIGLITZ, Le nuove regole dell’economia.

Sconfiggere la disuguaglianza per tornare a crescere,
Milano, Il Saggiatore, 2016

recensione di Lorenzo Paliotta tratta dalla rivista bancaria MINERVA BANCARIA N. 2 - 3 / 2017 205


La recessione iniziata nel 2008 ha aggravato le disuguaglianze di reddito, di ricchezza e di opportunità in tutto l’Occidente. Stiglitz, che ha ricevuto nel 2001 il Nobel per l’economia insieme a Spence e Akerloff, è stato allievo di Franco Modigliani, insegna alla Columbia University ed è stato capo economista della Banca mondiale e consulente del Presidente Clinton. Sulle politiche adottate dalla Banca mondiale e dal FMI egli, da buon neo-keynesiano, assunse più volte posizioni fortemente critiche. In questo saggio, avvalorato da molte evidenze empiriche citate nelle numerose note e nell’appendice, egli giunge alla conclusione che la disuguaglianza è allo stesso tempo causa ed effetto della crisi.
 

La disuguaglianza, secondo l’A., è in primo luogo frutto delle politiche neoliberiste affermatesi fin dagli anni settanta del secolo scorso. La loro applicazione ha trasformato gli Usa da tipica terra delle opportunità in un paese oligarchico dalla scarsa mobilità sociale, in cui sanità, istruzione e casa di proprietà sono inaccessibili a una larga fetta del popolo, mentre, tra il 2009 e il 2012, il 99% di tutti gli aumenti di reddito è finito nelle tasche dell’1% più ricco della popolazione.
 

Questo libro fornisce un quadro esauriente delle distorsioni ideologiche, delle deregulations e delle norme tributarie che hanno favorito il settore finanziario e arricchito i più ricchi, penalizzando la classe media e discriminando i lavoratori, in particolare le donne, gli afroamericani e gli immigrati. Il messaggio di Stiglitz parte dagli Usa ma si estende a tutto il mondo occidentale, ribaltando il diffuso pregiudizio secondo cui per perseguire l’uguaglianza occorre sacrificare la crescita economica. Per avere una prosperità condivisa non basta ridistribuire il reddito attraverso imposte e trasferimenti, ma è necessario anche favorire gli investimenti, aumentare i salari minimi e l’influenza politica della maggioranza dei cittadini.
 

Le nuove regole dell’economia, frutto anche di un lavoro di squadra all’interno del Roosevelt Institute, abbracciano un ampio ventaglio di riforme (dal fisco allo stato sociale, dall’istruzione alla lotta ai monopoli, dal diritto sindacale agli incentivi per il lavoro femminile, dalle infrastrutture al sistema penale) ed entrano nei dettagli mettendo in evidenza che, quando c’è la volontà politica, i cambiamenti sono fattibili.
Il messaggio che il libro intende veicolare è che lo squilibrio dell’economia Usa non può essere attribuito alle leggi naturali dell’economia ovvero all’inevitabile evoluzione del capitalismo, ma piuttosto alle regole dettate da una determinata scuola economica (la supply-side economics). Mentre nei decenni precedenti, gli economisti keynesiani avevano messo in evidenza le carenze della domanda quale fattore che limita l’espansione economica, il pensiero supply-side ha dato un netto strappo al passato perché ha portato non solo alla deregolamentazione e alla riduzione delle aliquote fiscali sui redditi più elevati, ma anche a tagli dei programmi di welfare e degli investimenti pubblici. E però i vantaggi non sono “sgocciolati” (trickle-down) sul resto della popolazione, come indicato dalla teoria. Si è creata una c.d. economia di mercato satura di distorsioni che arricchiscono i più ricchi e soffocano la crescita nel lungo termine. Insomma i fatti hanno smentito le previsioni di questa scuola che perciò oggi gode di scarso credito tra gli economisti, pur restando popolare negli ambienti politici e ideologici conservatori.
All’inizio del XX secolo, mentre era in atto una transizione dall’occupazione agricola a quella nell’industria, il movimento progressista si pose l’obiettivo di proteggere e coinvolgere sul piano politico tutti gli americani, inclusi i lavoratori. Il primo Roosevelt decise di limitare monopoli e trust, e, qualche tempo dopo, il secondo Roosevelt si fece promotore del New Deal per combattere le concentrazioni di potere economico e politico. Di fronte alla Grande Depressione, attuò anche una serie di riforme politiche radicali: garanzia dei depositi bancari, separazione tra banche di deposito e banche di investimento, creazione della Sec per proteggere gli investitori comuni e contrastare la manipolazione dei mercati e l’insider trading, diritto dei lavoratori di negoziare contratti collettivi.
In quell’età dell’oro del capitalismo, l’economia americana crebbe più velocemente che in qualsiasi altra epoca ed i redditi bassi aumentarono più rapidamente di quelli alti. Insomma, tra il 1892 e il 1938 la politica americana dimostrò che era in grado di far convergere movimenti sociali e potenti forze politiche per metterli al servizio di tutti cittadini, così da apportare profondi cambiamenti strutturali alle regole di governo dell’economia.
Ridurre la disuguaglianza, ribadisce l’A., non è solo una questione di redistribuzione in quanto le politiche economiche influiscono sulla distribuzione del reddito sia al lordo che al netto delle imposte e dei trasferimenti.
Nelle analisi tradizionali, basate su modelli di mercati perfetti, spesso si danno per scontate le regole del gioco.
I mercati perfettamente concorrenziali, però, sono davvero pochi e pertanto i risultati economici dipendono in parte dal potere di mercato e dalle regole che lo governano. Ad esempio, è risaputo che nella concorrenza imperfetta le imprese hanno il potere di stabilire i prezzi; così come i gruppi dotati di forte potere politico possono ottenere che le regole di mercato vengano scritte e
applicate a loro favore.
Le esperienze economiche degli ultimi 40 anni hanno smentito molte delle concezioni tradizionali in materia di teoria economica e di andamento della crescita. Oggi si sa che nelle economie sviluppate l’alta marea non solleva necessariamente tutte le barche. In passato si pensava che si potesse avere maggiore uguaglianza solo al costo di un peggioramento della performance economica. Okun descrisse il “grande trade-off” tra uguaglianza ed efficienza, ma nuovi studi hanno dimostrato che si può arrivare con successo alla prima senza penalizzare la seconda, come dire che queste due grandezze del dilemma sono complementari, non incompatibili.
Dalla fine degli anni settanta del secolo scorso si è avuto un rallentamento della crescita economica con alcune gravi recessioni. Evidentemente, la trickle-down economics – che suggerisce di incrementare i redditi più alti nella speranza che questo abbia ricadute favorevoli su tutti gli altri – non ha funzionato. Invece, secondo il nuovo paradigma della trickle-up economics si avrebbero maggiori probabilità di successo ricostruendo l’economia a partire dalla classe media.
 

