MAURIZIO EUFEMI

eletto al Senato della Repubblica - per la Provincia di Torino - Collegio n. 7

Vice Presidente Vicario Gruppo UDC (CCD-CDU-DE)

EVENTI

7 maggio 2005 - Inaugurazione Centro Polifunzionale di Gassino T.se
25 aprile 2005 - Intervento Sen. Eufemi Maurizio alla Festa della Liberazione a San Mauro Torinese
16 maggio 2004 - Canonizzazione di Don Luigi Orione

7 maggio 2005 - Inaugurazione Centro Polifunzionale di Gassino T.se

"Il mio vuole essere solo un saluto al sindaco Carla Varetto, alla giunta di Gassino agli amministratori comunali  qui presenti e ai rappresentanti  degli comuni  convenuti numerosi.

Il primo ringraziamento va a quanti hanno concorso alla realizzazione dell'opera che è sempre segno di un impegno non di un singolo, ma di un insieme, frutto quindi di un lavoro di squadra e un insieme di responsabilità. La ristrutturazione del vecchio mercato, un luogo di incontro economico consente ora un nuovo uso certo diverso ma sempre occasione di incontro. 

Hanno saputo trovare le risorse finanziarie necessarie e questo è un ulteriore segno di apprezzamento

Hanno saputo fare scelte programmatorie che oggi trovano compimento.

Il secondo pensiero deve essere di apprezzamento per la Giunta e per il  sindaco che hanno realizzato una opera per il bene della comunità guardano ai bisogni nuovi e alle esigenze della comunità.

Tutto ciò avviene a poco tempo di distanza dall'inizio del secondo mandato; questo  significa una continuità di azione  che va sottolineata. E' il compimento di una progettualità forte che privilegia la spesa di investimento e non l'effimero.

La terza riflessione. Domani 8 maggio  è la festa dei piccoli comuni.

Sono parte importante  della identità nazionale e della tradizione locale.  Possono coniugare modernità e tipicità. Questa è la loro forza. Creare le opportunità per uno sviluppo sostenibile capace di conciliare qualità della vita con risorse ambientali turistiche ed economiche.

"Questo è il tempo delle responsabilità" ha detto nei giorni scorsi il Presidente Ciampi. Pur nelle difficoltà non bisogna dunque ripiegarsi in se stessi.

Occorre dare risposte alle difficoltà rispondendo alle domande della società civile con progettualità e con la creatività dei nostri prodotti.

Auguri a tutti Voi.

Gassino Torinese 7 maggio 2005 

25 aprile 2005 - Intervento Sen. Eufemi Maurizio alla Festa della Liberazione a San Mauro Torinese

         

(cliccare sulle foto per ingrandirle)

Autorità civili, militari e religiose, Signore e Signori, Signor Sindaco Goggiola,

Ella mi ha reso un grande onore, invitandomi, a san Mauro, come senatore del collegio, a riflettere sulla ricorrenza del 25 aprile, nel sessantesimo anniversario della Festa della Liberazione, e prendere la parola in questa solenne cerimonia.

Ricordiamo oggi con la celebrazione del 25 aprile il giorno della Resistenza vittoriosa e della conquistata libertà; è festa di tutta la nazione, dalle Alpi alla Sicilia; una bellissima pagina di storia. Una data che unisce e che non può dividere perché appartiene a tutti, a ciascuno di noi!

Richiamiamo alla nostra coscienza l'alto significato ideale della Resistenza nella sua interezza dopo anni di sacrifici, di tristezze, di sofferenze.

E' nel segno di valori unitari, della continuità tra le generazioni che si muove l'azione dello Stato il quale salda il passato e l'avvenire. Va rispettato il valore di unità di questa ricorrenza. E' il popolo italiano che nel ricordo della somma dei sacrifici di eroismi di passione che caratterizzò la conquista della libertà celebra la sua rinascita ad una vita libera e civile.

Questo del 25 aprile è il giorno del riscatto che fa l'Italia libera, fiera della sua indipendenza, gelosa delle sue istituzioni democratiche protesa verso la giustizia e la libertà e il progresso. Questa è la grande eredità, questo è il retaggio incomparabile di valori che ci è stato affidato. Quell'avvenire di libertà che ci è stato lasciato dobbiamo costruire e difendere.

Il ricordo del passato è dunque un impegno per il futuro.

