MAURIZIO EUFEMI

eletto al Senato della Repubblica - per la Provincia di Torino - Collegio n. 7

Vice Presidente Vicario Gruppo UDC (CCD-CDU-DE)

intervento del Sen.Maurizio Eufemi Vice presidente vicario Gruppo U.D.C. al

II^ congresso nazionale del partito

Care Amiche e Amici del Congresso,

Siamo chiamati ad una tappa decisiva del nostro progetto politico.

Oggi celebriamo un congresso unitario operando quella indispensabile chiarezza, dando più forza al Segretario Marco Folllini che ha portato ad una crescita di consensi per affrontare la difficile e delicata fase politica che interessa non solo il nostro partito, ma l'intero quadro politico.

La ricerca di una auspicata unità non può e non deve impedire di tenere un confronto deciso, anche aspro sulle linee programmatiche, sulla indicazione delle priorità istituzionali, economiche e sociali così come è emerso nella relazione del Segretario, ricca di spunti e riflessioni che condivido.

Nonostante gli attacchi interni e esterni, mossi per minare la nostra stessa esistenza, abbiamo superato prove elettorali difficili.

Questo Congresso non è un fatto mediatico!

Nonostante l'ultimo, estremo, velleitario tentativo di fa rinascere la DC - una storia irripetibile -, perché quello che vediamo è purtroppo la illusione di far leva su un sentimento, su ricordi, appropriandosi di una storia che non è limitata agli ultimi venti anni, ma che parte da prima della della seconda Guerra, dal Codice di Camaldoli e di Malines. Ritengo una appropriazione indebita quella di pensa di resuscitare la DC partendo ... Rotondi, Cutrufo, Cirino Pomicino e ... Funari. La storia è un pochino più complessa e più lunga.

Pensare di rimettere in gioco la storia della DC tentando l'azzardo di esaltare indiscussi meriti storici, politici e parlamentari, ma dimenticando non le colpe, ma certamente gli errori di percorso sembra avventato soprattutto da chi guarda alla utilità marginale che sembra la riproposizione della nuova "corrente del golfo" piuttosto che le idee ricostruttive degasperiane. Altro che Democrazia Cristiana! Gli scenari del XXI secolo dopo la liberalizzazione delle opzioni sono cambiati. Riproporre un solo modello, è fuori tempo perché i pericoli non derivano più dai blocchi. Il pericolo è sui valori. Non vengono dai nuovi totalitarismi, ma dai fondamentalismi, dai materialismi, dagli edonismi e dai consumismi.

Mi pare un poco disinvolto tentare di affermare una cultura del proporzionale applicato a se stessi più che un valore complessivo accostato al pluralismo e alla diversità della società italiana, come questione centrale. Quello che viene proposto è uno schema vecchio! C'è bisogno di spirito nuovo.

Certo il manifesto dei principi e poi le linee programmatiche che ci siamo dati hanno ispirato la nostra azione quotidiana, senza mai rinunciare né alle nostre idee né al nostro orgoglio.

Abbiamo sentito tante critiche su ciò che non è stato fatto, su ciò che si sarebbe dovuto fare.

Non siamo sorpresi di talune prese di posizioni di tanti amici; anche se le loro critiche appaiono ingenerose soprattutto da parte chi è stato nei vertici del partito e ne ha condiviso responsabilità.

Dopo un così grave gesto di rottura sia nella forma che nella sostanza, non mi risultano ancora presi provvedimenti conseguenti. Mi domando quanto dobbiamo ancora attendere.

Il Segretario ha ricordato alcune battaglie parlamentari. A me preme sottolineare le correzioni sulla riforma costituzionale, di recente sul trattato costituzionale europeo, per affermare -così come noi abbiamo fatto con forza- le radici cristiane dell'Europa, sul diritto alla vita, sull'integrità della persona, sulla difesa della famiglia, sulla riforma del sistema radiotelevisivo, su una cura dei conti pubblici che guarda più ai vincoli europei come cultura di ordine finanziario che non agli "sportelli" di infausta memoria. In tutti quei momenti in cui come UDC abbiamo marcato una posizione per segnare costruttivamente la nostra ispirazione ideale.

Presentiamo certo un bilancio lusinghiero sul terreno complessivo delle riforme, ma si sa le riforme non vengono apprezzate dagli elettori che guardano piuttosto allo stato dell'economia e ai bilanci familiari e a quanto rimane nelle loro tasche.