Secondo i modelli tradizionali le differenze tra i redditi individuali sarebbero ascrivibili a differenze di produttività, abilità e impegno, e le variazioni della distribuzione del reddito sarebbero riconducibili a cambiamenti della tecnologia e degli investimenti in capitale umano e fisico. Ma, ad esempio, il cambiamento tecnologico skill-biased non spiega perché molti lavoratori altamente qualificati hanno dovuto accettare mansioni di livello inferiore alle loro competenze né il profondo divario che si è creato tra la produttività del lavoro e i salari medi: tra il 1973 e il 2013 la produttività del lavoro è aumentata del 161 per cento, mentre i compensi versati ai lavoratori sono cresciuti solamente del 19 per cento al netto dell’inflazione.
Il modo in cui i benefici complessivi della crescita si distribuiscono tra la popolazione sono fenomeni complessi riconducibili a molteplici cause. Fra queste figurano sicuramente la tecnologia, la globalizzazione e i cambiamenti demografici, ma misurare con
esattezza il contributo di tutti i fattori non è semplice. E però, tra le economie avanzate gli Usa presentano la maggiore disuguaglianza; di ciò serve dunque una spiegazione alternativa.
 

L’approccio istituzionalista parte dalla semplice constatazione che le regole e il potere sono importanti. Numerosi ricercatori, tra i quali molti premi Nobel, hanno lavorato sulle imperfezioni e sulle asimmetrie informative, sulla teoria della contrattazione e sulle
imperfezioni della concorrenza, sull’economia comportamentale e sull’analisi istituzionale dimostrando in sostanza che sono necessarie istituzioni e regole per costringere i mercati a comportarsi in modo concorrenziale, a beneficio di tutti.

In sintesi, sia l’approccio tradizionale sia quello istituzionalista spiegano una parte di ciò che è avvenuto negli ultimi anni, ma il secondo approccio, incentrato su fattori strutturali, appare sempre più convincente.
Gli economisti stanno sviluppando una nuova serie di teorie per spiegare i profondi squilibri che si registrano nell’economia odierna. Il francese Piketty ne Il capitale nel XXI secolo (cfr. nostra recensione su questa Rivista, n.5-6/2014) sostiene che il rendimento del capitale sia maggiore del tasso di crescita dell’economia nel suo complesso e che, di conseguenza, la ricchezza cresca più velocemente del reddito. Ma secondo Stiglitz questa non è una spiegazione corretta o quantomeno completa. Gran parte della crescita della ricchezza è ascrivibile a un aumento del valore delle immobilizzazioni che non rispecchia un maggior valore produttivo. Se le rendite, fondiarie e no, aumentano aumenta anche la ricchezza. Nella sua analisi l’A. opera una distinzione tra capitale e ricchezza per dire che solo un aumento del capitale favorisce la crescita. Per correggere gli squilibri egli propone di attaccare queste rendite alla fonte.
Comportamenti di rent-seeking sono quelli, ad esempio, delle imprese monopolistiche che applicano un sovrapprezzo sui loro prodotti e quelli delle società farmaceutiche che ottengono l’approvazioni di leggi grazie alle quali possono praticare al settore pubblico prezzi molto elevati e offrire meno beni e servizi.


L’economia statunitense era più equilibrata nei decenni precedenti al 1980 e in particolare nella fase centrale del XX secolo. Negli anni ottanta, obbedendo alle teorie della supply-side sviluppate nel decennio precedente sotto la spinta dell’ideologia conservatrice e di alcuni gruppi di interesse, le autorità statunitense avviarono la deregolamentazione dell’economia: riduzione delle aliquote fiscali più elevate e delle imposte sui redditi da capitale.
Tutto questo avrebbe dovuto stimolare il lavoro e i risparmio. Gli esiti sono stati deludenti: le entrate fiscali sono crollate e si è registrata meno crescita e più instabilità..
Nei decenni a cavallo del 2000 sono avvenuti altri cambiamenti radicali. La deregulation del settore finanziario ha spinto le imprese a privilegiare i profitti di breve periodo (short-termism o breveperiodismo).
Gran parte della crescita osservata negli anni novanta si è dimostrata instabile, costruita su bolle speculative, prima nel comparto tecnologico e poi in quello immobiliare. Nel frattempo l’innovazione tecnologica e la globalizzazione hanno portato a una maggiore integrazione dell’economia mondiale. La corsa a risparmiare sui costi del lavoro, senza le dovute tutele, ha comportato negli Usa una perdita significativa di posti di lavoro e forti pressioni al ribasso sulle retribuzioni.
Queste forze unendosi all’accresciuta finanziarizzazione dell’economia hanno contribuito al declino dell’industria manifatturiera verticalmente integrata.
Oggi molti sperano nelle innovazioni rivoluzionarie: le tecnologie diffuse offerte da Internet, le promesse delle nanotecnologie e le vaste potenzialità della biotecnologia e della medicina personalizzata. L’interrogativo più importante è se queste tecnologie possano contribuire a generare più crescita, più opportunità e più benessere, con benefici distribuiti tra un maggior numero di persone. Le tecnologie di rete hanno già prodotto molti benefici, ma non sono ancora diventate un motore di prosperità ampiamente condivisa.
L’attuale assetto dell’economia Usa è contraddistinto da rendite elevate, basse retribuzioni e scarsa occupazione.
Tuttavia, le regole e le dinamiche di potere insite nel sistema economico odierno non sono sempre visibili. L’A. raffigura la lenta crescita dei redditi e l’aumento delle disparità economiche come un iceberg la cui punta visibile è la nostra percezione quotidiana della disuguaglianza (retribuzioni modeste, indennità insufficienti e un futuro incerto).
Questa dimensione visibile costituisce l’aspetto più importante per gli elettori e i politici. Appena sotto il livello dell’acqua si trovano i fattori che generano questa percezione; sono elementi difficili da vedere, ma di importanza vitale (leggi e politiche che definiscono la struttura dell’economia e creano disuguaglianza).
Si tratta di tante forze strutturali che determinano gli squilibri di potere economico e politico e creano vincitori e vinti. Alla base dell’iceberg vi sono le grandi forze globali che condizionano l’evoluzione di tutte le economie moderne: fattori come le tecnologia,
la globalizzazione e le tendenze demografiche. Si tratta di forze con cui bisogna fare i conti, ma che possono essere governate e orientate alla produzione di risultati migliori.