Sottolineiamo questi valori supremi con il ricordo commosso di quanti hanno sofferto per la libertà dell'Italia. Appartengo a quella generazione che non ha vissuto e combattuto, durante la Seconda Guerra Mondiale, ma quella dell'immediato dopoguerra e che ha recepito le testimonianze della tragedia che colpì la nazione intera.

Ricordiamo oggi il contributo individuale e collettivo dei tanti italiani diedero alla riconquista della libertà, un pluralismo di generosità e di coraggio, sacrificando anche la vita e sopportando sofferenze di ogni genere.

Forse nessuno meglio dei nostri comuni può rappresentare la "Resistenza silenziosa", il rifiorire delle virtù civili che segnò il ritorno del popolo italiano alla libertà e alla democrazia.

I comuni hanno svolto un ruolo insostituibile; sono stati la spina dorsale del paese per la costruzione del nuovo assetto istituzionale della Repubblica e per la stessa vitalità democratica del nostro Paese.

Riscopriamo i valori fondanti del loro primato politico in quanto istituzioni più prossime ai cittadini; e intanto la storia ci conferma che ormai da mille anni il comune esiste, resiste e cresce come autentico presidio di libertà.

Ci tornano alla mente quei luoghi della montagna, delle valli, della piana, nei giorni dello sfaldamento del vecchio regime e dell'inizio dell'altra guerra che si combatté lungo la linea mobile del fronte, prima ancora che con le armi e con le formazioni partigiane, con il sacrificio, il dolore e la ribellione di tanta parte della società civile.

Federico Chabod, protagonista del patto di Chivasso non lontano da qui, maestro di tanti giovani storici del secondo dopoguerra, nelle lezioni che tenne a Parigi sull'Italia contemporanea, raccomandò che, nel raccontare le vicende della guerra di liberazione e della Resistenza, non si dimenticasse quell'alta realtà, civile e umana che sopportò la rabbia, la brutalità, le selvagge incursioni del nemico; che non si dimenticasse il ruolo di supplenza e di difesa svolto dal clero verso la popolazione civile.

Arturo Carlo Iemolo, altro maestro della storiografia liberale, ci ricordava come nelle città e nelle campagne, durante l'ultima guerra, si fosse compiuto - come non era avvenuto durante il Risorgimento - il miracolo dell'unione fra clero e popolo gareggiando in aiuto ai perseguitati. E' un'ora storica che non dovrà essere dimenticata.

Emilio Taviani, che fu tra i protagonisti più nobili della Resistenza, amava rilevare come il legame fra la Resistenza politico-militare e la popolazione civile sia stato fondamentale.

Dunque, c'è una storia della Resistenza a livello della società civile; c'è un ruolo antico di supplenza della Chiesa, per un atto di cristiana comprensione per tutti, alleati e nemici. C'è infine una storia della Resistenza che è storia di un'Italia diversa di una patria naturale, profonda, e di una cultura che ha linguaggi e tempi diversi, una cultura che conosce incroci di civiltà nel Mediterraneo, verso il Sud e verso il mondo del nord.

Alla fine si unificarono nel segno di una diffusa insorgenza civile, umana, solidarista, infine patriottica, che va dal Sud al Nord.

La tragica serie dei massacri era incominciata subito, nel settembre del '43, a Boves, in Piemonte, sgranandosi, in un rosario di morte.

Storia, dunque, di insorgenze militari ma anche civili contro la violenza atroce dei nemici, storia che non si chiude nel pianto, nella rassegnazione; gesti supremi di sacrificio (come Genny Bibolotti Marsili che distrae il soldato tedesco, lanciandogli uno zoccolo in faccia, per salvare il "figlioletto" che teneva nascosto).

Una antica canzone dei partigiani del Piemonte richiamata da De Gasperi recita:

“Perché combattere?”

“Perché questa antica parola Popolo suoni divina – al mio compagno – Signore e a me stirpe contadina”

Non ci sono, dietro le insorgenze civili, filosofie politiche, non c'e ancora la politica, ma c'è già l'idea di un domani diverso, in cui le parole pace, libertà, diritti umani, giustizia, convivenza vengono riscoperte e rivissute. Costituzionalizzare questa memoria, fu il compito di quegli uomini che combatterono e guidarono politicamente il Paese dopo la guerra. Questa architettura, la Costituzione della Repubblica, è il frutto della lungimiranza di una intera classe dirigente che si ritrovò unita da valori morali, senso dello Stato, amor di Patria.