Scontiamo una crisi economica che coinvolge l'intera Europa perché senza unità politica e con l'esaurirsi del carburante della crescita diviene difficile affrontare la sfida della globalizzazione in termini nuovi se vogliamo difendere il generoso modello sociale europeo, che va trasformato perché la sua forza è che si fa carico dei bisogni dei cittadini, e la sua debolezza e che i tassi di crescita dell'Europa non permettono di sostenere quei livelli di costi. Di qui la esplosione delle contraddizioni. Di qui la crisi del funzionamento delle istituzioni europee con pericolosi rigurgiti di nazionalismo. Viviamo una fase di riposizionamento e di riadattamento delle strutture produttive non senza riflessi sulle strutture produttive e sulle famiglie che si trasformano in disagi sociali. L'Europa può svolgere un grande ruolo nella sfida della globalizzazione se afferma i valori del suo patrimonio storico-culturale. Di quel patrimonio prezioso che è l'umanesimo europeo e che dobbiamo salvaguardare.

L'Europa potrà diventare più forte se sarà unita perché disuniti non si conta. Dobbiamo riaffermare un europeismo coerente non nazionalismo europeisti, che non possono essere quelli di Tony Blair. E' troppo semplice professarsi europeista e stare fuori dell'Euro. E' troppo comodo pensare che la crisi si risolva solo spostando le risorse comunitarie dai sostegni alla agricoltura alla ricerca. La crisi è politica. L'Europa deve ritrovare un più forte sentimento Europeo; deve ritrovare le sue radici a partire da quelle cristiane.

Caro Segretario,

Viene da domandarsi se si sarebbe potuto fare di più se tutti avessero lavorato con la stessa intensità con lo stesso spirito, con la stessa volontà. Sarebbe un errore non avere oggi la capacità di svolgere una riflessione politica forte per guardare dentro ed oltre una situazione politica complessa e difficile.

Dobbiamo guardare in primo luogo dare un senso alla coalizione di governo dare un senso alla nostra identità guardando alla prospettiva della scadenza elettorale politica privilegiando i contenuti programmatici soprattutto per le future scelte in favore della famiglia dando risposte adeguate, - come abbiamo tentato di fare, ma Tremonti ha preferito non esercitare la delega! - come pure aggiungo sul problema dello scandaloso livello di evasione fiscale realizzando quel conflitto di interesse tra fisco e contribuente come segno di moralità, di trasparenza e di leale competizione. L'incontro di Como della fondazione Adenauer è condiviso o una azione di trascinamento e marginalizzazione. Al simbolismo (sede luogo istituzione) che emerge farà seguito la scelta verso l'europeismo di Adenauer l'economia sociale di mercato di Erhard o il tremontismo finanziario unito al dannoso antieuropeismo della Lega? Un ritorno alla lira sarebbe non solo demenziale, ma un costosissimo autogol per le famiglie, per le imprese, per lo Stato. Perderebbero tutti in termini di maggiori oneri finanziari e maggiori tassi di intesse. Oggi è il tempo di lavorare su un documento politico che fissi le linee di movimento del partito per il futuro partendo proprio dalle cose richiamate nella relazione.

Ciò richiederà molta intelligenza politica, duttilità, orgoglio sacrificio di interessi personali.

Si apre una fase che si apre molto delicata. Saremo stretti fra le avances e la prospettiva del Partito Unico - pensiero unico di chi ci stà  o quella dello schema PPE: evitiamo decisioni maturate nella fretta della novità, del marketing elettorale senza regole e senza garanzie dove non si privilegiano i contenuti programmatici, ma si affermi un metodo di azione essenziale per il coordinamento dell'alleanza. Le vicende di questi giorni segnano più una confusione che non coerenti e razionali scelte programmatiche. Il CN è stato chiaro rispetto alla scelta di guardare al PPE come partito aggregante in chiave europea nel solco della tradizione degasperiana. Dove non prevalga il pensiero unico, ma un fermento culturale e politico capace di dare risposte ai bisogni vecchi e nuovi della società italiana. È lì che dobbiamo misurarci, è lì la nostra sfida culturale e programmatica, adeguando e modernizzando le istituzioni nazionali, recuperando le intuizioni sturziane, le sue visioni federaliste in un mondo globalizzato, farlo entrare a pieno titolo nel contesto internazionale.

Dobbiamo difendere la nostra articolata diversità e ridare vitalità alle istituzioni intermedie.