Spesso le autorità, gli osservatori  il pubblico si concentrano solo sugli interventi che interessano la punta visibile dell’iceberg. Nel nostro sistema politico le grandi proposte per ridistribuire il reddito ai più deboli e contenere l’influenza dei più potenti si riducono a
provvedimenti modesti, come i crediti di imposta o le norme sulla trasparenza delle retribuzioni. Inoltre, a volte le autorità sminuiscono il valore di qualsiasi
intervento, sostenendo che le forze alla base dell’iceberg sono forze esogene troppo imponenti e impossibili da gestire. Secondo questa scuola di pensiero, se avessimo controllato gli eccessi nel campo del credito immobiliare, il settore finanziario avrebbe comunque trovato altre strade per creare una bolla; e se cercassimo di controllare le retribuzioni dei dirigenti, le aziende troverebbero sistemi più sofisticati per remunerare comunque gli amministratori delegati.
Secondo questa visione disfattista, le forze alla base della nostra economia non possono essere gestite. L’A. non è d’accordo. Se non si agisce sulle leggi, sulle regole e sulle forze globali, si può fare ben poco. La premessa di questo studio è che si possa rimodellare
la parte centrale dell’iceberg, cioè le strutture intermedie che determinano il modo in cui si manifestano le forze globali.
 

In questo libro si pone l’accento sulle regole dell’economia e sul potere di stabilirle, ma questo non significa che lo Stato possa chiamarsi fuori dai giochi. I mercati non operano sotto vuoto; è lo Stato che ne determina la struttura e ne regola il funzionamento. E il modo in cui le regole vengono formulate, aggiornate e applicate, si ripercuote su tutti.


L’esperienza degli ultimi decenni suggerisce che è possibile riscrivere le regole della finanza, della governance aziendale e del commercio internazionale in modo da promuovere la crescita e la prosperità condivisa. Il tutto nella convinzione che il paese possa così uscire fuori dal pantano e che le nuove regole possano funzionare meglio per tutti e non solo per i più ricchi.
La leadership politica avrà il coraggio di rispondere a questa chiamata?


(Lorenzo Paliotta)

 

Meglio la Casta: l'imbroglio dell'antipolitica

 

La presentazione del libro di Gianfanco Rotondi "Meglio la casta l'imbroglio dell'antipolitica"è stata l'occasione per un dibattito tra esponenti della Prima Repubblica sui temi di più stringente attualità. Mentre nella sala Aldo Moro a Montecitorio,  una folto pubblico presenziava alla matiné  culturale,  al piano di sopra, nella Commissione Affari Costituzionali, si procedeva a ritmi forzati alla approvazione di una legge, la cosiddetta Richetti, che esaltava proprio l'antipolitica, seguendo un percorso di rottura rispetto alle consolidate esperienze parlamentari. La proposta infatti equipara senza distinzione tra passato e presente in un tutt'uno il legislatore ad un dipendente statale cancellando in un colpo solo istituti come la funzione elettiva, i diritti acquisiti, la irretroattivitá delle norme, capisaldi della democrazia parlamentare.  Il direttore del Tempo GianMarco Chiocci esponente di punta di quel mondo mediatico che, per una copia in più,  da anni cavalca l'antipolitica, marcava la sua assenza. Simone Baldelli giovane vicepresidente della Camera svolgeva con intelligenza  il ruolo di moderatore. Gerardo Bianco si è assunto l'onere di aprire il confronto senza rinunciare ad affrontare i temi dell'attualità che non potevano che essere quelli del Parlamento, dei  parlamentari, degli strumenti di tutela della libertá di espressione e di rappresentanza come sono appunto le indennità e i vitalizi. E Bianco ha voluto sottolineare come,  in momenti difficili, i parlamentari della prima Repubblica soprattutto nel biennio 1992-1994 non hanno rinunciato ad essere  classe dirigente facendo  per intero il proprio dovere con manovre finanziarie  sofferte, ma  con l'assunzione piena  di responsabilitá compresa la revisione della immunità parlamentare affrontando la questione morale che veniva alzata mediaticamente   verso il Palazzo. 

Il libro che muove da episodi che hanno toccato la sensibilità dell'autore sul lato umano e familiare offre l'occasione per una riflessione a tutto tondo sulla politica rispetto tempi che viviamo in cui tutto rischia di essere travolto da una furia iconoclasta.  Franco Marini ha rivendicato le scelte operate nel biennio del 2006-2008 con il blocco degli automatismi,  le correzioni profonde, l'introduzione dei  contributi di solidarietà, anticipando la sua posizione all'interno del PD di consenso sulla linea Sereni piuttosto che su quella renziana di Richetti. 

La delusione per molti dei presenti è stata sul "non detto" di Violante e di Casini che da ex presidenti d'Assemblea avrebbero ben potuto parole chiare su quanto è in discussione e che va oltre gli interventi meramente finanziari intaccando principi costituzionali con un percorso legislativo discutibile. Casini ha preferito soffermarsi sulla vicenda Fillon e su generiche equiparazione dei trattamenti con altre categorie piuttosto piuttosto che affrontare i nodi dell'antipolitica avviata fin dal libro di Stella e Rizzo o sul rapporto politica magistratura. 

Gli ex presidenti della Camera hanno evitato di entrare nello specifico che non era di poco conto con l'assist formidabile offerto dal libro di Rotondi. 

Nella sala  c'è una riproduzione bronzea dello statista di Maglie con lo sguardo pensoso, dono della Dc, cancellata da tangentopol, alla Camera dei Deputati per ricordare Aldo Moro.   Allontanandomi dalla sala, mi domandavo cosa avrá immaginato Moro dopo avere sentito quegli interventi che affrontavano il problema della  casta e anti casta, piuttosto che il tema vero che era il Parlamento e quello dei suoi rappresentanti e dunque quello della democrazia parlamentare.

 

Perchè in definitiva i temi della casta e dell'antipolitica sono funzionali a ridurre i poteri della rappresentanza e della democrazia. 

 

 

 

I 58 miliardi del ricalcolo delle pensioni.

Ieri Matteo Richetti, portavoce del PD renziano era tronfo di gloria per il primo successo sui vitalizi parlamentari. Richetti potrá essere considerato nella storia politica e parlamentare come colui che è stato il cavallo di Troia per i prossimi interventi sulle pensioni degli italiani. Quando si scardinano principi di civiltá giuridica è difficile porre ripari.