Tra i Padri di questa Costituzione c'erano uomini politici di diversa impostazione culturale che ebbero il coraggio di tracciare l'idea di Europa. Fecero una costruzione solida fatta per durare nelle generazioni. Oggi la nostra Costituzione, nella prima parte quella che afferma i principi di libertà e i diritti civili, i principi fondamentali, i diritti e i doveri dei cittadini, i rapporti etico sociali è viva ed attuale, perché in essa gli italiani si riconoscono; vanno sostenuti gli sforzi per modernizzare quelle parti che riguardano il funzionamento delle istituzioni stesse.

Tradurre in scelte istituzionali di libertà e di democrazia le motivazioni della Resistenza, le speranze di un futuro di progresso, di civiltà e di ragione, questo il messaggio che viene ancora oggi dalla lettura di quelle carte dove sono scritte le vicende delle nostre popolazioni civili. La fine della guerra fredda e il crollo del Muro di Berlino aumentarono le speranze degli uomini liberi che avevano conosciuto e vissuto le sofferenze delle popolazioni nel corso del conflitto e le violenze disumane del "socialismo reale".

Giorno della Libertà è divenuto il 9 novembre in ricordo solenne dell’abbattimento del Muro di Berlino, simbolo della oppressione comunista, eretto nella notte del 13 agosto 1961, incompatibile con la libertà.

Pace vuole dire anche giustizia fra i popoli, equità, umanità, convivenza, libertà.

Sottolineiamo questi valori supremi con il ricordo commosso di quanti hanno sofferto per la libertà dell'Italia.

Nei giorni scorsi il Senato ha affrontato, primo tra i Paesi fondatori, il trattato che ratifica la Costituzione europea.

Al termine della fase costituente siamo chiamati ad un momento significativo come la ratifica del progetto, con moltissime novità, e fortissime innovazione, che adotta la Costituzione per la Europa riunita, cancellando "frontiere contro natura", ma anche una Costituzione senza stato.

" Imperfetta, ma insperata" l'ha definita Valery Giscard d'Estaigne.

Permane il rischio che l'esito sfavorevole di uno o più referendum potrebbe ritardare o ostacolare il cammino europeo e l'attenzione è posta sulla Francia per vedere se prevarrà l'opzione di un moderno realismo rispetto a scadute illusioni.

Non possiamo dimenticarlo: la coscienza europea non fu il prodotto di negoziati al tavolino fra le varie cancellerie, essa "maturò" - come ha ricordato il Presidente Ciampi a Leider attraverso «le tragedie vissute nel XX secolo", liberandoci dagli atroci miti del passato e aprendoci la strada verso una convivenza di popoli, di fedi, pluralista, in una parola umana.

Una Europa che potrà diventare più forte se sarà unita per modernizzare le Istituzioni internazionali, affermare un multilateralismo capace di arginare un dilagante egemonico unilateralismo ritrovando un più forte legame euroatlantico basato sulla cooperazione e sulla sussidiarietà.

Questo Trattato, nonostante alcune criticità, pone le condizioni per affrontare e superare le sfide dell'allargamento, della mutata situazione mondiale che impone all'Europa riunita un ruolo di global player per coniugare forza e ragione e affermare una visione comune dei problemi anche con un nuovo ruolo di responsabilità nella pace e nella cooperazione internazionale.

L'Europa può svolgere un grande ruolo nella sfida della globalizzazione se afferma i valori del suo patrimonio storico-culturale.

Sono i valori di quel patrimonio prezioso che è l'umanesimo europeo - come ci ricorda quel grande pensatore che è Solgeniztin con la sua critica alla deriva illuministica. Raccogliamo il suo auspicio ad un moderno umanesimo cristiano come momento di riscossa ad una crisi e alla involuzione dell'illuminismo che ha preteso di sostituirsi al cristianesimo pur avendo fatto propri i valori più alti di libertà e di equità, ma recidendone la radice trascendente.

E' stata recentemente istituita la giornata della memoria e del ricordo.

Ha avuto il paradossale risultato di risvegliare il sentimento delle ingiustizie e dei conti non regolati, piuttosto che di valori condivisi. Riteniamo che debbano essere soltanto momenti di pietà e di lutto e non di ira o di vendetta. Rispettiamo dunque la storia. Deve prevalere una memoria autenticamente condivisa e non la retorica di pluralità di memorie di cui ciascuno difende la propria.