Auspico che questo Congresso Nazionale sappia prendere decisioni giuste valorizzando tutte le energie come è giusto in un partito aperto, moderno capace di interpretare le attese dell'elettorato democratico cristiano della nostra gente ma anche quelle di una opinione pubblica delusa, da un accentramento di poteri, da uno svuotamento della politica dalla rinuncia a svolgere qualsiasi ruolo con tutti i rischi conseguenti.

Purtroppo non si è materializzato quell'auspicato passaggio dal governo del Presidente al governo di coalizione. Vi è stato l'effetto opposto con un rigurgito di tremontismo, un Ministro dell'economia soffocato e sotto tutela, dunque il dominio degli apparati e delle élites burocratiche.

Sarebbe un grave errore se questo Congresso Nazionale diventasse solo il momento di una contrapposizione tra sostenitori o meno del partito unico come lo era stato il CN tra sostenitori o meno del congresso Nazionale, come lo era stato quello del 2004 tra sostenitori o meno dell'entrata al governo di Follini. Si tratterebbe di un inutile referendum. Sarebbe un errore devastante. E' necessario avere la flessibilità indispensabile ad evitare di diventare prigionieri delle formule. In questa fase è indispensabile salvaguardare e privilegiare la unità del partito.

Il nuovo equilibrio che si è determinato nella coalizione impone una ulteriore riflessione sul Partito.

Così come si è passati alla fase due della coalizione identico percorso è richiesto per il partito Oggi dobbiamo esprimere unità e fermezza dell'UDC. Serve a dare la dimostrazione che il partito è nato è vivo è disposto a competere non vuole abdicare alla propria funzione di difesa di interessi nazionali, di interessi per i più deboli, di difesa delle aree deboli del paese, di difesa del settore manifatturiero, dei distretti industriali, della rete delle piccole imprese che sono la nostra forza industriale.

Occorre riflettere sulla nostra presenza, sulla nostra azione politica sulle linee di sviluppo della economia e della società.

Altro che fallimento del progetto politico dell'UDC; il modello da proporre è il nostro! Il progetto politico dell'UDC è pienamente valido se è capace di mobilitare tutte le energie, nessuna esclusa, per prove che si presenteranno difficili. E' valido se saprà farsi interprete dei movimenti della società italiana capace dunque di suscitare interesse e adeguata rappresentanza.

C'è bisogno di definire un nuovo ed adeguato assetto organizzativo.

Il congresso è il momento più alto di democrazia. Diventi l'occasione per definire la struttura del partito, rafforzarlo, adeguarlo al suo peso, superando la fase emergenziale, muovendo dal provvisorio per arrivare al definitivo. Questo è il momento più delicato perché è il tempo di individuare una classe dirigente capace di interpretare la linea indicata dal Segretario con coerenza e responsabilità. E' questa la sfida!

C'è necessità di una più forte articolazione interna per una più puntuale funzionalità, un più adeguato rapporto con le realtà locali, con i mondi vitali, con le categorie sociali, con i microcosmi elettorali, con le microarticolazioni del sistema, capaci di rappresentare le istanze della società civile e conseguentemente valorizzarle. C'è bisogno di scelte chiare.

Caro Segretario, se guardo indietro alle vicende di questi tempi non ho visto molti amici disposti allo scompiglio, a tattiche spericolate ardite per affermare quelle cose che hai detto con grande chiarezza e di fronte a tanti repentini mutamenti ho l'impressione che in molti prevalga il tatticismo sulle convinzioni.

Abbiamo compiuto un notevole tragitto dalla fase costituente. E' opportuno salvaguardare le diversità, le anime del progetto, tenerle vive e non mortificarle per non smarrire lungo il percorso quei consensi così faticosamente raccolti.

Esprimo pieno consenso sulla relazione del Segretario Politico incoraggiandolo ad andare avanti sulle linee tracciate, dandogli la forza di affrontare una stagione politica che rispetto ad edulcorate rappresentazioni si presenta incerta e difficile.

Il CN di Giugno è stato chiaro rispetto alla scelta di guardare al PPE come partito aggregante in chiave europea nel solco della tradizione degasperiana.

Dove non prevalga il pensiero unico, dove non prevalga come stato efficacemente sottolineato il modello IKEA dell'usa e getta e del basso costo, ma un fermento culturale e politico capace di dare risposte ai bisogni vecchi e nuovi della società italiana con la consapevolezza di porre al centro delle nostre scelte la persona e i suoi valori.

Roma 1° luglio 2005

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