In ballo non ci sono infatti i 78 milioni di risparmi sui vitalizi dei parlamentari ma i 58 Miliardi di risparmi che possono derivare dal ricalcolo di tutte le pensioni in essere con il metodo contributivo rispetto al retributivo in rapporto ai 218 miliardi di spesa pensionistica.
È questa la vera posta in gioco.! È la filiera che parte dalla Fornero, arriva a Boeri attraverso Richetti e Renzi,  con Salvini che sale sul carro senza comprendere  la complessità del gioco.


La dimensione dell'intervento è la metà della prossima legge di bilancio che il PD non vuole fare senza elezioni anticipate. Il ricatto nel ricatto.
Ciò detto voglio ricordare alcune cose rispetto alla storia parlamentare del Paese. Il vitalizio è stato uno strumento di libertá per i parlamentari nell'esercizio del loro voto. Così è stato in occasione di scioglimenti anticipati delle legislature laddove si metteva in gioco tutto per difendere una posizione politica, anche interessi personali.


È stato uno strumento di garanzia di libertá che la Dc ha favorito verso le opposizioni in particolare del PCI e dei radicali che avevano così dirigenti per svolgere politica attiva sul territorio.
I parlamentari non erano nominati, ma eletti e dicevano sobbarcarsi costose campagne elettorali per il contatto diretto con gli elettori con risultati incerti.
Marco Pannella, leader radicale, lontano dalla mia visione, ma autentico leone politico, doveva inventare candidati come Ilona Staller per potere conquistare voti e raggiungere il quorum che serviva per avere una pattuglia di parlamentari per le sue battaglie sui diritti civili.


Questa è stata la democrazia, che si vuole cancellare.


Potrei aggiungere la vicenda di tanti parlamentari colti da malore in corso di drammatiche sedute notturne di Commissione o d'Aula per la passione con cui difendevano i loro principi o anche parlamentari, vittime di incidenti stradali per svolgere la loro funzione di rappresentanza ad ogni orario del giorno e della notte.
Uomini politici che non si risparmiavano e non si consideravano impiegati dello Stato ma legislatori!

Oggi dietro dietro il falso mito della equitá si tenta di stravolgere l'ordinamento, cosa che perfino la Corte Costituzionale portoghese ha coraggiosamente impedito.

Parlamento sotto ricatto

 

La lezione del voto referendario del 4 dicembre ancora non è stata capita da Renzi e dal PD.

Assistiamo ad un gioco pericoloso con gravissime lesioni sulle Istituzioni. Si tenta di far passare una legge elettorale da un Partito che ha avuto soltanto il 25 per cento di consensi, una legge dichiara incostituzionale, perche violava i principi di rappresentanza. Stessa sorta ha avuto la successiva legge elettorale Boschi Renzi che doveva essere la migliore del mondo, quella che tutti in Europa ci avrebbero invidiato.

Ma il fatto più grave è il continuo ricatto al Parlamento per andare a votare prima della decisione di bilancio di autunno, imbrogliando gli italiani sui programmi elettorali. E allora si usa l'arma dei vitalizi per ricattare il Parlamento e tentare di andare al voto prima di settembre 2017. Si usa una legge predisposta da tale Richetti, renziano doc, un maturato scientifico, senza le conoscenze basilari del diritto, per scardinare il sistema.

Il PD dimostra scarsa sensibilitá istituzionale perché in ogni caso avrá perso la partita sia che la legge fosse approvata sia che fosse respinta. Nel primo caso sarà merito dei grillini, nel secondo sará demerito del PD.

A questo punto dovrebbero far sentire la loro voce i Presidenti di Camera e Senato che dovrebbero difendere con coraggio la dignità del Parlamento e dei parlamentari.

La proposta Richetti viola principi giuridici incancellabili, non tiene conto della articolazione costituzionale dello Stato; introduce surrettiziamente con il metodo contributivo retroattivo l'esproprio delle pensioni che potrá essere esteso ad ogni categoria, dai docenti alle forze di polizia, dai militari si prefetti, dal corpo diplomatico ai telefoni ed elettrici e per categorie dai commercianti ai coltivatori, dagli artigiani, e via di seguito. Con questo sistema si chiederà anche la restituzione il rimborso di incentivi pubblici nelle politiche industriali.

Il legislatore può fare tutto purchè nel rispetto delle regole e della civiltá giuridica. Sopratutto bisogna avere la cognizione di cosa si sta facendo.

Quale democrazia di vuole, quella dei nominati?

Noi non ci stiamo.

 

Roma, 18 maggio 2017

Il rilancio dell'Europa sul solco di De Gasperi

articolo sen. Eufemi dal giornalino "democratici cristiani"

 

 

 

In ricordo di Ivo Butini "Il Senatore" leone DC

articolo dal giornalino "democratici cristiani"

 

 

Intervento al Consiglio Nazionale del 23 marzo 2017

 

Siamo ad un passaggio delicato, difficile per la storia dell'Europa nell'anniversario dei Trattati di Roma. Vorrei partire da qui, dalla politica estera come nella migliore tradizione democristiana.

Questo nostro incontro si svolge in prossimità del congresso di Malta del PPE. ci auguriamo che possa ritrovarsi una linea più coerente con i valori del popolarismo europeo, nel solco nelle radici cristiane. Occorre cambiare rotta. È stato un errore la elezione di Juncker, la sua presidenza, il suo piano di investimenti non è stato un successo, le risorse poche, la leva finanziaria eccessiva, illusoria.

I tempi nuovi richiedono più democrazia, in tutti i sensi, con un pieno coinvolgimento dei cittadini nelle scelte fondamentali, quindi l'abbandono del metodo intergovernativo e l'affermazione del partito popolare transnazionale come risposta agli egoismi degli Stati. Solo un progetto condiviso dai cittadini europei consentirá di ridare slancio alle istituzioni europee evitando una Unione a doppia velocitá o a cerchi concentrici o delle classi, in cui non si saprebbe dove è la nostra collocazione, forse nel vagone di coda o nella terza classe. Attenzione perchè sarebbe la fase successiva del bail in. Verrebbe meno ogni principio di solidarietà e di coesione sociale. Noi il partito transnazionale lo abbiamo detto ben prima del Lingotto, ma nel nostro congresso del 2014, così come negli incontri a sant'Anselmo e nella conferenza programmatica per il passaggio " Dall'Io al Noi" .


Per l'economia ci vogliono risposte nuove in termini di investimenti, di lavoro per i giovani.