I valori del dopoguerra sono ancora attuali. Da quelle scelte fu aperto un avvenire di libertà, di giustizia, di pace che dobbiamo mantenere nella nuova prospettiva europea.

La somma dei sacrifici che l’evento della guerra di liberazione è costato non deve essere dimenticato.

E soprattutto i giovani non possono essere indifferenti a quelle vicende.

Il 25 aprile è il giorno della festa nazionale della libertà, è il momento di formazione civile, di memoria, di speranza per il futuro, di riflessione sui valori che uniscono e che tengono viva e vitale la Nazione: i valori della Costituzione Repubblicana''. Esaltazione di valori morali che hanno portato l'Italia a costruire un solido avvenire di progresso nella libertà e nella democrazia esaltando quello spirito europeista, quella coscienza europea che ha portato nella libertà, la pace per cinquant’anni, con scelte preveggenti alla Europa riunita. La forza dei nostri valori e della nostra identità ci dà serenità e fiducia per il futuro e ci spinge, ancora una volta, a dire, tutti uniti “Viva l’Italia!”

16 maggio 2004 - Canonizzazione di Don Luigi Orione

Giovanni Paolo II, nella VI Domenica di Pasqua, in una solenne celebrazione in Piazza San Pietro ha canonizzato sei beati, tra cui gli italiani Gianna Beretta Molla, Paola Elisabetta Cerioli, Annibale Maria Di Francia e Luigi Orione.

La Santa Messa con Canonizzazioni

Il canto del Regina Coeli

Oggi, 16 maggio 2004, VI Domenica di Pasqua, la Chiesa è nuovamente in festa per le grande cose che il Signore ha fatto attraverso i suoi santi. Il Santo Padre Giovanni Paolo II in una Piazza San Pietro gremita di fedeli, alle ore 10.00, sul sagrato della Patriarcale Basilica Vaticana ha presieduto la Cappella Papale per la canonizzazione di sei Beati. Si tratta di quattro sacerdoti, una suora e una laica.

Quella di oggi sarà una domenica da ricordare. Tantissimi giovani hanno assistito alla la canonizzazione di sei Beati, effettuata dal papa in Piazza San Pietro. L’Italia ha quattro nuovi santi a cui rivolgersi, tra cui, la giovane pediatra Gianna Beretta Molla che preferì morire pur di non abortire.

In piazza San Pietro si sono riuniti oltre 50mila pellegrini, alcune centinaia di malati e disabili con gli orionini, il marito di santa Gianna Beretta Molla, Pietro Molla con i 3 figli e la sorella della santa, e 150 volontari per garantire il servizio ordine, tra innumerevoli misure di sicurezza.

Era veramente caldo in Piazza San Pietro, questa mattina di primavera. E questo ha creato qualche problema, anche ad ospiti illustri. Il primo che ha avuto un leggere malore, mentre il papa leggeva la formula di canonizzazione, era il novantunenne marito dell’appena proclamata santa Gianna Beretta Molla. Forse l’emozione nell’ascoltare il papa dichiarare santa sua moglie, ma probabilmente anche la prima giornata di primavera caldissima, hanno provocato un lieve malore a Giuseppe Molla. L’uomo, che era su una carrozzella, abito scuro e berretto bianco, è stato porta via. L’accaduto non era tanto preoccupante, perché i figli non si sono mossi, in particolare l’ultima, nata grazie al dono della vita della nuova santa, Gianna Emanuela, che è geriatra ed è colei che normalmente si prende cura del padre. Infatti, dopo circa mezz’ora Pietro Molla è ritornato nella cerimonia. Anche il cardinale Jorge Mejia, 81 anni, non si è sentito bene ed è stato allontanato.

Il drappo di santa Gianna Beretta Molla in Piazza San Pietro, 15 maggio 2004 (AP Photo/Plinio Lepri).

Quattro le delegazioni ufficiali presenti, segnalate dalla Prefettura della Casa Pontificia: per l'Italia è presente il ministro per gli Affari regionali sen. Enrico La Loggia con la consorte, il presidente della Camera dei Deputati on. Pierferdinando Casini, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Gianni Letta, il senatore a vita Giulio Andreotti, il presidente della Commissione esteri della Camera dei Deputati, il vice presidente del gruppo UDC sen. Maurizio Eufemi, l’ambasciatore presso la Santa Sede Giuseppe Balboni Acqua con la consorte; per il Libano il presidente della Repubblica S.E. Emile Lahoud con la consorte e seguiti; dalla Spagna e dall’Andorra.