Va affrontato il nodo debito pubblico perchè con quel fardello non c'è nessuna possibilitá di manovra, nessuna flessibilità, nessuna risorsa disponibile. Agire sulle infrastrutture materiali e immateriali. Decidere il progetto paese. Non possiamo assistere impunemente allo shopping finanziario dei francesi e a quello dei tedeschi su pezzi di manifattura Italiana.

È necessario un nuovo modello di sviluppo. James Meade premio Nobel, allievo di Keynes, giá negli anni settanta sottolineava e richiamava la economia della partecipazione, il reddito di cittadinanza e soprattutto i pericoli non del progresso tecnologico, ma che i robot e l'automazione fossero dominio di pochi, spingendo verso un nuovo feudalesimo, lasciando all'uomo solo lavori marginali.


Che succederà alla fine del quantitative easing quando terminerá questa azione della BCE?

Il rilancio dell'idea europea passa per l'Europa fiscale entro un anno per evitare asimmetrie che distorcono il mercato.

Quali strategie verranno messe in campo? In questi giorni abbiamo assistito alla vicenda delle nomine nelle societá pubbliche. Una ondata lottizzatrice. Quali criteri. Quale è la ragione della sostituzione dei vertici di Poste?

La crisi Alitalia. Oggi sui comparti in crisi non si interviene con i fondi di dotazione ma con i prestiti.

È il modo di aggirare le regole È un modo per evitare i controlli e il parlamento che fa. ! guarda, osserva passivamente, depotenziato, svilito, neppure difeso dai suoi Presidenti. I presidenti delle Camere un tempo parlavano poco, ma facevano fatti, oggi parlano tanto ma senza autorevolezza.

E veniamo al partito.

Non è che possiamo far finta di nulla, che non è successo niente, amici come prima.

Poco fa è venuto Buttiglione ha fatto la lezioncina. Ha parlato di grande coalizione prima ancora della legge elettorale che sará e del passaggio elettorale del 2018. Ma soprattutto senza nessuna autocritica, senza alcuna valutazione oggettiva su quanto ė avvenuto dal 2008, sulle scelte politiche che hanno portato a lacerazioni profonde e al dissolvimento del patrimonio politico costruito faticosamente negli anni passati. Non ha dato una risposta politica seria alla disponibilitá dimostrata da Mario Tassone che non può essere un semplice ritorno a casa, ma un progetto più ampio, più largo con elementi di novità sostanziali capaci di intercettare il consenso di un elettorato lontano dai populismi. Chiediamo coerenza, non solo sterili declamazioni. Ha rivendicato di avere tenuto alto il vessillo democristiano, ma quel vessillo lo abbiamo difeso noi insieme a tanti militanti e a voi che siete qui, con 3 scissioni, quelle del 1995, del 1998 e del 2013, con il sangue di profonde lacerazioni per difendere valori e principi coerentemente con la nostra storia.

Il cinismo per un partito che si chiamava democristiano lasciamolo a Casini non a caso lo aveva cambiato in Unione di centro, che ha scambiato Adornato con Luigi Sturzo. Noi siamo rimasti democristiani, e della migliore tradizione. Abbiamo fatto politica in generositá, anche senza scranno, per tenere in vita una fiammella di qualitá, per difendere una storia che merita rispetto da parte di tutti.

In questo nostro partito il Cdu abbiamo avuto sempre grande rispetto per le persone, siamo una comunitá che si confronta, dove la libertá è un valore irrinunciabile e praticata ogni giorno.

Il nostro Cn è chiamato a scelte difficili. La riunificazione tout court non sarebbe accettata dai nostri militanti perchè hanno visto il tradimento delle leadership con scelte incomprensibili nelle alleanze e nelle prospettive: da Monti dopo Monti, poi con tutti i disastri dal fiscal compact, alla legge Fornero, siamo passati ai disastri di Renzi, con le riforme strampalate, con una disarticolazione dello Stato, con la cancellazione sostanziale delle province di cui abbiamo avuto riscontro sul terremoto, con sei mesi per capire chi doveva mettere a posto una strada.

Dobbiamo guardare ad un progetto centrista che si ritrovi e si rinnovi. Ci sono ampi spazi. Chi dà le carte deve essere credibile. Cerchiamo di non commettere errori salvaguardando la nostra unitá. Rilanciare la federazione popolare con chi ci sta. La nostra è una storia da difendere.

Sturzo diceva " le vittorie non sono nostre ma dell'idea, le sconfitte sono nostre non dell'idea".

 

Roma, 24 marzo 2017

 

Registazione dell'intervento su Radio Radicale

http://www.radioradicale.it/scheda/503877

 

Ricostruzione lenta

 

Errani con la nomina di commissario straordinario per il sisma centro Italia pensava di salire sul Pendolino 1000 Freccia Rossa Roma Milano e invece è salito su un treno regionale che ferma in tutte le stazioni di ogni comune sul tracciato.

Non possoo che determinarsi ritardi nella ricostruzione perchè il controllo non si fa a bordo, anche in line, ma si impone di obliterare il biglietto ad ogni fermata.

Dunque camiare metodo.

Il Freccia Rossa per raggiungere la destinazione di arrivo ha smaforo verde rispetto ai treni regionali, salta le stazioni inermedie.

Non potrebbe essere altrimenti.

Se il treno regionale di Errani arriva in ritardo, non possiamo prendercela con le obliteratrici, ma con chi ha programmato il viaggio.

UN PARTITO DI ISPIRAZIONE CRISTANA NEL XXI^ SECOLO

Torino, Collegio Artigianelli - 4 marzo 2017

 

Un partito di ispirazione cristiana nel 21^ secolo

Opportunitá per il bene comune


Torino Collegio Artigianelli

4 marzo 2017

 

Un sentito ringraziamento a Mauro Carmagnola, segretario regionale del nuovo CDU che ha promosso questo incontro al collegio Artigianelli, luogo di formazione, di cultura, di dialogo. Un sentito ringraziamento anche a tutti voi che siete qui oggi per ritrovarci per una riflessione aperta al confronto positivo.

Il CDU è in linea con i grandi valori della partecipazione politica del pluralismo, della rappresentanza politica. Nel documento che Mauro ci ha inviato come presentazione sono raccolte bene le indicazioni di fondo. I tempi nuovi del relativismo, che favorisce la perdita di punti di riferimento, relativismo come spirito del tempo come ha affermato in passato, il cardinale Carlo Caffarra, norme e valori che diventano arbitrarie convenzioni culturali, il particolare che super il generale. dell’individualismo nella globalizzazione e della sfida antropologica richiedono un aggiornamento e un supplemento della riflessione politica.

I tempi che viviamo sono difficili.

La globalizzazione, dopo la ubriacatura di Wall Street quella della immoralità finanziaria efficacemente rappresentata da Oliver Stone in Wall Street 1 e 2 sta determinando un vasto movimento di ripensamento (Trump – Brexit – elezioni francesi - l’Unione Europea, l’euro).

La vicenda del 4 dicembre non è senza significato, non è secondaria rispetto al nostro impegno perché abbiamo contrastato il tentativo di cancellare il principio di rappresentanza.

Il popolo italiano ha votato in modo chiaro, ha bocciato ogni tentativo accentratore.

L’economia. Viviamo una lunga crisi che dura ormai da 10 anni. Ha minato il tessuto produttivo, ha cancellato milioni di posti di lavoro, ha messo a rischio la tenuta sociale.

Non vi è dubbio ormai che l’euro ha aggravato i nostri problemi, perché il Paese ha perso competitività.

La crisi delle banche, le sofferenze, l’intervento dello Stato in MPS, le mani sulle banche popolari, 140 miliardi su 210 sono in mano al 3 per cento dei debitori. Un caso tipico è Unicredit con le vicende di Pekao, Pioneer dismissioni di asset e ripetuti aumenti di capitale

V' è stato un aumento della povertà sia assoluta che relativa.

La crisi si è trasferita alla economia reale per tornare alle banche con bilanci indeboliti.

La risposta è stata la svalutazione del lavoro. Una competizione al ribasso dei diritti.

L’articolo 1 della nostra costituzione recita che la Repubblica è fondata sul lavoro. Quell’articolo è stato scritto da Dossetti, Fanfani, La Pira, Moro e Basso che trovarono la sintesi. I cattolici furono determinanti nella ricostruzione del Paese con le idee ricostruttive di De Gasperi che poggiavano su quel grande momento di elaborazione culturale che fu il Codice di Camaldoli.

Assistiamo alla precarizzazione del lavoro con un – 37 per cento dei contratti a tempo indeterminato, la disoccupazione giovanile sopra il 40 per cento. Il Job Act ha cancellato l’articolo 18.

E’ diminuito il PIL sono diminuiti gli investimenti produttivi e quindi la produzione industriale il clup è aumentato del 21,3 per cento. Tutto ciò produce disoccupazione, povertà fallimenti, crisi dello stato sociale.

Il tasso di attività è fermo al 57 per cento con un 12 per cento di disoccupazione.

Sono diminuite le tutele del lavoro. I licenziamenti arrivano ormai via sms e mail.

 

Nei giorni scorsi rileggevo un libro di James Meade premio Nobel per l’economia un socialista liberale, allievo di Keynes, in questo libro Agathotopia, un luogo perfetto in cui vivere, ma introvabile si interroga sulla possibilità di coniugare eguaglianza ed efficienza imprenditiva ed equità. E’ un sostenitore della economia della partecipazione, accettando la variabilità del salario e della partecipazione ai profitti. Meade offre un modello che incrocia i vantaggi della spa con i vantaggi di una cooperativa.

E già trent’anni, prima della affermazione elettorale dei cinque stelle, fa parlava di reddito di cittadinanza o una eredità sociale.

Meade aveva previsto l’economia dei robot e i pericoli di una società in cui i sistemi automatizzati siano proprietà di pochi mentre per la maggior parte dei lavoratori rimarrebbero aperti solo i ruoli di camerieri e di servitori e i rischi che i tratti feudali della attuale forma capitalistica prendano il sopravvento sui fattori di innovazione e di progresso contenuti nella competizione di mercato e nello sviluppo tecnologico. Nei giorni scorsi perfino Bill Gates ha posto il problema della tassazione dei robot.

Ho fatto questa citazione perché nei giorni scorsi è scomparso Michael Novak un grande pensatore contemporaneo, sostenitore di un capitalismo democratico.


La montagna di debito pubblico italiano però impedisce il dividendo sociale. I primi passi devono essere lungo la strada del risanamento. E qui è mancata l'azione del governo Renzi che avrebbe dovuto affrontare la questione del debito pubblico con un piano di lungo periodo.


E’ prevalsa in questi la linea della BCE a tutela della stabilità anzichè la linea di Keynes tesa a privilegiare la occupazione, il ciclo economico.

Noi vorremmo la estensione dei diritti piuttosto che la compressione, un allargamento piuttosto che la riduzione.

Prosegue l’obiettivo della automazione nei processi produttivi. Una gara demenziale all’impossibile.

I temi etici sono messi in discussione. Si scambiano i desideri con i diritti. (matrimoni, fine vita, eutanasia. ) Sarebbe necessaria una catena, una rete di solidarietà per non lasciare sole le famiglie.

Dopo la prima rivoluzione industriale con elettricità e vapore poi quella dei motori e dei trasporti la chimica ha portato alla produzione fondata sulla scienza. Abbiamo la terza rivoluzione tecnologica e la telematica diffusa. Che cosa sarebbe il sistema globalizzato senza elettricitå lo abbiamo visto con il black out delle telecomunicazioni, dopo una nevicata abbondante che ha colpito il centro Italia.


Assistiamo alla crisi dell’Europa politica e della sua moneta per una serie di ragioni che vanno dall' allargamento eccessivo verso est, dalla fragilitá della governance, dalla crisi dei valori, dalle radici affievolite, dalla incapacitá di guardare al suo futuro con fedeltà creati a come ci ricordava Ratzinger.

Il sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma rischia di essere una inutile celebrazione per la difficoltà di trovare una intesa sulla dichiaraziazione finale. Lo stesso libro bianco di Juncker perde di vista i problemi reali ponendo attenzione alle autoelettriche o alle autoritå delle telecomunicazioni piuttosto che a quelli dei migranti.

Che fare: porre il problema della creazione della Europa fiscale entro un anno e del debito europeo comune così come la difesa europea riprendendo il sogno e la speranza di De Gasperi della CED, con art 38 che prevedeva la creazione di comunita politica europea garanzia di pace, soprattutto ora che Trump chiede maggiori spese all’Europa sulla Nato. Ogni trattato cartaceo sarebbe vano se lasciasse dietro di noi una Europa lacerata dagli antichi sospetti e indebolita dalle vecchie gelosie e da ricorrenti egoismi. Solo un esercito comune europeo al servizio di una sovraordinata autorità politica per no essere una contraddizione perche l’organismo per difendere una patria più vasta sia visibile, solida, viva.