Tra le numerose personalità presenti, segnaliamo il ministro per la lotta all’AIDS della Costa d’Avorio Christine Nebout-Adjobi; il presidente della’Assemblea del Mozambico Eduardo Mulembwe, il presidente del Consiglio di Stato Alberto Di Roberto con la consorte; il vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Virginio Rognoni con la consorte; il senatore a vita Emilio Colombo con la sorella; il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni con la consorte; il sindaco di Milano Gabriele Albertini; il capo della Polizia Gianni De Gennaro; il vice sindaco di Roma Mariapia Caravaglia; una delegazione dell’Ordine di Malta; il direttore de L’Osservatore Romano Mario Agnes; il ministro degli affari scientifici della Sassonia (Germania) Matthias Rossler.

La cerimonia è stata trasmessa in diretta TV da Piazza San Pietro, con una trasmissione iniziata alle 9, in onda su Raiuno, a cura della Struttura Rai-Vaticano e del TG1, in collaborazione col Centro Televisivo Vaticano e Radio Vaticana. La telecronaca dell'avvenimento era affidata a Giuseppe De Carli con la presenza nella postazione all'aperto di Paola Bignardi, presidente dell'Azione Cattolica.

I nuovi santi

Quella di oggi sarà una domenica da ricordare. L’Italia avrà quattro nuovi santi a cui rivolgersi: i due sacerdoti impegnati in straordinarie opere di carità don Luigi Orione e Annibale Maria di Francia, la pediatra milanese Gianna Beretta Molla che preferì morire per un tumore pur di non abortire e la fondatrice degli Istituti della Sacra Famiglia, Paola Elisabetta Cerioli. Insieme a loro salgono agli onori degli altari anche il sacerdote catalano Josep Manyanet y Vives che ispirò tra l'altro ad Antonio Gaudì la chiesa incompiuta della Sagrada Famiglia e il monaco libanese maronita Nimattullah Kassab Al-Hardini.

La copertina dello speciale di 24 pagine supplemento a 

L’Osservatore Romana del 16 maggio 2004.

 

 

Luigi Orione (1872-1940), sacerdote fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza e della Congregazione delle Piccole Suore Missionarie della Carità, nacque a Pontecurone, in diocesi di Tortona, il 23 giugno 1872. Dall'ottobre 1886 all'agosto 1889 fu allievo dell'Oratorio di Valdocco in Torino. Il 16 ottobre 1889 iniziò il corso di filosofia nel seminario di Tortona. Ancora giovane chierico fu sensibile ai problemi sociali ed ecclesiali che agitavano quell'epoca travagliata. Si dedicò alla solidarietà verso il prossimo con la Società di Mutuo Soccorso San Marziano e la Conferenza di San Vincenzo. Il 13 aprile 1895, Luigi Orione fu ordinato sacerdote e nella medesima celebrazione il Vescovo impose l'abito clericale a sei allievi del suo collegio. Sviluppò sempre più l'apostolato fra i giovani con l'apertura di nuove case a Mornico Losana (Pavia), a Noto in Sicilia, a San Remo, a Roma. Attorno al giovane Fondatore crebbero chierici e sacerdoti che formarono il primo nucleo della Piccola Opera della Divina Provvidenza. Animato da un grande amore alla Chiesa, si interessò attivamente dei problemi emergenti del tempo, quali la libertà e l'unità della Chiesa, la questione romana, il modernismo, il socialismo, la scristianizzazione delle masse operaie. Dopo il terremoto del dicembre 1908, che lasciò tra le rovine 90.000 morti, Don Orione accorse a Reggio Calabria e Messina per prestare soccorso specialmente agli orfani e divenne promotore delle opere di ricostruzione civile e religiosa. Per diretta volontà di Pio X fu nominato Vicario Generale della diocesi di Messina. Nell'inverno del 1940, già sofferente di angina pectoris e dopo due attacchi di cuore aggravati da crisi respiratorie, Don Orione si lasciò convincere dai confratelli e dai medici a cercare sollievo in una casa della Piccola Opera a Sanremo, anche se, come diceva, «non è tra le palme che voglio vivere e morire, ma tra i poveri che sono Gesù Cristo». Dopo soli tre giorni, circondato dall'affetto e dalle premure dei confratelli, Don Orione morì il 12 marzo 1940, sospirando: «Gesù! Gesù! Vado».

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