Va posto un ripensamento rispetto al concetto di sviluppo ora sostituito dal mercato, a quello della sussidiarietà ora sostituita dall’accentramento e al ruolo della Commissione ora dispensatrice di pagelle e di sanzioni.

Che succederá quando scadrà il quantitative easing della Bce anche per il fatto che le banche, rispetto al passato, non potranno acquistare i titoli pubblici per non alterare i ratios del bilancio.

un partito come il nostro che si ispira ai valori cristiani deve avere un orientamento che si esprime nella centralitá dell'uomo.

Dobbiamo riconoscere il valore profetico della rerum novarum di Leone XIII con la questione operaia; lo sfruttamento dei lavoratori oggi si pone in termini diversi dagli ingranaggi della economia e dalla ricerca sfrenata della produttività con super lavoro lavoro carriera che ruba spazio alla dimensione umana.

Ricercare una economia al servizio dell’uomo.

Un modello di sviluppo superando la cultura individualista

E’ necessario una grande opera educativa e culturale sia dei consumatori che dei produttori.

Oggi è il momento di ritrovare slancio di rimetterci in gioco di rientrane in campo, di giocare la partita non di assistere come spettatori passivi.

E’ nostro dovere restare né insensibili né indifferenti a ciò che ci circonda, ma il dovere di interrogarci sui problemi della società rispetto alla distruzione di valore, caduta delle attività produttive perdita dei livelli di occupazione individuando le soluzioni per la crescita dell’uomo e della società, dunque l’uomo al centro non il profitto fine a se stesso. Va ribadita la centralità della persona umana insieme al principio di sussidiarietà e i solidarietà dunque bene comune a tutti i livelli. Significa il primato dell’essere sull’avere

Contarci per contare. È necessario ritrovare i luoghi della formazione. Non possiamo più fermarci al prepolitico. E tempo che anche le parrocchie riaprano le loro porte alla formazione politica indispensabile per avere persone formate ed icone alla assunzione di responsabilità nella societá civile e nelle Istitituzionina tutti i livelli di governo.

È tempo di riprendere coraggio, per usare le parole di Sturzo, curando di essere se stessi, correggendo gli errori del passato, per impegnarsi, ritrovare il gusto della politica, elaborare programmi adeguati ai tempi della crisi economica persistente.

La nostra non è una storia da dimenticare ma da difendere e riscoprire. I cattolici ebbero l'utopia di guardare alla costruzione di un Paese più giusto e umano.

La legge elettorale che verrá, se sará proporzionale, potrá porre le condizioni per una presenza politica organizzata, in grado di avere un ruolo più forte nel Paese e nelle Istituzioni per difendere e realizzare una visione della societá più umana e più giusta.

Le sfide nuove del 21^ secolo richiedono un impegno forte rispetto agli effetti della globalizzazione, dell'Unione Europea, della lavoro e della famiglia.

 

Filmati:

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=643631122506928&id=100005801375583

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=643634465839927&id=100005801375583

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10210837857576944&id=1666582634

 

 

 

 

 

 

 

Convegno sulla ricostruzione

dopo il terremoto

 

Ieri sera sono intervenuto a Macerata al convegno promosso brillantemente da Augusto Ciampichini e Mattia  Orioli  in una sala quella della Domus San Giuliano affollatissima fino a tarda notte.
Hanno partecipato  amministratori locali, tecnici docenti universitari,  medici  e rappresentanti del volontariato.
Nella mia relazione ho sottolineato il grande valore della stampa locale che ha lumeggiato con coraggio tutta la fase della emergenza del sisma battendo il  silenzio della grande stampa.
Ho evidenziato i ritardi nella ricostruzione,  le difficoltà burocratiche, l'errore del modello ricostruttivo, la  lunghezza della catena di comando che dovrebbe essere più snella, piu rapida, piu efficace ma soprattutto caratterizzata da poteri speciali.
La viabilità interrotta sulla 209 rischia di impedire ogni flusso turistico tra Umbria e Marche isolando tutte le aree interne e ogni potenzialità di ripresa economica.
Tra le primissime cose da fare c'e il piano dei cimiteri che non possono stare nella situazione di abbandono.
Il  terzo decreto legge sul sisma deve essere fortenente modificato e migliorato in sede parlamentare introducendo una fiscal tax  area capace di attrarre investimenti produttivi dunque non limitata all'esistente.

Il Parlamento e i parlamentari devono fare sentire la loro voce con interventi correttivi.
Per favorire l'intervento ricostruttivo dei privati il contributo pubblico di tipo  fiscale deve essere del 100 per cento e distribuito in soli 3  periodi  di imposta, altrimenti ė destinato all'insuccesso.


Il terremoto deve fare riflettere sul principio di rappresentanza perchė ha evidenziato quanto ci sia bisogno di un legame forte tra elettori ed eletti che solo una legge elettorale di tipo proporzionale può garantire.

 

Maurizio Eufemi

Macerata 24 febbraio 2017

 

 

Il Congresso Regionale Nuovo CDU a Napoli


Sabato a Napoli abbiamo celebrato il congresso regionale del Nuovo Cdu.

Un congresso è sempre un momento importante di vita democratica. Siamo tornati nella cittá partenopea dopo la tappa di mobilitazione in vista del successo referendario del 4 dicembre, con cui si è cancellata la deriva accentratrice del progetto renziano e si sono poste le basi per la difesa dei valori costituenti ispirati al pluralismo, alla partecipazione, alla rappresentanza.

Vi è stata una grande partecipazione di uomini e di donne, di giovani e meno giovani a conferma di un coinvolgimento largo di settori della societá.

Nel mio intervento ho condiviso la relazione introduttiva del sen. Iervolino che ha offerto ampi spunti al nostro dibattito.

Da parte mia ho sottolineato come con la elezione di Trump si apre una pagina nuova nella storia delle relazioni internazionali che si rifletteranno sul processo di globalizzazione. L'avvento di Trump può essere paragonato a quello di Ronald Reagan e di Margareth Tacther negli anni ottanta. Si determineranno effetti sull'Europa, sulle sue prospettive di crescita perchè muteranno inevitabilmente i rapporti tra le tre grandi aree economiche: Stati Uniti, Cina e Unione Europea. La competizione per come l'abbiamo conosciuta finora in free trade rischia di trasformarsi in conflitto. L'Unione Europea è quella che rischia di più perché ha una moneta senza Costituzione e ha una governance inadeguata per affrontare i tempi nuovi. È sufficiente vedere Trump mentre firma la cancellazione delle riforme di Obama per rendersene conto. Il dieselgate è solo un aspetto della guerra protezionistica che si presenta tra Europa e Stati Uniti.

L'anniversario dei Trattati di Roma non deve essere solo un ritrovarsi al Campidoglio o la inutile passerella come quella sulla portaerei Cavour a Ventotene, ma occasione per fissare scadenza e obiettivi. Tra questi la realizzazione della Europa fiscale e la definizione del debito pubblico europeo. Se non si fa questo allora Euroexit diventerà inevitabile. L'iniziativa dovrebbe essere di quelli che hanno favorito la realizzazione dell'Euro. Se quello è stato il piano A. Ora è il momento di tirare fuori il Piano B. Ma quale Europa vogliamo, quella di una grande Germania con una moneta che si chiama Euro, ma che in realtá è un marco camuffato?

Però l'Italia non soffre solo della malattia comune a tutta l'Unione, ma soffre anche di mali specifici, quali il debito pubblico eccessivo che va riassorbito con un piano di rientro, i deficit di competitività e infrastrutturali e gli elevati livelli di disoccupazione soprattutto giovanile.

Assistiamo con preoccupazione allo shopping nel nostro Paese di importanti aziende manifatturiere da parte tedesca e di settori finanziari da parte francese, che metteno così le mani sul cospicuo risparmio degli italiani. Siamo dunque più vulnerabili e senza difese.

È allora necessario utilizzare il 2017 per affrontare le sfide che abbiamo di fronte e che non possono essere rinviate da una consultazione elettorale anticipata che paralizzerebbe l'azione di governo rispetto alle emergenze immigrazione, terremoto, conti pubblici.

Un partito come il nostro ha il dovere di dare il suo contributo per la crescita della società italiana traendo ispirazione dal pensiero sturziano per l'affermazione dei principi della economia sociale di mercato e dei valori di solidarietà e di sussidiarietà.

 

Roma, 4 febbraio 2017

 

Franco Maria Malfatti nel venticinquennale della scomparsa.

Nei giorni scorsi è stato commemorato Franco Maria Malfatti nel venticinquennale della scomparsa. un grande personaggio politico che sapeva essere attento ai piccoli problemi della sua circoscrizione elettorale ( Rieti Terni Perugia) con le grandi questioni internazionali.

Non dimentichiamo che ė stato Ministro degli Esteri Presidente della Commissione Europea, Ministro delle Partecipazioni Statali, Ministro della Pubblica Istruzione nel periodo piū turbolento dei moti studenteschi. Portö avanti la riforma degli organi collegiali portando le famiglie ad un piū forte rapporto e coinvolgimento con le istituzioni scostastiche.
Non si puö non dire che Rieti fece con il suo inpulso grandi passi sulla via della industrializzazione con grandi insediamenti produttivi, nonostante collegamenti difficili rispetto alle grandi arterie, di cui oggi c'è solo il ricordo nella memoria di chi ha vissuto quella stagione.
Il ricordo che ne serbo ė quello di un uomo di grande cultura che amava scrivere e prima ancora pensare. Un uomo riflessivo. Non si faceva travolgere dal quotidiano. Era lui  che dettava il ritmo della giornata.
Ma voglio qui, oggi, ricordare quanto scrisse nel giugno 1981, quindi 35 anni fa, quando si poneva agli albori della globalizzazione il problema dei rapporti tra Europa, Stati Uniti e Giappone, quindi la competizione tra le tre grandi aree economiche. 

Naturalmente oggi il Giappone è stato sostituito dalla Cina  come importanza e dimensione.

Eravamo dopo il Tokio round. 

 

"L'interdipendenza economica deve risolversi in  cooperazione che se si é realizzata  con effetti così positivi negli anni dello sviluppo rischia di arrestarsi o di risolversi nel conflitto economico  negli anni della crisi. Ma se alla base del trentennale sviluppo economico vi ė stato il Free trade, sempre piū con esso nel futuro dovrà essere garantito e sviluppato il Fair trade.

Ė evidente quanto sarebbe grave sul piano politico e non solamente su quello economico, se si dovesse passare negli anni ottanta della cooperazione al conflitto economico,
.... basterebbe che si realizzasse simile nefasta ipotesi (pressioni sulla Cee)  per provocare a livello mondiale gravissime conseguenze che si esprimerebbero  fatalmente anche in accresciute tensioni tra le tre maggiori aree di cui si discute:  il Giappone gli Stati Uniti e l'Europa, così si verrebbe a creare non solo un accresciuto disordine sul piano economico, ma si verrebbe ad aprire  a livello planetario un nuovo  grave destabilizzante problema politico".

Proposte di modifica della legge elettorale

Con il voto referendario del 2006 e del 4 dicembre scorso i cittadini hanno bocciato con grande partecipazione e a larga maggioranza il disegno di rivisitazione della nostra Carta Costituzionale in senso maggioritario.

Nel rispetto delle scelte popolari, il Nuovo CDU/ Federazione Popolare ritiene, pertanto, che per affrontare il tema dell'adeguamento della Costituzione sia necessario lo strumento di un’assemblea costituente legittimata dal suffragio universale e che sia, altrettanto fondamentale, l'introduzione di un modello elettorale che si armonizzi con l'impianto costituzionale in atto e non sia surrettizio al cambiamento della forma di governo.

Il Nuovo CDU/Federazione Popolare ritiene che la riforma elettorale deve basarsi sui seguenti principi:

- un sistema proporzionale che restituisca ai cittadini la scelta dei propri rappresentanti attraverso il voto di preferenza e senza artifici di liste bloccate. Così si garantisce il rapporto tra territorio ed eletti.

- l’introduzione di una soglia di sbarramento tale da coniugare pluralismo e riduzione della frammentazione.

- un contenuto premio di maggioranza  da assegnare alla coalizione vincente che consenta una piena governabilità nello spirito della riforma di De Gasperi del '53.

Il nuovo CDU/Federazione Popolare ritiene inoltre al fine di rafforzare la stabilità, di introdurre il meccanismo della sfiducia costruttiva da applicare sia per il governo nazionale che per tutti gli altri enti regionali e territoriali elettivi; per contenere il devastante fenomeno del trasformismo, reputa invece indispensabile che il Parlamento ponga mano con decisione e coraggio già da ora ad una opportuna riforma dei regolamenti parlamentari.

Il Nuovo CDU/Federazione Popolare ritiene infine necessaria una revisione del sistema di voto degli italiani all’estero, per assicurare certezza e trasparenza nelle procedure.

Roma, 18 gennaio 2017

 

Home page